Ma quali scandali, Virginia, zitta e governa!
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La Raggi va giudicata come qualsiasi altro sindaco. Basta paternalismo: dimostri di saper fare il suo lavoro
di Flavia Perina30 Settembre 2016 - 07:23 Linkiesta
Con Virginia Raggi è stato usato per tre mesi il fioretto, per il rispetto dovuto agli ottocentomila romani che l'hanno votata e per considerazione delle ovvie difficoltà di “rodaggio” in quel ruolo. «È giovane», «diamole tempo», «Roma è un disastro», sono le frasi più ascoltate in questi mesi, mesi in cui tutte le difficoltà dell'amministrazione sono state attribuite alle liti interne al M5S, alla faida tra grillini della prima ora e grillini arrivati dopo, alle interferenze di Taverna, Di Maio, Grillo, Casaleggio, a tutti fuorché a lei.
Con il quasi-addio del Ragioniere Generale del Comune Stefano Fermante, un addio così confuso che fino a ieri pomeriggio il Campidoglio giurava di non saperne niente e addirittura che la notizia fosse falsa («È regolarmente al lavoro») questa fase finisce.
Virginia Raggi non può più essere giudicata per la sua biografia di giovane donna con una limitata storia politica ma tanta voglia di fare, con l'indulgenza che si deve ai neofiti, ma esattamente come qualsiasi altro sindaco di Roma: come Marino, come Alemanno, come Rutelli o Veltroni, sulla base di quel che fa, dell'andamento delle cose, delle capacità nel risolvere lo straordinario e l'ordinario, e di chiarire partite ambigue come quella che si è riaperta oggi sul ruolo autentico in Ama dell'assessore all'ambiente Paola Muraro (che secondo il Corriere aveva coi ras della spazzatura relazioni assai più strette di quel che ha dichiarato).
La Raggi è un sindaco, non una “bambolina” (secondo l'odiosa definizione di De Luca) né un personaggio dello spettacolo su cui discutere per il look, le orecchie, il ballo, il modo di tenere il palco.
La Raggi è un sindaco, e trattarla da ragazzina, col beneficio paternalistico dell'ingenuità e dell'inesperienza che si dà alle ragazzine, è oltretutto un oltraggio alle donne in politica: Virginia ha raggiunto un ruolo al top, mai sfiorato da nessuna, valutarla secondo un canone “di serie B” suona insultante per tutte
Così come risulta miserando, sul fronte dei suoi amici, insistere sulla questione dell'accerchiamento mediatico e della persecuzione: ma che cosa pensavate? Che governare Roma fosse un pranzo di gala? Ma l'avete vista Hillary Clinton in tv menare Donald Trump dandogli del figlio di papà? Cosa credete sia l'esercizio del potere, una festicciola per educande? A Roma, se davvero Fermante se ne è andato o sta per andarsene, non c'è più l'uomo che tiene insieme i conti, firma gli assegni, verifica entrate e uscite: di questo addio, come dei precedenti, risponde il Sindaco anche se (come sussurra qualcuno) il Ragioniere avesse preparato le valigie in seguito a losche manovre del Pd. Esistono le contro-manovre, avrebbero dovuto essere messe in campo.
La Raggi è un sindaco, e pure l'opposizione dovrebbe trattarla come tale, anche nella polemica: l'esibizione di carote nell'aula Giulio Cesare («Prima grillini ora coniglietti») durante la votazione sul No alle Olimpiadi non va bene. E non va bene l'inutile parapiglia suscitato per il mancato intervento della rappresentante Coni Diana Bianchedi. Entrambi gli episodi non fanno che accentuare il clima da asilo Mariuccia in una città sull'orlo del default, che meriterebbe quella che una volta si chiamava gravitas repubblicana e invece deve beccarsi questo: zuffe da cortile e figure istituzionali che lottano nel fango.
La Raggi è un sindaco, e ora anche un assessore al Bilancio ad interim, e più che trascinare all'infinito lo scontro su una cosa che non si farà (Roma 2024) – magari adrenalinico ma del tutto inutile – si dovrebbero chiedere parole chiare sul punto numero uno del programma M5S, e cioé il disvelamento del mistero dei debiti di Roma e la loro ricontrattazione con gli enti creditori. Chissenefrega di come danza, mangia, sbatte il tappeto alla finestra, che tutta questa fuffa va bene per parlare del Grande Fratello Vip, non di una cosa concreta e vitale come il governo della città.
La Raggi è un sindaco, e lei per prima dovrebbe cominciare a comportarsi come tale. Ottocentomila romani l'hanno votata per cambiare, non per sorbirsi la retorica dell'assedio già vista con Marino e Alemanno – tutti «perseguitati», tutti «nel mirino» – o le lagne sulle misteriose faide interne al suo mondo, piccole guerricciole di corrente connaturate alla politica che chiunque aspiri a una carica deve saper gestire: non si pretende da lei la scaltrezza e il cinismo di Claire Underwood, ne' si ha la pretesa di suggerirle modelli o copioni, ma è tempo che se ne trovi uno. Quello di Chance Il Giardiniere non funzionerà a lung
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