GENERALE ADINOLFI: “DOPO L’USCITA DELLE NOTIZIE RENZI E LOTTI MI HANNO
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CHIAMATO E MI HANNO DETTO DI STARE TRANQUILLO” – “QUELLE TELEFONATE NON MERITANO NEANCHE DI ESSERE SEGRETATE" - E ATTACCA WOODCOCK
Il generale della Finanza ammette di essersi proposto come capo dell’Aise, ma senza fortuna. Poi apre una polemica con Woodcock: “Mi chiedo: c’era bisogno di un avviso di garanzia per sentirmi? O serviva un avviso di garanzia per mandare queste telefonate in giro e darmi in pasto ai giornali?”… -
Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano” 3 APR 2015 11:12
La carriera del mastino (anglo) napoletano Henry John Woodcock è lastricata di indagati e arrestati successivamente assolti. Non prima di essere messi alla gogna a reti unificate. Uno degli ultimi scalpi è quello del generale Adinolfi, un finanziere che proprio non deve piacere al pm partenopeo. Lo aveva indagato nel 2011 per le presunte fughe di notizie a favore della cosiddetta P4. Ma l’indagine, dopo essere stata trasferita a Roma per competenza, si è conclusa con l’archiviazione (novembre 2013) di Adinolfi.
Nel 2014, però, il generale è finito di nuovo nel mirino di Woodcock, nell’inchiesta sulla cooperativa Cpl Concordia. Ma le prove erano così labili, se non inesistenti, che questa volta sono stati gli stessi inquirenti che avevano aperto il fascicolo a chiedere il proscioglimento di Adinolfi. Era il dicembre scorso. Però le toghe partenopee prima di mollare l’osso hanno impacchettato le conversazioni del generale con il premier Matteo Renzi (i due si sono conosciuti e hanno lavorato nello stesso periodo a Firenze) e le hanno inviate, nell’autunno scorso, per conoscenza alla procura di Roma.
Specificando che per Napoli non avevano rilevanza penale. E allora? In Italia a volte fa più notizia la chiacchiera del reato. E i giornali sono bravissimi a trasformare frasi fuori contesto in complotti mondiali. Un autogol che adesso consentirà a Renzi di avere argomenti per chiedere un inasprimento delle leggi che regolamentano la diffusione sulla stampa delle intercettazioni. Intanto Adinolfi, come nel Monopoli, deve stare fermo un turno.
Generale Michele Adinolfi?
«Presente!»
Il suo nome è su tutti i giornali...
«Io non so che cosa pensare, soprattutto su questa vicenda, non so che cosa dire».
Un’idea se la sarà fatta?
«Che è una cosa incredibile».
In questo caso i pm di Napoli hanno chiesto la sua archiviazione.
«Sì, sì».
Era accusato di aver favorito una fuga di notizie...
henry john woodcock
«A dire il vero ero accusato di corruzione, perché sarei stato pagato dai signori della Cpl...».
È stato interrogato dai magistrati?
«Solo per dare conferma di quello che nell’indagine era già emerso. Nel senso che un anno di investigazioni ha consentito di stabilire che non conoscevo gli altri indagati. Quindi ho ricevuto l’avviso di garanzia, sono stato interrogato e in quell’occasione non è che mi sia stato chiesto qualcosa, mi è stato semplicemente notificato il fatto che non c’entravo nulla».
Il suo avvocato mi ha detto che l’interrogatorio è durato pochissimo...
«Sì, perché io quei signori non li conoscevo, non li avevo mai visti».
Mi pare di capire che trovi assurda questa vicenda...
«Sì, sì...».
Perché secondo lei i magistrati napoletani hanno inviato le sue intercettazioni, considerate senza rilevanza penale, alla procura di Roma?
«Non l’ho capito. Si è sollevato solo un polverone inutile. Inutile. Per delle conversazioni che io definisco banali, che attestano un rapporto di normale amicizia tra un sindaco, qual era allora Matteo Renzi e il comandante interregionale di riferimento della Guardia di Finanza, tra il capo di gabinetto (Luca Lotti, ndr) e lo stesso comandante interregionale. Cose banali, semplici, perché se no oggi non sarei fuori dall’inchiesta».
Mi risulta che in quelle telefonate lei esprimesse il suo desiderio di andare a fare il direttore dell’Aise (i servizi segreti militari) e che non ci sia riuscito.
«È vero. È questo il dato. Nel frattempo io sono stato sputtanato. Potevo essere chiamato e sentito in altra veste (di testimone, ndr), ma poi per chiedermi che cosa, visto che già lo sapevano che neanche li conoscevo?».
Ritornando alla vicenda delle telefonate con Renzi e Lotti. Immagino che lei, come tutti, avesse legittime ambizioni e gliele avesse comunicate...
«Ma non c’è dubbio, in maniera normale».
Però quel posto non lo ha ottenuto...
«Non l’ho ottenuto perché io purtroppo vengo visto come il diavolo. Il diavolo di che poi? Nell’ultima vicenda anche i pm avevano capito che io non li conoscevo gli uomini della Cpl, me lo hanno detto loro. E allora mi chiedo: c’era bisogno di un avviso di garanzia per sentirmi? O serviva un avviso di garanzia per mandare queste telefonate in giro e darmi in pasto ai giornali?».
