Forza Italia, Carfagna prova a prendersi il partito
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Crescono le tensioni dentro gli azzurri. All'orizzonte si profila una 'cordata' con Carfagna capofila per scalzare Silvio dopo il referendum. Ma la strada è in salita.
di Carlo Cattaneo | 11 Novembre 2016 Lettera43
Non si odono ancora gli squilli di tromba che annunciano l’attacco, né il polverone sollevato dagli zoccoli dei cavalli al galoppo. Tuttavia l’assalto al fortino di Arcore sembra cominciato.
Mentre Silvio Berlusconi è impegnato a elaborare la strategia post referendaria, una parte di Forza Italia si sta prodigando per sovvertire l’esito, sempre meno scontato per Matteo Renzi, del voto dicembrino. Ma il teatrino della politica sta per mandare in scena, da parte di alcuni, il periodico tentativo di scalzare la leadership del “capo storico” e, al contempo, prendere in mano le redini del movimento azzurro o di quel che ne resta.
MARA IN RAMPA DI LANCIO. Se da un lato l’accerchiamento del segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, con un’apertura di credito verso i forzisti “malpancisti” e scontenti, può essere inquadrata in una logica competitiva all’interno di una coalizione, meno compresibile appare agli occhi del fondatore di Forza Italia il tentativo di qualche sua creatura di procedere all’offensiva contro la casa madre.
All’orizzonte si profilano inaspettati movimenti volti ad assegnare il ruolo di primo piano a Mara Carfagna, che così coronerebbe il suo sogno di rivincita istituzionale rispetto alla partenza professionale fatta di calendari e trasmissioni televisive. Opportunità che, certamente, le hanno fornito popolarità, suscitando addirittura l’interesse dell’uomo Berlusconi passato alla storia per il celebre complimento affibbiatole nel 2007, quando già era parlamentare: «Se non fossi già sposato la sposerei subito…».
LA CAMPAGNA È GIÀ PIANIFICATA. Rumors raccolti nelle stanze romane segnalano proprio l’algida salernitana al centro di un’iniziativa volta a riportarla a un ruolo di prima fila all’interno del partito. Un’idea concepita utilizzando tutte le armi della “seduzione” politica, pianificata da esperti professionisti del settore.
Nonostante il fondatore, agli occhi di molti, possa sembrare un leone indebolito, una consolidata regola, ben presente in alcune personalità del partito azzurro, consiglia prudenza in questo genere d’iniziative. La strada per Arcore è molto lunga e insidiosa. Solo la benevolenza da parte del castellano, o il tradimento di qualche Iago di shakespeariana memoria, potrebbe favorire un avvicinamento alla fortezza.
Tanti in questo periodo sognano l’accogliente maniero. Non da ultimo Stefano Parisi.
Si tratta, in realtà, solo di un gioco di specchi fatto d’ambiguità e ipocrisie, dove ciascuno è solo e opera unicamente per se stesso. Strategia, questa, che contempla l’obiettivo di ricercare anche scomodi compagni di viaggio, se utili a produrre una posizione di privilegio verso la conquista del potere.
Lo spartiacque sarà il referendum del 4 dicembre
Lo strano asse Parisi-Carfagna sarebbe suggestivo, ma la cifra caratteriale dei due porterebbe a una sostanziale e reciproca diffidenza, con risultati disastrosi per entrambi, o almeno per uno dei due. Cosa assai pericolosa in politica e che potrebbe avvantaggiare qualche altra figura.
Sarebbe facile, in questa fase complicata, pensare all’autorevolezza e all’esperienza di un moderato di lungo corso come Antonio Tajani, troppo impegnato, però, sulla scena di Bruxelles nel tentativo di riportare in Italia la presidenza del parlamento europeo, cosa che manca dal 1977 quando, sullo scranno più alto, sedeva il democristiano Emilio Colombo.
INTANTO PARISI NON MOLLA. Parisi, l’uomo del Megawatt, non ha ancora rinunciato a giocare la partita, conscio del fatto che anche un fallimento garantirebbe una minimale sopravvivenza, con uno strapuntino utile a proseguire il percorso politico intrapreso da tempo.
Al momento il progetto di Mister Chili è pieno di ombre come il governo che dovrebbe presentare prossimamente al leader azzurro: la prospettiva è una casa dei moderati priva di solide fondamenta a sostegno.
Forza Italia è a una nuova fase di svolta, dove tutto si muove perché nulla si muova.
Dalla Liguria di Toti e Scajola, alla Sicilia di Miccichè e Prestigiacomo, fino alla Campania di Carfagna-De Girolamo, anche se gli orizzonti politici internazionali cambieranno con la vittoria di Trump, non è detto che gli effetti immediati su un galvanizzato centrodestra possano realmente manifestarsi.
IL CAV PER ORA È ATTENDISTA.A questo punto il 4 dicembre diventa una linea di spartiacque.
Tutti uniti per il 'No' al referendum fino a quella data, poi si capiranno gli scenari sempre che i giochi non siano già finiti.
La fretta è una cattiva consigliera ma rimane un’alleata fedele di Berlusconi, abile tattico, che può aspettare come un drago nel suo castello gli errori altrui.
Un po’ malinconico nel ricordo del divertente “cerchio magico”, sostituito da altre consigliere, ma sempre più incattivito
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