Traffico di armi: le ombre su Annamaria Fontana, la Dama in nero
- Dettagli
- Categoria: Italia
Vent'anni di visite in Iran. Presunti legami con i pasdaran. Conti a Teheran, Beirut, Tunisi e migliaia di euro elusi al Fisco. Chi è l'ex assessora del Pci, fermata per gli affari sospetti nella Repubblica islamica.
La foto con Ahmadinejad.
BARBARA CIOLLI, Lettera43 3.2.2017
Il caso della coppia di San Giorgio a Cremano, nel Napoletano, fermata per traffico di armi verso l'Iran e la Libia, insieme all'amministratore delegato della Società italiana elicotteri Andrea Pardi e a un loro intermediario libico, ha poco, se non nulla, a che fare con le radicalizzazioni islamiche che allarmano l'antiterrorismo in Europa e molto con gli interessi economici delle illecite vendite di elicotteri, fucili d'assalto e missili terra aria a (secondo l'accusa tra il 2011 e il 215) a Paesi sotto embargo.
LE RELAZIONI CON TEHERAN. Il convertito della famiglia, musulmano del ramo sciita persiano ribattezzato Jaafar, è il 68enne Mario Di Leva, attivo soprattutto nelle transazioni di armi in Libia verso gruppi di miliziani riconducibili al composito blocco degli islamisti di Misurata, al momento parte del governo di unità nazionale di Tripoli. La moglie 62enne Annamaria Fontana è invece un personaggio noto da diverso tempo per le sue relazioni con l'Iran e i lunghi periodi trascorsi a Teheran. Per i veri o millantati contatti con i Guardiani della rivoluzione, i pasdaran persiani, nel 2006 finì anche al centro di una spy story internazionale.
I media nazionali la chiamarono la "Dama in nero" quando, nel 2009, scavando sulla reale natura della Fondazione italiani nel mondo (oggetto di inchieste per la sua sospetta copertura di attività dei servizi segreti), vennero fuori i viaggi a Teheran, di tre anni prima, dell'ex senatore dell'Italia dei Valori e leader della fondazione Sergio De Gregorio, nonché del capo del Sismi, l'intelligence esterna, che di lì a poco sarebbe stato sostituito, Niccolò Pollari e del suo agente Giuseppe Ioppolo, che di De Gregorio era anche portaborse e factotum.
MEDIATRICE PER IL SISMI? In ballo, scrisse il Corriere della Sera, c'era una tentata mediazione dell'Italia con l'Iran per contribuire alla (poi fallita) liberazione di due soldati israeliani da parte delle milizie sciite di Hezbollah, il braccio paramilitare dell'Iran in Libano. E di mezzo come trait d'union ci sarebbe stata nientemeno che Fontana, «per 17 anni a Teheran», ricevuta con Pollari e i suoi agenti, nel luglio 2006, «dal Comitato di sicurezza iraniano», «presente il generale Mohammad Ali Jafari». Non convertita, lei, ma sempre elegantemente velata di nero, agli incontri con le personalità persiane.
Proprio così una foto, che a Lettera43.it risulta del giugno 2008, scattata in occasione di una festa del corpo diplomatico a Roma, la ritrae sorridente accanto all'allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in visita in Italia. Uno dei soggetti immortalati tra la donna e Ahmadinejad risulta, alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) che indaga sulle transazioni della Società italiana elicotteri, il 57enne iraniano Mohsen Rezaian, residente a Napoli, interprete che, per gli inquirenti, «è stato un esponente attivo di Hezbollah».
DE GREGORIO DIXIT. Una serie di loro fotografie sulla Libia, sequestrate dalla Dda, ritraggono invece Fontana con uno dei tre figli Luca Di Leva, indagato, vicino a «materiali bellici quali carri armati e artiglieria pesante». Scatti «impossibili da eseguire senza autorizzazioni da parte di autorità politiche e/o militari» locali. Nel suo libro Operazione libertà, con un capitolo sulla sua visita a Teheran, De Gregorio definisce la “Dama in nero” Fontana un «emissario che naviga tra ayatollah e Guardiani della rivoluzione come un maschio barbuto».
