Magistrati e politica, il vizietto dell’ingerenza non passa mai
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All’inaugurazione dell’anno giudiziario il primo presidente della Cassazione, Gianni Canzio, ha espresso giudizi di merito e critiche sulla legislazione in vigore, pratica sempre più diffusa in queste occasioni. Ma i magistrati devono applicare la legge, non criticarla e tanto meno determinarla. Sarebbe bene che il Quirinale glielo ricordasse
di Redazione | 28 Gennaio 2016 ore 18:22 Foglio
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Nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, il primo presidente della Cassazione, Gianni Canzio, ha espresso giudizi di merito sulla legislazione in vigore, a cominciare da quella che punisce il reato di ingresso clandestino. Può darsi che lo spirito con cui lo ha fatto esprima una volontà di collaborare a un perfezionamento della legislazione, può darsi che le sue considerazioni sull’inefficacia concreta della normativa in questo campo siano fondate, ma tutte queste circostanze non cancellano il fatto che non spetta a un magistrato fare o suggerire le leggi. Come cittadino Canzio ha il diritto di esprimere opinioni politiche, ma quando parla in quanto magistrato deve attenersi ai limiti del suo ruolo. Proprio perché la questione è all’attenzione del governo e del Parlamento un’invasione di campo della magistratura appare particolarmente insidiosa e impropria. Lo stesso vale sull’insistenza con cui chiede una nuova riforma della prescrizione. Anche sulla questione della lotta al terrorismo jihadista Canzio ha voluto precisare che la lotta va condotta nel pieno rispetto “delle regole stabilite dalla Costituzione e delle leggi dello Stato”. Si tratta di un’ovvietà, ma il fatto che venga ricordata senza che ci sia alcuna ragione per farlo o è del tutto inutile e improprio (visto che a vigilare sulla costituzionalità c’è un’apposita corte) oppure sottilmente allusivo.
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La lotta al terrorismo richiede un’ampia attività di intelligence, coordinata con altri paesi e altre centrali, che rispondono a norme specifiche per ogni paese. Avanzare preventivamente il sospetto che in questa complessa attività si rischia di violare principi costituzionali, senza alcuna ragione di merito per farlo, ha un sapore quasi intimidatorio. Le inaugurazioni degli anni giudiziari sono diventate occasioni utilizzate dai magistrati per intervenire nelle scelte politiche, in modo sempre più invasivo. Siccome ci si è abituati a questo malcostume, adesso non ci si fa neppure caso, ma si tratta di un cedimento ingiustificato al pangiustizialismo. La magistratura secondo la costituzione può esprimere opinioni sulle leggi attraverso il Consiglio superiore della magistratura quando il parere è richiesto dal governo. Punto e basta. Per il resto i magistrati devono applicare la legge, non criticarla e tanto meno determinarla. Sarebbe bene che il Quirinale glielo ricordasse.
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Commenti
Mario Patrizio • un'ora fa
Stando così le cose, non è difficile capire i motivi delle invasioni di campo: parlano al corpo elettorale come leader politici. Avvertono, non siamo noi responsabili di ciò che non funziona nella giustizia, è la legislazione a rendere inefficiente la giurisdizione. C'è sempre gente disposta a crederlo. Guarda caso, sono quelli che aspettano la catarsi, la cancellazione di tutti i mali dell'umanità.