Il Pd nella parte che è stata di Berlusconi
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La guerra continua. Non era nelle previsioni, ma la conflagrazione fra partito dei magistrati e Partito democratico è scoppiata
di Marco Bertoncini Italia Oggi 6.5.2016
La guerra continua. Non era nelle previsioni, ma la conflagrazione fra partito dei magistrati e Partito democratico è scoppiata. Non solo: si susseguono battaglie e scontri sanguinosi, perfino a ritmo più che giornaliero. Ieri il mondo politico ha assistito alla condanna di un esponente non di secondo piano nel Pd, quale Renato Soru, e all'innestarsi delle polemiche provocate dall'intervista del consigliere del Csm Piergiorgio Morosini al Foglio. In questo caso è rilevante che a muoversi siano stati il responsabile del settore giustizia del Pd, David Ermini, il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, e lo stesso titolare di via Arenula, Andrea Orlando. Insomma, i vertici del partito in tema di giustizia. Mancherebbe soltanto la discesa in campo di Matteo Renzi.
È bene che il Pd senta sulla propria pelle l'offensiva dei magistrati. In tal modo sconta la ventennale battaglia condotta per azzerare il Cav per via giudiziaria (anche se non sembra fosse questa la strada sempre preferita da Renzi). Non si comprende, però, come, contemporaneamente, i democratici possano abbassarsi a chiedere certificazioni per le proprie liste di candidati: tanto inaspettatamente quanto demagogicamente l'ha fatto Roberto Giachetti a Roma. Ancor meno si comprende come il Pd possa battersi per la durata illimitata dei processi, come, di fatto, rivela la sua intenzione di arrivare oltre i vent'anni per la corruzione. Dovrebbe, semmai, rivedere posizioni consolidate che hanno dato mano libera alla cosiddetta supplenza esercitata dalla magistratura nei confronti della politica, mirabilmente punteggiata da alcune ineffabili espressioni del giudice lodigiano che hanno suscitato l'allarme perfino a largo Fochetti.
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