Il capolavoro degli anti casta borghesi
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Bersani, il Corriere e il grande paradosso di chi non vuole votare
di Redazione 8 Dicembre 2016 alle 06:00 Foglio
Uno degli aspetti più paradossali delle reazioni seguite all’esito del referendum è la pressione che viene esercitata nei confronti del Partito democratico e del suo segretario perché “per senso di responsabilità” si accolli l’onere della governabilità anche dopo la sconfitta.
In sostanza questo vuol dire portare in Parlamento un esecutivo, sia quello dimissionario sia uno nuovo, che poggia sulla maggioranza precedente, cioè che dipende dal consenso di Angelo Alfano e di Denis Verdini.
A insistere su questo è la corrente che fa capo a Pier Luigi Bersani, che dell’intrusione di Verdini nella maggioranza aveva denunciato tutta la presunta nequizia. Lo stesso atteggiamento caratterizza i paludati editoriali esortativi del Corriere della Sera, lo stesso quotidiano che nelle settimane precedenti aveva addirittura evocato un qualche sentore di massoneria come inconfessabile ragione degli apporti esterni che garantivano la navigazione parlamentare del governo Renzi.
Non si tratta solo di una bizzarria. L’idea dei bersaniani è quella di sempre: logorare definitivamente Renzi, costringendolo a una fase di galleggiamento priva di qualsiasi mordente riformatore in modo da ostacolare la possibilità che la forte minoranza referendaria diventi la base di una battaglia elettorale politica, che sfrutterebbe il carattere eterogeneo dell’accozzaglia del No. L’uso spregiudicato del concetto di responsabilità istituzionale punta a ricondurre Renzi dentro la logica del patteggiamento permanente, annullando il suo carattere “eversivo” consistente nelle pulsioni alla rottamazione. La progressiva disarticolazione di una proposta politica che si è posta nel segno della continuità con la democrazia dell’alternanza di origine berlusconiana è l’obiettivo fisiologico di un ceto politico e di un sistema di opinione che non ha mai accettato il ruolo decisivo della sovranità popolare che del meccanismo dell’alternanza è la base fondamentale. Visto che si cerca di restaurare le logiche della consociazione, che sarebbe l’ovvia e inevitabile conseguenza dell’abbattimento dei princìpi maggioritari, viene utile mettere sotto la luce dei riflettori la piccola consociazione tra Renzi e Verdini, per giustificare quelle ben più corpose alle quali si punta.
La differenza, naturalmente, sta tutta nella dinamica riformatrice che era alla base di quell’intesa (che Verdini aveva stipulato per conto di Forza Italia) e che la giustificava, mentre oggi si chiede di replicarla solo per garantire un galleggiamentoe un rinvio (e fa sorridere che un giornale come il Corriere, da tempo sostenitore della tesi che il governo Renzi sia figlio di un patto tra massonerie, l’odore stantio, si appelli ora proprio, ooops, a quelle presunte massonerie per andare avanti nella legislatura). Insomma Verdini va bene senza riforme, mentre quando faceva da stampella a un progetto riformatore era esecrabile. Appunto perché in realtà era la prospettiva di una riforma che non veniva e non viene accettata, in nome della conservazione o dell’antagonismo importa poco. Alla fine dei conti il paradosso è sotto gli occhi di tutti ed è evidente: una parte del fronte del No ha costruito una feroce campagna denigratoria di delegittimazione del presidente del Consiglio (da ieri ex presidente ufficialmente) facendo leva su un principio così riassumibile: la maggioranza che supporta il governo Renzi rappresenta una casta che va combattuta in tutti i modi, in quanto portatrice di una serie di interessi occulti che hanno trasformato l’esecutivo oggi dimissionario in un esecutivo campione dell’inciucio.
Oggi viene da sorridere pensando a chi, come Bersani e il Corriere, si ritrova a dire che questa maggioranza deve andare avanti e che le elezioni sono uno strumento da evitare a tutti i costi. Anche a costo di favorire, come scriverebbe qualcuno, la permanenza di un presunto odore stantio di massoneria. Molte risate.
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