Se vince il No trionfa Grillo, non certo D'Alema
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Il M5s alza il tono dello scontro per mettere il cappello sull'esito del referendum. Ed è assurdo che nessuno di sinistra gli dica che non si può insultare così il segretario del Pd.
PEPPINO CALDAROLA lettera43
Nel fronte del ''No'' siamo al todos caballeros. Nel senso che i sostenitiori del rifiuto della riforma, incautamente definiti da Renzi una «accozzaglia», si stanno impegnando per mettere la propria bandierina sul risultato visto soprattutto che i sondaggi danno in vantaggio il ''No''. Abbiamo Matteo Salvini che urla la sua nelle piazze e soprattutto in tivù. Giorgia Meloni che crede di guidare un partito di rango nazionale. Silvio Berlusconi che si affligge perché “Fidel” Confalonieri gli disobbedisce e vota ''Sì'' descrivendolo come intimorito da Renzi (Confalonieri?). Abbiamo la galassia di sinistra, la cui guida è saldamente nelle mani di Massimo D’Alema, sceso in campo per la battaglia della vita (non è una mia ironia, è lui che ha detto che dopo il 4 dicembre torna al suo vecchio lavoro). Infine c’è Beppe Grillo, che tutti fingono sia un ospite inatteso, che in queste ore sta scavalcando tutte le soglie della decenza nell’insulto a Matteo Renzi.
TUTTI DIRANNO DI AVER CONTRIBUITO. Chi rappresenta il ''No''? Chi cioè può dire, o potrà dire, a risultato acquisito: questo voto è prevalentemente mio? Tutti diranno di aver contribuito. Giustamente. Ma in tre sosterranno di aver vinto. Lo sosterrà D’Alema, lo sosterrà l’ineffabile coppia Berlusconi-Salvini, lo sosterrà Grillo. Vediamo meglio la questione con un piccolo accenno di storia e, se permettete, di teoria politica. Per definire l’appartenenza del risultato di elezioni come queste, bisogna far ricorso ad alcuni criteri.
Il risultato referendario apparterrà a coloro che otterranno la sconfitta di Renzi e le sue dimissioni da premier
Il voto referendario è per sua natura trasversale, è questa la ragione per cui non si può parlare di «accozzaglia». Tuttavia il segno del voto referendario è dato dal significato politico e non c’è dubbio che sia dato dall’obiettivo di mandare a casa Renzi. Tutta la propaganda di Salvini, Meloni, Berlusconi e Grillo ha questo al centro della proposta agli elettori. Mandare a casa Renzi è anche l’obiettivo, basta guardare Facebook, di tanti sostenitori del ''No'' che stanno fra il Partito democratico e il mondo disperso dei vendoliani. Sono portato a pensare che sia questo anche l’obiettivo di D’Alema, ma non voglio insistere. Da queste considerazioni, raccolte non nei boatos di Montecitorio ma sulle “fonti aperte” di giornali e televisione, si può ricavare che il risultato referendario apparterrà a coloro che otterranno la sconfitta di Renzi e le sue dimissioni da premier.
LA DIASPORA DALEMIANA? ESIGUA. L’altro criterio è il contributo elettorale al risultato del ''No''. Nessuno dei miei amici di sinistra del ''No'' ha mai voluto discutere questa banale considerazione. Se stiamo al voto politico del 2013, Grillo ebbe quasi nove milioni di voti e poco più del 25% elettorale. Oggi è stimato intorno al 30%, quindi quei nove milioni sono ancora cresciuti. Berlusconi e Salvini vengono stimati attorno a un 10-12% ciascuno, forse più e forse più l’uno dell’altro, poi bisogna aggiungere le altre listarelle di destra, Meloni compresa. Per carità di patria non calcolo Forza nuova. Il Pd ebbe 10 milioni di voti alle Politiche. I sondaggi dicono che l’80% del voto piddino va con Renzi. Fate voi il calcolo di quanti voti porti al ''No'' la diaspora dalemiana. Peserà sul tavolo dei vincitori per quella cifra. Tipo il Pdup o il Psiup, e cioè il Partito di unità proletaria e il Partito socialista italiano di unità proletaria.
Qualche riferimento storico aiuta a capire quel che voglio dire. La famosa “legge truffa” non passò e spinse Alcide De Gasperi fuori dalla politica perché le sinistre impedirono al grande premier della ricostruzione di raggiungere quel 50% e poco più che gli avrebbe consentito di avere il premio di maggioranza. Il Pci e il Psi si mobilitarono alla grande, fu una campagna durissima, in cui comparvero altre liste non di sinistra. Una in particolare guidata da un vecchio liberale, già ministro, Epicarmo Corbino, che si schierò contro De Gasperi. Quei suoi circa 600 mila voti furono determinanti, ma nessuno si sognò di dire che la vittoria portava il segno del Corbino. La vittoria appartenne a chi aveva dato il segno della campagna elettorale e aveva portato più voti. Potrei fare altri esempi referendari.
SINISTRA AVVILENTE E MISEREVOLE. Grillo in queste ore alza il tono dello scontro politico con un linguaggio terribile che nessuno contrasta. Sono avvilito per il fatto che fino alle 8 del 23 novembre nessun leader di sinistra del ''No'' gli abbia detto che non si può parlare del segretario eletto del Pd come di una «scrofa ferita». Avvilente e miserevole. Bisogna solo sapere che Grillo alza il tono per dire ai suoi: se si vince, ho vinto io. Tanto per chiarezza.
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