Non si sospende la democrazia
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Renzi vada come un treno alle elezioni o si rifugi a Palo Alto aspettando tempi migliori che non verranno mai
di Giuliano Ferrara 8 Dicembre 2016 Foglio
Quando sento riparlare di regole metto mano alla pistola.
Il referendum ha sancito l’insofferenza della maggioranza degli elettori italiani verso il cambiamento delle regole e la loro semplificazione. Va bene. Il governo Renzi ne è uscito delegittimato in un punto strategico del suo programma. Ma il referendum non dice nulla sull’esercizio della sovranità popolare e i partiti che lo hanno vinto non sono in grado di costituire un governo alternativo a quello che si è dimesso.
Però, ecco, dopo aver bocciato il cambiamento delle regole ora vogliono tornare al vecchissimo gioco delle regole: governicchi, ribaltoni, mezze misure estranee a ogni logica tranne che a quella strettamente legata alla storia della Prima Repubblica, rinvio delle elezioni politiche a data da destinarsi dopo il pronunciamento della Corte costituzionale, magari dopo il G7 e altre bellurie. E’ un coro di establishment, orchestrato dai soliti bonzi della stampa di regime che si appropria indecorosamente, in nome della vecchia Repubblica parlamentare e di un “ordinato percorso verso le elezioni”, del diritto di sospendere l’unica regola che conta: quella dell’autogoverno mediante elezioni politiche. Questo tipo che scrive queste righe si ritroverà di nuovo solo, come nel 2012 quando cadde il governo Berlusconi, a pensare e dire che bisogna votare sotto la neve. Con la differenza che allora l’Italia era devastata da una grave crisi recessiva, e il patto tra Berlusconi e i suoi avversari per varare un governo tecnocratico d’emergenza un qualche senso da stato d’eccezione ce l’aveva, cosa sulla quale riflettemmo con un minimo di serietà (tienimi-da-conto-Monti) essendo stati soli nel chiedere il rispetto della regola aurea dell’autogoverno politico (se non c’è un governo, si vota per farne un altro), mentre adesso la Borsa vola, le banche sono nella solita condizione complicata ma che non sarà curata da nessun rinvio, e l’Italia è in ripresa, altro che macerie. Con la differenza che l’obiettivo delle manovre d’emergenza per evitare il dovuto, le elezioni subito, non è un gigantesco Berlusconi alla fine della sua parabola storica ma lo sradicamento definitivo di un Renzi che, a certe condizioni, può chiedere di riprendere il cammino del processo politico riformista appena avviato con una nuova generazione politica.
Renzi e il Pd possono decidere di dare il via a un nuovo balletto delle regole, sacrificando tre anni di governo riformista che solo un depresso cronico come Bersani può descrivere come un ammasso di macerie, ma il risultato della restaurazione, una piccola, miserabile restaurazione, è già scritto: paese senza leader, partito e quel che resta della famosa sinistra ancora più in pezzi, immobilismo economico e sociale, riabilitazione completa del Cnel e nuova avanzata di Grillo e dei suoi superdementi, per i quali alla fine costringeranno a votare anche un gentiluomo anziano come me. Renzi vada come un treno alle elezioni con la sacrosanta legge elettorale che c’è oppure si rifugi a Cupertino o a Palo Alto, California, aspettando tempi migliori che non verranno mai.
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