Quanto esibizionismo sul caso Regeni
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Con il Cairo non servono le ripicche, ma un patto contro l’islamismo
di Redazione | 30 Giugno 2016 ore 18:08 Foglio
Nel giorno in cui si commemoravano le vittime del terrorismo islamico di Istanbul, il Senato italiano si è esibito in una manifestazione di provincialismo e di irresponsabiltà disarmante. Nella seduta per l’approvazione delle missioni militari all’estero, qualche politico in cerca d’autore e di facile popolarità ha proposto di proibire l’invio di pezzi di ricambio per gli aerei F16 all’Egitto. Si tratta di vecchi strumenti senza valore, che saranno facilmente reperiti altrove. L’iniziativa del Senato però, adottata col pretesto di tener viva la pressione per ottenere la verità sull’uccisione di Giulio Regeni, ha comunque un senso politico, che è del tutto sbagliato. In primo luogo queste punture di spillo servono solo a crare irritazione, non favorendo la necessaria collaborazione delle autorità egiziane sul caso Regeni. Sono anzi evidentemente controproducenti. Inoltre, si rifiuta di tener conto di quanto sia essenziale la partecipazione del Cairo alla lotta contro il terrorismo islamico, che peraltro ha ripetutamente colpito l’Egitto (che insieme alla Giordania è l’unico paese arabo che riconosce Israele). Creare ostacoli, proprio in queste ore, all’efficacia di un’azione concertata contro il terrorismo, è una prova di provincialismo e – per dirla tutta – di idiozia autolesionistica. Non riuscire a distinguere il piano della politica internazionale da quello della propaganda interna è un sintomo grave di minorità politica. Non è stata una bella cosa che il governo, anziché spiegare le ragioni prevalenti della solidità dell’alleanza antiterroristica, si sia rimesso pilatescamente all’opinione dell’aula.
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Il senatore del Partito democratico Gian Carlo Sangalli, relatore sul tema, ha sostenuto che “non è un atto ostile” e che l’obiettivo di questo mini embargo è quello di “tenere sotto pressione l’opinione pubblica e anche l’Egitto”. La ricerca spasmodica di qualche minuto di esposizione mediatica, anche a costo di compromettere essenziali interessi nazionali, è una dimostrazione impressionante di narcisismo peraltro inutile. Da domani l’azione diplomatica per mantenere aperta la questione Regeni sarà più difficile, non più facile. L’opinione pubblica che rodomontescamente si vorrebbe “tenere sotto pressione” si dimenticherà della vicenda, ma non se ne dimenticheranno di certo le autorità egiziane, a cominciare da quelle militari che hanno assunto il potere in una situazione di tensione popolare e insorgenza islamista radicale. La discussione del finanziamento delle missioni all’estero è stata in passato l’occasione per esprimere l’unità nazionale anche in presenza di forti contrasti sulle scelte di politica interna. Ora, invece, è servita solo per un esibizionismo irresponsabile.
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