La corte di Strasburgo condanna la giustizia italiana

"Contrada non andava condannato". Il concorso esterno. Storia e fragilità di un reato che non c'è

di Redazione | 14 Aprile 2015 ore 11:22 Foglio

La Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo ha stabilito che la condanna a 10 anni di carcere comminata nel 1996 all'ex dirigente del Sisde, Bruno Contrada, per sostegno esterno ad associazione mafiosa non fu legittima. La decisione si fonda sul fatto che il reato non era ancora previsto dall'ordinamento italiano al momento in cui si sono verificati i fatti per cui Contrada fu condannato, cioè tra il 1979 e il 1988. La Corte ha quindi stabilito che l'Italia paghi un risarcimento di 10mila euro a Contrada più le spese processuali.

La decisione della Corte sottolinea che la sentenza di condanna a Contrada ha violato l'articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che stabilisce che non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dai codici di giustizia.

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 Il concorso esterno Contrada era stato giudicato colpevole per concorso esterno in associazione mafiosa, accusa che, secondo la Corte "non era sufficientemente chiara e prevedibile per Contrada ai tempi in cui si sono svolti gli eventi in questione", e quindi ha riconosciuto la violazione della Convenzione europea da parte dell'Italia, in quanto le pene non possono essere applicate in modo retroattivo.

Contrada venne arrestato il 24 dicembre 1992 in quanto accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, a causa delle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, come Gaspare Mutolo, Tommaso Buscetta, Giuseppe Marchese, Salvatore

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