La nomina a direttore dell'Aise è un incarico di tipo fiduciario o mi sbaglio?
«Assolutamente sì, ci mancherebbe».
Non è una poltrona che si assegna con un concorso. Per questo non si capisce il motivo di quell’invio delle bobine alla procura di Roma...
cena di finanziamento del pd a roma luca lotti
TI
«È incredibile ritrovarsi in situazioni del genere. Ma io adesso devo pensare alla mia salute, alle persone che mi stimano, che mi vogliono bene. Altrimenti qua c’è da diventare pazzi».
Lei si spiega perché sia sempre la stessa procura a darle la caccia?
«Non so cosa risponderle. Francamente non ne capisco il motivo. C’è un problema proprio dal punto di vista tecnico. Perché non mi è stato contestato un fatto, un accadimento, una notizia. Niente».
Uno degli indagati ha parlato di un «generale»...
«Si fa riferimento a un generale che avrebbe dovuto fare una bonifica degli uffici di questa “famigerata” Cpl, un anno fa. C’è stato un anno di indagini, la bonifica è stata fatta da un ex colonnello dell’esercito che ha un’agenzia investigativa che fa questi lavori... e solo perché c’è Simone che fa il nome di un Adinolfi...».
In realtà Simone parla del «generale Adinolfi» e sottolinea l’amicizia tra sua moglie e la consorte di un conoscente dello stesso Simone. Sembra interessato a far arrivare a un alto ufficiale della Guardia di finanza un delicato dossier sull’Agenzia spaziale italiana.
«Questo è un capitolo di cui io non so nulla. Nulla. E poi che cosa c’entrano le mogli? Io come ufficiale di polizia giudiziaria avrei chiamato l’interessato e glielo avrei chiesto. Li conosci questi signori? Hai fatto qualche cosa? E meno male che non c’è stato un pranzo tra me e il sindaco di Ischia (arrestato nell’inchiesta Cpl Concordia, ndr), perché io ci vado a Ischia. È incredibile».
Lei un pranzo lo fece, con l’ex deputato del Pdl ed ex finanziere Marco Milanese e le costò caro.
«Mi costa ancora moltissimo quel pranzo lì a casa di Pippo Marra (direttore dell’Adnkronos, ndr)».
Per smentire il suo grande accusatore, Milanese, lei accettò di fare un confronto all’americana nella sede della Dia a Roma.
«Il bello è che il mio avvocato, il professor Enzo Musco, non voleva che lo facessi, mentre io ho deciso di accettarlo subito. In quell’occasione Woodcock se ne è andato dopo tre minuti».
Da quel faccia a faccia lei uscì vittorioso, dimostrando di non aver favorito fughe di notizie...
«Questa è una verità storica. Ma di che stiamo parlando?».
Durante quel procedimento lei si è trasferito a Firenze.
«Sì, perché ero stato promosso generale di corpo d’armata e quindi non potevo più fare il capo di Stato maggiore».
Ha scelto lei Firenze?
«No, era un posto vacante».
Quindi quando si insediò non conosceva Renzi e Lotti?
«No».
Sta dicendo che i vostri rapporti sono iniziati per motivi istituzionali?
«Sì. Renzi era il sindaco di Firenze e non era in previsione che diventasse premier. Quindi anche questa storia del telefonino della fondazione... Io non escludo che quelle intercettate fossero le telefonate con Renzi sindaco».
Dicono che il premier usi da anni quel numero...
«Ma certo. Qual è il problema?».
Probabilmente sono state intercettate anche le chiamate del periodo in cui si è insediato a Palazzo Chigi e doveva decidere i nuovi vertici dei servizi.
«Posso dirle che di sicuro non casca il governo per quelle telefonate. Non meritano nemmeno di essere segretate, glielo dico io. Forse si è parlato di Milan, la mia squadra del cuore. Soprattutto con Lotti che è milanista come me».
Dopo l’uscita delle ultime notizie vi siete sentiti con Renzi e Lotti?
«Sì. Mi hanno detto di stare tranquillo. Non abbiamo fatto niente di male. E non voglio accomunarmi né al sottosegretario né al mio presidente del Consiglio. Non esageriamo».
Visto che conoscete tutti e tre il contenuto delle telefonate che commenti avete fatto?
«Ci è venuto da ridere, sicuramente. Perché non abbiamo fatto nulla di male. Anzi non posso neanche permettermi di dire di aver fatto qualcosa con il mio presidente».
Non è un po’ arrabbiato con lui, visto che nell’aprile scorso ha scelto un altro nome per la poltrona di direttore dell’Aise?
«Che devo fare (ride), fa parte della vita».
A parte lo «sputtanamento» per l’inchiesta P4 che forse l’è costato il posto, il suo avversario aveva alle spalle una cordata più forte? Non è che nel mondo degli 007 contano di più gli ex Ds rispetto a Renzi?
«Ci può stare».
Che cosa farà adesso?
«Vedremo. Le posso dire che subire in silenzio mi ha un po’ stufato».