L'Italia e l'Europa sono senza bussola e dentro uno tsunami
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È difficile interpretare le convulsioni delle forze politiche italiane, testimoniate se non altro dal cambio di casacca di centinaia di parlamentari durante le ultime legislature
di Sergio Soave ItaliaOggi 28.12.2016
È difficile interpretare le convulsioni delle forze politiche italiane, testimoniate se non altro dal cambio di casacca di centinaia di parlamentari durante le ultime legislature, se non si parte dagli schieramenti internazionali, che da sempre sono risultati decisivi nella vicenda nazionale. Con la caduta del muro di Berlino sembrava chiusa la guerra fredda interna, ma poi si è replicata per un ventennio la contrapposizione tra un presunto «comunismo» delle sinistre e l'altrettanto presunto «americanismo» dei berlusconiani. Alla fine, però, le parti si sono curiosamente invertite, con la sinistra che puntava sulla sconclusionata leadership di Barak Obama e il centrodestra che si sbracciava a favore di Vladimir Putin. Il fatto è che erano cambiati gli indirizzi delle grandi potenze e questo ha provocato confusione nei partiti italiani.
L'anno in corso ha nuovamente cambiato i paradigmi fondamentali di riferimento: le potenze anglosassoni, che per secoli avevano espresso l'opzione liberoscambista classica di chi dispone di una superiorità marittima, hanno scelto, con la brexit e con l'elezione di Donald Trump, una linea isolazionista e protezionista.
Di fronte a queste novità, per una volta davvero epocali, la politica italiana (ed europea) non sembra in grado di fornire risposte all'altezza della sfida, il che dà spazio anche spropositato alle pulsioni propagandistiche che proprio al protezionismo e all'isolazionismo fanno riferimento, dai grillini alla lega in versione salviniana. L'anno prossimo si vedrà, con le elezioni francesi e tedesche, se questa ondata diventerà uno tsunami, oppure se sarà arginata da una destra moderata, quella di Angela Merkel e dei postgaullisti, capace di difendere la libertà di mercato coniugandola con una protezione efficace dei ceti che subiscono i danni della globalizzazione. Il ruolo della sinistra classica, in questa fase, sembra marginale, e qui c'è l'eccezione italiana, quella di una leadership della sinistra che ha tentato di conquistare un peso rilevante nel centro sociale e politico della realtà nazionale (ma che ha subito un colpo molto vigoroso dalla vittoria del no sostenuto dai protezionisti nel referendum costituzionale). D'altra parte una cultura liberista in Italia ha sempre dovuto fronteggiare forti resistenze protezionistiche, a causa anche della strana situazione di un capitalismo straccione con poco capitale e di un socialismo elitario con pochi agganci nella società reale. Così si è preferito presentare il liberismo come una condizione posta dall'esterno, cioè dall'Unione europea, che proprio per questo e per la sua gestione burocratica, è diventata il nemico principale dei populisti, cioè dei protezionisti.
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