1-IL CASO Mori indagato a Firenze per le stragi mafiose del 1993. Mantovano: "Sconcerto per le accuse al generale"

2-- "Li rinvierei ancora a giudizio". "Rifarei tutto". In Senato va in scena lo scontro tra Ingroia e Mori

21 MAG 2024 ilfoglio.it lettura4

Il generale già assolto per la presunta trattativa stato-mafia parla di accuse "surreali e risibili" e dice che l'inchiesta è "finalizzata alla gogna morale". Ieri era stato ricevuto a Palazzo Chigi

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"Nel giorno del mio 85esimo compleanno ho ricevuto, dalla Procura di Firenze, un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico".

Il generale Mario Mori annuncia così di essere stato iscritto nel registro degli indagati per le stragi mafiose del 1993, "avendo constatato che il circo mediatico si è già messo in moto".

Le nuove accuse, dice il generale dei carabinieri, sono "surreali e risibili" e genereranno una "gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni".

"Oggi vengo indagato per non aver impedito le stragi, quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente teorema. Peraltro, le vicende di cui mi si accusa sono già state ampiamente analizzate nel corso degli ultimi 25 anni dalle magistrature competenti (compresa quella fiorentina) e nei processi in cui sono stato coinvolto, senza che mi sia stato contestato alcunché, tantomeno i gravissimi reati ora ipotizzati dalla Procura di Firenze", ha spiegato Mori, già assolto da ogni accusa nel processo sulla presunta Trattativa stato mafia, dicendosi "profondamente disgustato da tali accuse che offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Forse non mi si perdona di non aver fatto la loro tragica fine".

Sul caso è intervenuto il sottosegretario di stato Alfredo Mantovano, che proprio ieri aveva ricevuto il generale a Palazzo Chigi. "Gli ho manifestato vicinanza e sconcerto per questa decisione, nonostante decenni di giudizi abbiano già dimostrato l'assoluta infondatezza di certe accuse", ha commentato il sottosegretario. "Conosco Mori da oltre 25 anni e ne ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde". Per Mantovano "gli eccezionali risultati che la dedizione e l’impegno del generale Mori hanno permesso di conseguire esigerebbero solo gratitudine da parte delle istituzioni nei suoi confronti. Tutte le istituzioni, magistratura inclusa",

L'interrogatorio di Mori è fissato per il 23 maggio, "ma verosimilmente verrà rinviato poiché il mio difensore ha comunicato alla Procura di Firenze di non poter essere presente per concomitanti impegni professionali a Palermo", ha infine spiegato il generale.

- "Li rinvierei ancora a giudizio". "Rifarei tutto". In Senato va in scena lo scontro tra Ingroia e Mori

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"Se facessi ancora il pubblico ministero metterei ancora una volta la firma sul rinvio a giudizio", dice l'ex pm Antonio Ingroia. Si rivolge nientemeno che a Mario Mori, l'ex generale accusato e assolto nel processo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia. "Rifarei tutto e direi tutto quello che ho detto", è la risposta. I due si sono incontrati in Senato nel corso di un incontro, in qualche misura storico, promosso dal capogruppo in Senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri.

"Ci siamo confrontati civilmente con la controparte, anzi su qualche aspetto abbiamo anche convenuto, benissimo", ci dice l'ex generale Mori, uscendo dal confronto. "Con il dottor Ingroia, al di là delle rispettive posizioni, abbiamo degli obiettivi comuni: volevamo bene alle stesse persone, per cui, forse, se ognuno facesse qualcosa in più potremmo contribuire a trovare una verità vera", ha poi aggiunto l'ex colonnello dei Ros Giuseppe De Donno.

L'ex generale Mori ha poi parlato di un gruppo di magistrati nemici. Un'accusa a cui Ingroia ha ribattuto: "Nemici è una parola forte. Diciamo avversari, ma comunque è normale che questo sia il modo in cui l'imputato pensa del pm che lo ha messo sotto indagine".

Su un punto, in ogni caso, i due contendenti si sono trovati sicuramente d'accordo: il tempo di una verità condivisa non è ancora arrivato. Ma anzi, come ha sottolineato Mori: "Solo la morte potrà chiudere ogni polemica".

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