Mani francesi su Unicredit e Generali
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Société Générale è pronta a papparsi la banca milanese. A Trieste l'ad Donnet prepara le nozze con Axa. E su Telecom punta Orange.
di Occhio di lince | 07 Novembre 2016 Lettera 43
Stanotte ho avuto un incubo tremendo.
Anche perché la scena si svolgeva tutta in francese, una lingua che conosco poco.
Ho sognato che Sociétè Générale, il colosso transalpino del credito, si portava via Unicredit, e che il gigante della assicurazioni Axa si pappava le nostre Generali.
Di conseguenza Mediobanca, ormai da anni lontana parente di quella di Cuccia e Maranghi e già umiliata come mai prima nella partita per il controllo di Rcs, finiva per chiudere i battenti per manifesta inutilità.
Infine monsieur Vincent Bolloré, gran capo di Vivendi, cedeva il passo in Telecom a quelli di Orange.
RIVINCITA PER HOLLANDE. Sullo sfondo, giusto per non farci mancare niente, c’era François Hollande che rideva sguaiatamente in faccia a Matteo Renzi urlandogli: «Quando ti ho chiesto di affiancare i soldati italiani ai miei dopo il Bataclan, hai risposto che bisognava replicare ai terroristi sul piano culturale. Bene, adesso se ti vieni a lamentare che il capitalismo transalpino si mangia quel che c’è rimasto del vostro, ti farò una bella lezione su come funziona il potere finanziario nell’economia globalizzata. Così siamo pari».
Il tutto seguito da un sonoro “va te faire foutre”, che pure io ho capito essere l’equivalente del nostro “vaffa”.
Mamma mia. Bagnato di sudore, mi sono svegliato e sono corso al computer per sincerarmi che non fosse successo davvero.
No, non è ancora accaduto, per fortuna. Ma il sollievo è durato poco, perché mi sono reso conto che potrebbe succedere, e che forse quel sogno non era casuale.
Nella fase Rem del sonno devo aver inconsciamente messo insieme pezzi di informazioni che ho accumulato negli ultimi tempi, e come un puzzle ho costruito una sequenza di eventi che - ahinoi - potrebbe diventare vera.
L'ombra di SocGen sul maxi aumento di capitale di Unicredit
Partiamo dalla banca milanese.
Le tesserine del puzzle già in nostro possesso sono diverse: Unicredit stenta; la Banca centrale europea (Bce) preme perché siano sistemati i ratio fuori controllo; gli azionisti (gli arabi e Caltagirone in particolare) sono incavolati neri perché ci stanno perdendo un sacco di quattrini; l’amministratore delegato Jean-Pierre Mustier, guarda caso francese e guarda caso a lungo in Société Générale (da cui è uscito per il caso Kerviel), sta vendendo i gioielli di famiglia (Fineco, Pioneer, Pekao, eccetera), ma stranamente non la chincaglieria (Mediobanca).
Risultato: si sta mettendo in cantiere un aumento di capitale.
Ma non da quattro soldi: niente meno che 10 miliardi.
CHI CI METTE I SOLDI?E chi ce li mette? Nell’attuale azionariato c’è chi i soldi non li ha (le Fondazioni di Torino e Verona), chi deve farsi bene i conti (Caltagirone è ancora liquido, ma a furia di perdere qui come in Generali, rischia un bagno di sangue), chi ha addirittura detto pubblicamente che non capisce perché Unicredit debba essere ricapitalizzata (Leonardo Del Vecchio) e chi di soldi ne ha in abbondanza ma si sente preso per i fondelli (la rabbia emiratina per l’investimento nel 5% di Unicredit, attraverso Aabar, è tale, anche per colpa del deludente Montezemolo cui si erano affidati, che a Dubai sono decisi a porre l’aut aut: o si cambia il vertice, compreso il presidente Giuseppe Vita, o niente mezzo miliardo per seguire pro quota l’aumento di capitale).
Allora? Qui subentra il bello dei sogni, che ti consentono di costruire a ruota libera la storia, aggiungendo in piena libertà i tasselli che mancano.
MUSTIER IL MANOVRATORE.Chissà perché a quel punto ho sognato monsieur Mustier che a Parigi definiva con i suoi ex di SocGen le modalità con cui il grande gruppo bancario transalpino prendeva il controllo di Unicredit.
