Chi fermerà i babbei a 5 Stelle? Se non Renzi speriamo qualcuno a Parigi

Promosso Santoro e Panebianco che hanno ben descritto i grillini; promosso Parisi abbandonato e dimenticato immeritatamente dal centrodestra; bocciato Bersani e la sinistra soffocante e bacchettona. Il Pagellone alla settimana politica di Lanfranco Pace

di Lanfranco Pace 11 Dicembre 2016 alle 06:00

CHI FERMA I BABBEI? SE NON RENZI SPERIAMO SIA QUALCUNO A PARIGI

Sono assolutamente, totalmente d’accordo con Michele Santoro (voto 10 e lode): i 5 Stelle sono di destra, destra pura, per volgarità di linguaggio, volontà di sopraffazione, di egemonia, di cancellazione di tutto ciò che non rientra nel loro paradigma. Malgrado ciò tanti saltano sul loro carro, il bandwagonning di cui ha brillantemente scritto Angelo Panebianco (voto 10) e il giornalista collettivo vilmente si genuflette, vuole che si riconosca loro addirittura il merito di avere canalizzato la protesta, la rabbia di milioni di persone dentro argini di legalità democratica. Non è così, sono fascisti senza nemmeno la tragica passata grandezza, con l’aggravante dell’insulsaggine. E questo li rende ancora più pericolosi, vedi la Raggi a Roma. Nella classifica calabrese della ciutia, intesa come assenza, vuotaggine, mancanza, rappresentano la sintesi mirabile delle tre forme, quella liquida in cui molto prima di Baumann la saggezza popolare indicava la totale inaffidabilità, quella maligna, impastata di rancore e cattiveria, vedi il vecchio che la sera del 4 dicembre appoggiato a una transenna pende dalle labbra del cretino di turno e grida “Giorgio Napolitano vattene in miniera, a morte”. All’evidenza siamo ben oltre il terzo livello, il cioto fricato, il cretino fottuto da cui non c’è più nulla di buono da aspettarsi.

Che li votino in dieci milioni è irrilevante: conferma solo che dieci milioni di italiani sono inquietanti cazzoni che hanno perso il lume della ragione e vanno rieducati.

La domanda che conta dunque è: chi come e quando riuscirà a rinchiuderli in una riserva, prima che la parte non obnubilata del popolo perda la pazienza e si veda costretto a scendere in strada con i manici di Stalin per difendere il modo di lavorare e consumare e vivere dalle ubbie del demente in capo che con il culo al caldo vuole educarci all’uso delle energie rinnovabili di nuova generazione e del babbeo in seconda che pensa una volta al governo di ridurre le tasse e aumentare la spesa pubblica.

Lo si ammetta o no, l’importanza di Renzi era che sembrava l’unico in grado di arginarli e sbaragliarli, cosa che non poteva riuscire al lento Letta, all’accodato Bersani e che non vuole fare Berlusconi, ragazzo cinico che continua a giocare con il fuoco.

Solo per questo conta il destino personale dell’ex premier, sapere se potrà avere ancora un futuro o la botta incassata è definitiva. E se dobbiamo prepararci al peggio.

INTANTO...

Stanno nascosti sotto il cappotto di Mattarella e ne cantano le lodi, ma quanto è saggio, equilibrato, quanto scrupolo mostra nel rispetto delle regole, paradossale visto che proprio il tentativo di cambiare le regole ha scatenato lo tsunami. E’ un gran casino, ancora la nebbia non si dirada. Si voterà sotto la neve? Quando la prima neve si scioglierà? In autunno? Alla scadenza naturale della legislatura? C’è nell’aria profumo di vecchia democrazia cristiana, sul Corriere analisti di prestigio, da De Bortoli a Mieli da Della Loggia a Massimo Franco, tifano per un cauto ritorno alla prima Repubblica, al comfort del proporzionale con i cavallini di razza che prendono il timone del traghetto. Nulla di indegno per carità ma non sarà certo un Franceschini o un Gentiloni (voto 8) a fermare l’orda.

A occhio prima che in Italia si voterà in Francia: tra fine aprile e i primi di maggio si terranno i due turni delle presidenziali, elezioni chiave di un sistema ben collaudato da cui il 7 maggio, la sera del ballottaggio, alle 20 e 01, uscirà il nome del vincitore. Un uomo solo al comando per cinque anni, è comunque una meraviglia. O no?

