Lettere al Direttore Il Foglio 11.5.2016

Unioni civili e referendum. Renzi e il senso del governo, oggi. E cosa aspettate a raccogliere le firme per organizzare un referendum i?

1-Al direttore - Oggi la maggioranza voterà alla Camera fiducia e voto finale sulle unioni civili. Trattasi nei fatti di matrimonio sotto falso nome: in quanto tale tramite ricorsi aprirà la via alle adozioni gay oltre a incentivare la pratica dell’utero in affitto all’estero, tanto in Italia la stepchild adoption c’è già. E’ la legge del più forte che vince sul diritto di ogni bambino ad avere una madre e un padre. Una unione davvero (in)civile! Sul tema Renzi aveva promesso ai suoi libertà di coscienza. Mettendo la fiducia si è preso la libertà; quanto alla coscienza, il premier sa bene che raramente vota in dissenso.

Antonio Palmieri, deputato Forza Italia

E cosa aspettate a raccogliere le firme per organizzare un referendum, caro Palmieri?

2-Al direttore - al Pd non l’ammetteranno mai, ma l’intervento di Cuperlo in direzione ha colpito nel segno. Si mormora che un preoccupato segretario-presidente abbia preso di petto (in senso figurato) la Boschi e l’abbia messa di fronte alle proprie responsabilità per il suo palese conflitto d’interessi: giovane, bella, intelligente è troppo! Devi deciderti e optare per una delle tre e prima del congresso. La minoranza gongola per il successo.

Valerio Gironi

3-Al direttore - Intenzionata a votare sì al referendum, pur non essendo elettrice del Pd, mi sto pentendo dopo l’eccessivo innalzamento di volume da parte del governo. A mio vedere, Renzi non doveva esagerare la valenza politica della consultazione di ottobre: un errore che pagherà caro.

Federica Padrono Martini

Quando Napolitano ha incaricato Renzi di formare un governo, nel 2015, lo ha fatto soprattutto per una ragione: permettere all’Italia di avere al prossimo giro un sistema elettorale e costituzionale diverso da quello paralizzante in vigore nel 2013. Il senso della missione di Renzi è questo, prima di ogni altra cosa. Esasperare la personalizzazione è un errore. Ma dire che se quella riforma non passa non ha più senso che ci sia questo governo è corretto, e forse persino doveroso. Il problema, semmai, è convincere ora 13 milioni di persone ad andare a votare spiegando esattamente per che cosa devono votare. La campagna per il no è sempre facile, quella per il sì tradizionalmente lo è un po’ meno.

4-Al direttore - Dalla lettera aperta dell’on. Brunetta a Ella indirizzata in tema di riforme costituzionali, gli italiani apprendono che il principale avversario di oggi, per Forza Italia, è il direttore del Foglio, non più soltanto Renzi (sic!). E questa è l’unica novità della missiva dell’onorevole. Per il resto, è solo e soltanto sofismo, anzi, eristica retorica. Vediamo. A tutti coloro che sono per il Sì alle riforme, Brunetta, schierato per il No, rivolge l’invito a seguire una logica aderente alla realtà (doppio sic!). Ma di quale logica parla l’onorevole? Si riferisce a quella del moralista, demagogico, giustizialista e anti politico Brunetta di oggi o a quella, esattamente opposta, del riformista, garantista Brunetta di ieri? Perché si può certo cambiare idea in politica, ma non si può andare contro il fondamento primo di una sana logica del corretto argomentare, del buon senso, di una politica credibile: è impossibile che una stessa cosa sia e non sia allo stesso tempo (dice nulla il nome Aristotele?). E dunque: è impossibile che una riforma  sia allo stesso tempo cattiva, reazionaria e antidemocratica oggi. Ma Brunetta si cura di seguire non la logica di una politica credibile, ma l’anti-logica dello sfascismo. Lacrime.

Alberto Bianchi

5-Al direttore - Se uno chiedesse, ad esempio alla ministra dell’Istruzione tedesca Johanna Wanka, come si fa a conciliare il mantenimento dello stesso livello di competitività di un paese con un perdurante calo delle nascite in atto in quello stesso paese, la risposta è presto detta: con gli immigrati. Lo schema è il seguente: riforma del lavoro uguale flessibilità, che significa precariato, che comporta meno famiglie, che implica meno figli, che si traduce in meno forza lavoro, che sarà supplita dagli immigrati i quali, costando meno dei tedeschi, garantiranno alla Germania di restare competitiva e macinare pil. Ecco spiegato, come ha sottolineato la succitata ministra a margine di un accordo italo-tedesco sulla formazione, perché la Germania sta importando milioni di immigrati. Manco a dirlo, la nostra ministra dell’Istruzione si è affrettata a rimarcare che questa è la strada maestra da seguire: “L’Italia deve prendere spunto dalla Germania e colmare la discrepanza che ci divide dai tedeschi”, ha sentenziato Stefania Giannini. Il che implica, ha proseguito, che “non ci sarà più spazio per la famiglia come la intendiamo oggi. La flessibilità induce le persone a spostarsi individualmente, il modello di famiglia a cui siamo abituati, che rappresenta stabilità e certezze, non esisterà più”. Ora, al netto della gnagnera sul posto fisso e sul fatto che il mercato del lavoro andava riformato e punto, siamo proprio sicuri che non ci sia altra strada da seguire e che dobbiamo per forza adeguarci alla vulgata corrente? Possibile che nessuno si renda conto di come certe scelte politiche comportano conseguenze a livello culturale ben più gravi dei benefici economici? O ce lo siamo dimenticati (e il discorso vale anche per certi ambiti ecclesiali) che non di solo pane vive l’uomo?

Luca Del Pozzo

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