«Amica dei leader delle fazioni più integraliste del Paese islamico», scrive il politico napoletano, «è considerata dalla Cia un infiltrato del Mois, il servizio segreto iraniano che conterebbe, secondo stime degli Usa, su almeno 30 mila agenti sparsi nel mondo». Sulla missione di Pollari, Fontana si è dipinse ai media come colei capace di aprire un «contatto ad alto livello» con i pasdaran, che «il Sismi evidentemente non aveva». La stessa raccontò anche di avere «informato personalmente il Mossad israeliano sugli ostaggi».
LA LETTERA A KHAMENEI. Da fonti di Lettera43.it ben inserite negli ambienti di Teheran anche di sicurezza, sin dalle Presidenze precedenti a quella di Ahmadinejad, la coppia Di Leva-Fontana risulta «effettivamente nota nella capitale iraniana, ma come faccendieri di piccolo cabotaggio in continua ricerca di accreditamento presso ambienti istituzionali»: macchiette percepite al momento più «come una fonte di problemi che come amici dei servizi segreti». Tra i documenti rinvenuti nelle perquisizioni, in una missiva Di Leva scrive a un certo Alì, chiedendogli di far arrivare un suo messaggio di «diretta responsabilità di collaborazione» alla Guida suprema iraniana Ali Khamenei.
Negli ultimi 15 anni Di Leva e Fontana hanno dichiarato al Fisco poche migliaia di euro
Difficilmente l'erede di Khomeini avrà ricevuto la lettera di piena messa a disposizione dei coniugi, ma una foto trovata nella casa dei Di Leva lo ritrae con l'ayatollah Khazali, religioso e politico della linea dura vicino ad Ahmadinejad deceduto nel 2015. Per andare e venire così frequentemente dalla Repubblica islamica, anche negli anni di maggior isolamento, la coppia ha ottenuto con facilità i visti. A Teheran Fontana e Di Leva volavano spesso anche perché nella capitale iraniana il marito è titolare di un conto corrente (come di altri a Tunisi e in Libano) alla Bank Sepah.
FALSI NULLATENENTI. Negli ultimi 15 anni, al Fisco i coniugi Di Leva hanno solo saltuariamente presentato dichiarazione dei redditi: Fontana quattro volte, Di Leva tre e, secondo gli atti delle indagini, «in tutte le occasioni» per cifre di «poche migliaia di euro» a dispetto della vita agiata da loro condotta. Di Leva e Fontana sono anche intestatari di immobili in Abruzzo e Calabria, oltre che dell'abitazione e di altre proprietà a San Giorgio a Cremano.
Strana coppia, la loro, anche per la comunità della cittadina napoletana. In pochi credevano a un'autentica conversione all'islam, li sapevano spesso all'estero per lavoro e senza problemi economici. Sulla scena pubblica la “Dama in nero” ha un passato di attivista anti-camorra: per le sue denunce negli Anni 80 finirono indagati e in manette diversi collusi anche tra le istituzioni. Poi l'impegno in politica, negli Anni 90, come consigliere e assessore locale: prima nel Pci, poi nel Psdi, infine con Verdi e liste civiche. Un post recente su Facebook del marito confidava nei 5 Stelle di Beppe Grillo.
IN LIBIA DAL 1999. Fuoriuscita dai partiti, Fontana aveva intensificato i viaggi fuori dall'Italia. A San Giorno a Cremano la ricordano anche solita girare con un registratore sempre acceso e in pochi si esponevano con lei e il marito. Si indaga anche su un possibile ruolo di Fontana e Di Leva, in seguito ad alcune loro frasi intercettate, nella mediazione per la liberazione dei quattro ostaggi in Libia (Filippo Calcagno, Salvatore Failla, Fausto Piano e Gino Pollicardo), due dei quali uccisi in un conflitto a fuoco mai chiarito. Le relazioni e attività di Fontana e Di Leva nella terra di Gheddafi sono comunque emerse, dal materiale sequestrato, in atto dal 1999: ben precedenti alla guerra civile e ai governi locali islamisti che chiedono armi per combattere.
Categoria Italia