Terremoto a Palermo: indagata la giudice che cura i beni sequestrati ai boss

Silvana Saguto, presidente della sezione misure di prevenzione, è accusata di corruzione, concussione per induzione e abuso d'ufficio. Patrimonio agenzia circa 30 miliardi

Mariateresa Conti - Mer, 09/09/2015 - 21:53 Il Giornale

Le polemiche covavano, da mesi. Troppi affari attorno a quello che aveva tutta l'aria di essere diventato un business, la gestione dei beni sottratti alla mafia.

Troppo alte quelle parcelle contro cui aveva tuonato persino il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone. E adesso il caso è esploso, provocando quello che a Palazzo di giustizia di Palermo ha tutta l'aria di essere un terremoto.

Silvana Saguto, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale, una vita spesa prima da pm e poi da giudice antimafia nel palazzo, è indagata a Caltanissetta (la procura competente per le toghe del distretto di Palermo) con l'accusa di corruzione, concussione per induzione e abuso d'ufficio.

Con lei indagati anche l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, uno degli amministratori giudiziari più attivi e remunerati, che ha gestito alcuni tra i sequestri di beni più importanti, e il marito della dottoressa Saguto, Luciano Caramma, che dell'avvocato Cappellano Seminara è stato in passato consulente.

Una bomba. Che fa tremare l'intero palazzo di Giustizia visto che il settore dei beni tolti ai boss è cruciale nell'attività di contrasto alla mafia. La Saguto, ora alle misure di prevenzione, è da anni uno dei magistrati di punta di Palermo. È stata pm, giudice antimafia. Proprio qualche mese fa, a maggio, è emerso un progetto di attentato della mafia nei suoi confronti, tanto che le era stata rafforzata la scorta.

A confermare l'inchiesta, con una nota ufficiale, è stata la stessa procura di Caltanissetta, che ieri tramite la Guardia di Finanza ha eseguito perquisizioni e sequestri in tribunale a Palermo. La Saguto si difende: «Non ho dubbi sul mio operato e chiederò subito di essere interrogata». Quanto agli incarichi al marito, la Saguto ha precisato che si tratta di un solo incarico e per di più in un periodo in cui lei non si occupava ancora di misure di prevenzione.

Il bubbone beni confiscati covava da mesi. Da quando, a gennaio del 2014, era stato l'allora direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati, Giuseppe Caruso, a denunciare il caso Palermo di fronte alla commissione antimafia. «Alcuni - aveva detto Caruso - hanno ritenuto di poter disporre dei beni confiscati come "privati" su cui costruire i loro vitalizi. Non è normale che i tre quarti del patrimoni confiscati alla criminalità organizzata siano nelle mani di poche persone che li gestiscono spesso con discutibile efficienza e senza rispettare le disposizioni di legge». E a riprova delle sue parole il prefetto Caruso aveva citato proprio l'avvocato Cappellano Seminara, ora indagato, che aveva curato il sequestro dell'«Immobiliare Strasburgo». Caruso aveva denunciato che aveva percepito una parcella d'oro da 7 milioni, più l'indennità da amministratore. Accuse che l'avvocato aveva respinto. Anche la dottoressa Saguto era stata sentita dall'antimafia, ma aveva difeso l'operato suo e dei suoi collaboratori. Sulle parcelle d'oro ai consulenti e sul caso Palermo era intervenuto anche il presidente dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone. Adesso l'inchiesta di Caltanissetta. Il business dei beni confiscati è miliardario. L'agenzia gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni sparsi in tutta Italia. Il 43% di questi beni si trova in Sicilia, e un terzo di questo 43% è proprio nella provincia di Palermo.

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