Perché proprio Société Générale? Forse perché il colosso francese è lo stesso che non più tardi di tre mesi fa ha messo insieme il 5,8% di Generali, poi sceso al 4,2%, diventando il secondo maggiore azionista a Trieste, alle spalle di Mediobanca (13,2%) e davanti a Francesco Gaetano Caltagirone (3,49%) e a Leonardo Del Vecchio (3,16%)?
O forse perché sempre SocGen ad aver sostenuto la scalata di Vincent Bolloré a Vivendi (la banca ha il 3% della holding), attraverso cui il finanziere bretone detiene la quota di controllo di Telecom?
Be', una cosa è certa: se SocGen prendesse non si dice il pieno controllo di Unicredit, ma assumesse un ruolo decisionale rilevante, ecco che avrebbe a disposizione il primo pacchetto azionario di Mediobanca (8,56%) che sommato al secondo (8%) detenuto da Bolloré, e grazie alla complicità di Alberto Nagel (che con lui ha stretto un patto di ferro), consentirebbe di decidere il da farsi a Trieste, visto che, come detto, Mediobanca di Generali è socio numero uno. Semplice, no?
QUANTI INTRECCI FRANCESI.Aggiungete che l’amministratore delegato della compagnia triestina, Philippe Donnet, è non solo un francese, ma talmente amico di Mustier da avere con lui interessi comuni (tra l’altro hanno in Francia una tenuta di caccia), per capire che le connessioni non sono solo mie fantasie notturne.
E sapete Donnet, uomo vicinissimo a Bolloré, chi si è portato nel gruppo di management triestino, nel tentativo tra l’altro di arginare l’uomo forte della compagnia, il direttore generale Alberto Minali?
Un altro francese, Frédéric de Courtois, che come lui - guarda caso - proviene da Axa.
Anche Axa-Generali e Telecom-Orange è possibile
Ecco perché nel mio sonno agitato dopo l’operazione SocGen-Unicredit mi sono sognato anche quella Axa-Generali.
Come dite? Che Donnet ha espressamente escluso una fusione tra i due gruppi?
Ecco, appunto: non è detto che sia, almeno inizialmente, una fusione.
E poi, perché il facondo amministratore delegato di Generali ha più volte ripetuto - nel mio sogno lo diceva ai suoi principali riporti - che intende cedere Generali France e magari qualche altro gioiello in giro per il mondo?
Non sarà perché una Generali smagrita e priva di partecipazioni che potrebbero essere oggetto di contestazioni di antitrust sarebbe una preda più facile di Axa?
VIVENDI, TI CONVIENE?Sia come sia, già che c’ero nel sogno si è aggiunta pure la cessione di Telecom a Orange.
D’altra parte, pensateci: Vivendi ci sta perdendo soldi, e nonostante Flavio Cattaneo tagli i costi senza guardare troppo per il sottile (sono in molti quelli che protestano perché Telecom non paga), non ha prospettive di guadagno.
Che, invece, potrebbe realizzare solo un’altra compagnia di telecomunicazioni per effetto di economie di scala.
E poi, se Bolloré diventasse lo snodo di SocGen-Unicredit e Axa-Generali, che interesse avrebbe a tenersi una partecipazione che gli crea solo problemi?
DECLINO DI MEDIOBANCA. Certo il sogno-incubo non sarebbe stato completo se non avessi intravisto anche il definitivo declino di Mediobanca.
Già ora è prevalentemente strumento di controllo di Generali e ben poco banca d’affari, ma una volta si realizzasse quella girandola di operazioni, a quel punto il destino di quella che è stata la creatura di Enrico Cuccia non interesserà più a nessuno.
Fin qui, del sogno rammento tutto. Poi, come spesso capita, ce n’è un pezzo che non ricordo, avvolto com’è in una nebulosa.
So solo che ne è protagonista Renzi. Il presidente del Consiglio è sbeffeggiato da Hollande, che gli fa marameo perché il capitalismo francese - che pure non vive uno dei suoi momenti migliori - ha fatto un sol boccone di quel che rimane del capitalismo italico, l’ultimo pezzo di “poteri forti” che, dimostrando la loro debolezza, sono diventati di proprietà straniera.
E RENZI COSA FARÀ?Quello che non riesco a ricordare del sogno è cosa fa Renzi: è incavolato come lo è stato quando Bolloré si è preso Telecom, e reagisce, o c’è chi - magari la solita Jp Morgan, che con la sua benedizione ha messo le mani sulle sorti del Montepaschi - ha trovato gli argomenti giusti per renderlo innocuo?
Peccato, a quel punto mi sono svegliato e sono corso sotto la doccia...