LE LETTERE Puntare sui test significa rimandare la vera svolta che serve all'Italia
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- Categoria: Giustizia
il punto non è il test, il punto è considerare ogni tentativo di introdurre un principio di responsabilità nella magistratura come lesa maestà
30 MAR 2024 lettere Direttore ilfoglio.it lettura3’
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Mi permetto, abusando della disponibilità del Foglio, di tornare brevissimamente sulla questione ragioniere generale-governo relativamente agli impatti del Superbonus. Poiché le cronache informano che il ragioniere generale Biagio Mazzotta starebbe preparando un minuzioso promemoria che riferirebbe puntualmente sul suo operato e sui rapporti con il governo, non è utile, anzi, doveroso attendere questa relazione per una completa valutazione della vicenda, anche se in ipotesi ciò non escludesse responsabilità di Mazzotta, ma potrebbe dirci, sempre con beneficio d’inventario, quale sia stata al riguardo la posizione del governo che non è un mero recettore di elaborati contabili. O non serve e già si assolve ogni altro, a eccezione di Mazzota? Ancora auguri di una Pasqua serena.
Angelo De Mattia
Al direttore - “Normale”, fisiologica, la contrarietà e la polemica dell’Associazione nazionale magistrati per quel che riguarda gli esami psicologici per i magistrati. Da mettere in conto che sia considerata una lesione e un attentato alla loro “indipendenza”; che vivano questo esame come un tentativo di condizionarli, di mettere loro il piombo ai piedi (magari lo avessero; proprio coi piedi di piombo dovrebbero procedere). Come sia, tutte queste polemiche mi fanno pensare al giudice Ferdinando Imposimato. Qualcuno lo ricorderà: il “giudice coraggio” delle grandi inchieste contro il terrorismo e la delinquenza organizzata. Un giorno gli cade tra capo e collo l’accusa di interesse privato in atti d’ufficio, prova l’amarissima esperienza di star sul banco degli imputati sulla sua pelle. Tutto nasce dopo la conclusione di un sequestro di persona. Il rapito e il suo avvocato, a liberazione avvenuta, sono accusati di simulazione di reato. Imposimato, giudice istruttore, non è d’accordo, dispone l’archiviazione del procedimento. Scatta, a questo punto, l’accusa contro di lui. Il processo ha luogo a Firenze, si conclude con l’assoluzione piena. Dopo questa esperienza Imposimato dichiara: “Il mio sentimento nei confronti della giustizia è di natura quasi di terrore. La mia esperienza mi conferma nella convinzione che sia ancora molto alta, e non solo per il mio caso personale, la possibilità di errori. In fondo è più facile difendersi da colpevoli che da innocenti. Un innocente è travolto dalla macchina dei sospetti. Nel mio processo fui trattato con molta durezza. Sembrava che il mio passato non avesse alcun peso. Per settimane ho dovuto leggere il mio nome a caratteri cubitali, sui giornali: ‘Giudice accusato’. L’assoluzione piena invece venne riportata con una breve notizia”. Per Imposimato giorni di profonda amarezza. Gli tornavano in mente sequenze da incubo, sottili insinuazioni, taglienti calunnie: anche lui, il giudice irreprensibile sul banco degli imputati. “Perfino un’assoluzione, dopo la condanna della pubblica opinione, non è sufficiente a riparare il danno subito. Mi fanno paura”, diceva Imposimato, “i giudici che sono o si ritengono ‘preparati’ perché conoscono a memoria i codici. Non è solo la preparazione, che pure occorre, e neanche il coraggio, ma l’equilibrio, la maturità, il senso delle cose. Chi afferma che anche per i giudici andrebbero fatte delle perizie psichiatriche, o attitudinali, non dice una sciocchezza. Andrebbero bene per evitare di commetterne, di sciocchezze, sulla pelle di gente innocente”. Parola di magistrato. Vero è che si tratta di qualcosa di simile all’utopia: perizie psichiatriche periodiche, pur previste, non sono effettuate neppure sulle forze dell’ordine; e raramente su chi detiene un’arma e in potenza, ha il potere di usarla in modo letale.
Valter Vecellio
Le polemiche sui test per i magistrati nascondono un non detto: il punto non è il test, il punto è considerare ogni tentativo di introdurre un principio di responsabilità nella magistratura come lesa maestà (i test psicoattitudinali vengono sottoposti anche ai diplomatici, da anni, sotto forma di crocette: davvero strano sia sfuggito alla Gratteri Associati). Dopo di che, in questa storia, c’è un problema ulteriore. Perché la scelta di puntare sui test psicoattitudinali da parte del governo offre la dimensione esatta di un problema non affrontato. La giustizia italiana, lo sappiamo, ha problemi enormi. E puntare tutto sulle piccole riforme, i test, significa voler occuparsi del nulla e significa voler rimandare a data da destinarsi le vere svolte che servono all’Italia. Buona Pasqua a tutti.