L’APPUNTAMENTO E’ IMPORTANTE ANCHE PER NOI

Più delle elezioni tedesche, più dell’arrivo di Trump e forse anche della Brexit: la Francia è il paese più simile all’Italia, anche lì la sinistra è divisa fra molte anime che si detestano cordialmente, la destra sta giocando una carta non facile di rinnovamento, anche lì lo schema è tripartito, le due forze tradizionali, la destra e la sinistra, e una forza politica più giovane, non logorata dall’esercizio del potere, che si vuole  diversa dalle altre e portatrice esclusiva di cambiamento: il Front national è contro l’Ue e Bruxelles, contro l’immigrazione, crede nell’Europa delle patrie, vuole recuperare sovranità nazionale monetaria, cancellare Schengen, chiudere le frontiere. Padre spirituale della Lega di Salvini ha un peso elettorale comparabile a quello dei 5 Stelle. 

Una situazione triangolare si presentò anche il 21 aprile del 2002: Le Pen, fondatore del Front nonché padre della leader attuale, Marine, arrivò al primo turno davanti ai socialisti di Lionel Jospin, conquistando così il diritto al ballottaggio contro il presidente uscente Jacques Chirac. Al secondo turno la gauche, per arginare “la nuova peste bruna”, votò massicciamente per Chirac che fu rieletto con oltre l’80 per cento dei voti ricavandone la falsa impressione della popolarità. Se Jospin fosse stato caratterialmente meno rigido, meno imbevuto di ideologia, non fosse stato il simbolo di una sinistra soffocante e bacchettona, non fosse stato insomma un Bersani (voto 5) prima del tempo, avrebbe potuto piazzarsi davanti e magari vincere il ballottaggio, tanto grande era in quel momento l’impopolarità di Chirac.

UN ALTRO 21 APRILE?

Se la Le Pen arriva al ballottaggio, come tutti i sondaggi al momento prevedono, bisognerà vedere con chi: se sarà contro Fillon è probabile che gli elettori di sinistra ritroveranno l’antico riflesso e preferiranno un cattolico repubblicano seppur venato di thatcherismo a colei che considerano una fascista, lo hanno dimostrato partecipando in massa alle primarie aperte del centro destra e sostenendo Fillon contro l’odiato Sarkozy.

Ma non è detto che il viceversa valga. Non è detto cioè che in caso di ballottaggio tra la Le Pen e il candidato socialista Manuel Valls, gli elettori di centro destra voterebbero per lui malgrado sia popolare e piaccia anche per il suo pugno di ferro contro l’insicurezza: in Italia per dire alle amministrative di Roma e di Torino gli elettori di Forza Italia e della destra hanno preferito i 5 Stelle alla sinistra.

In questo caso dunque non è escluso che Marion Le Pen possa vincere, assestando il colpo di grazia all’Unione europea. Il buon Carlo Freccero è categorico, ne è convinto, Gianfranco Fini altrettanto categoricamente dice che perderà, i due ci hanno  scommesso una cena (voto 9): quello che è certo è che se la Le Pen perde, il principale match-point del populismo europeo verrebbe annullato dalle forze di sistema.

E la Francia ci direbbe che nello schema di gioco tripartito con tre blocchi pressoché uguali un solo turno elettorale è il rischio peggiore: se la forza anti-sistema arriva prima obbliga gli altri a coalizzarsi in parlamento ma non c’è certezza che le larghe intese si rivelino efficaci. Il peso politico ed elettorale del Front national è aumentato nel corso degli anni lucrando sul pensiero unico, sulla inesistenza di politiche alternative, lo slogan “bonnet blanc, blanc bonnet”, sinistra e destra che sono zuppa e pan bagnato, accomunate da una gestione consociativa del potere. Alla fine a essere logorati sarebbero proprio i contraenti il patto, il Front o i Cinque stelle raccoglierebbero i frutti alle elezioni successive. In Germania che pure vive da anni sulle larghe intese non è ancora accaduto solo perché l’economia tira, le fratture sociali sono governate e le forze ostili alle élite sono appena sbocciate.

IL LORD E’ SVANITO

Non c’è più traccia di Stefano Parisi: sublimato, transitato direttamente dallo stato solido a quello gassoso. Lo sponsor Berlusconi l’ha mollato alla prima curva, come è nel suo stile. La nomenclatura azzurra che non lo aveva mai digerito, lo ha masticato ed espulso, come è nella sua natura. Parisi (voto 8) è un Lord immerso nella politica più arruffona e volgare d’Europa. Non si scoraggi e vada avanti. Ci sono già ventidue delegazioni sulla passerella al Quirinale: nessuno dunque ponga limiti alla provvidenza.

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