Se la vittima non fosse stata una toga sarebbe andata nello stesso modo?

Occorre certamente salutare con favore la recentissima sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha ampliato l’area dei danni risarcibili causati al cittadino indagato/imputato dalla azione ingiusta del magistrato.

Gian Domenico Caiazza — 18.9. 2022 ilriformista.it

Occorre certamente salutare con favore la recentissima sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha ampliato l’area dei danni risarcibili causati al cittadino indagato/imputato dalla azione ingiusta del magistrato. Senza perderci nei dettagli tecnici, un po’ più complessi di quanto possano apparire, andiamo al punto: il cittadino vittima di un ingiusto processo o di una ingiusta indagine ha diritto, oltre che al risarcimento dei danni patrimoniali, al risarcimento dei danni non patrimoniali conseguenti alla lesione dei fondamentali diritti della persona anche diversi -ecco la novità- dal diritto alla libertà personale.

 

In altri termini, è incostituzionale la legge sulla responsabilità civile dei magistrati che limitava i danni non patrimoniali risarcibili solo alla ipotesi che il cittadino ingiustamente inquisito fosse stato per di più privato della libertà personale. La Corte dice con chiarezza quanto sia ingiustificata questa limitazione.

Un cittadino messo alla gogna da una accusa ingiusta, anche se non raggiunto da una misura cautelare, vede egualmente calpestati diritti non meno importanti di quello alla libertà personale, quali quello alla propria dignità, alla propria reputazione personale e professionale, alla propria salute (fisica e mentale). La notizia mi ha colpito ed al tempo stesso incuriosito, per una ragione molto semplice. Per far sì che la Corte Costituzionale si pronunci sulla costituzionalità di una legge, occorre vi sia stato un magistrato che abbia sollevato la questione.

Aggiungo che la legge in discussione è una delle meno applicate e meno digerite dalla magistratura italiana: fu scritta (malissimo, in verità) da Giuliano Vassalli dopo il vergognoso massacro giudiziario di Enzo Tortora ed il conseguente referendum, e poi blandamente rafforzata nel 2015. Quindi ho voluto capire meglio, ed ho appreso che la persona vittima della ingiusta ed infamante inchiesta giudiziaria alle origini della causa di responsabilità civile del magistrato inquirente è …. un magistrato. La vicenda si svolse, manco a dirlo, in Calabria. Protagonista, manco a dirlo, l’allora Pm dott. de Magistris presso la procura di Catanzaro, insieme all’allora Procuratore capo Mariano Lombardi e al Pm Mario Spagnuolo. Alle 5 di mattina (si, accade sempre a quell’ora, soprattutto quando non ce ne è nessun bisogno) dell’11 novembre 2004 costoro mandano la Guardia di Finanza a perquisire l’abitazione del dott. P.A.B., magistrato di origini calabresi in servizio presso la Corte di Cassazione. L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa, qualunque cosa ciò possa significare. Leggo dalle cronache che il magistrato, non solo perché scioccato, non riuscì nemmeno a comprendere il senso della incolpazione provvisoria confusamente descritta nel decreto di perquisizione e sequestro. Ma anche qui nulla di nuovo, visto che l’estensore era de Magistris, aduso a formulare ipotesi delittuose che forse lui stesso faticava a comprendere.

Dopo il tremendo colpo, più nulla, non una convocazione per essere interrogato, nulla di nulla. Anche qui, vi prego di credermi, siamo nell’ambito dei più diffusi costumi giudiziari di questo Paese, e di alcune sue Procure in particolare. Quando finalmente, dopo due anni, la sua posizione viene stralciata e trasmessa al Giudice competente (chiaro? Erano anche territorialmente incompetenti; ma anche questo, è un film visto e stravisto mille volte), cioè la Procura di Roma, che legge le fumisterie incomprensibili della imputazione provvisoria e richiede subito, ottenendola, l’archiviazione. Il dott. P.A.B. cita in giudizio lo Stato per la sua responsabilità sussidiaria ed il Tribunale di Salerno liquida i danni patrimoniali, ma non quelli morali perché il dott. P.A.B. non era stato arrestato. Questi si ribella, ed infine la terza sezione civile della cassazione manda alla Corte Costituzionale, ed ora la vittima di quella ingiustizia avrà diritto anche al risarcimento dei danni non patrimoniali. Ne siamo tutti lietissimi, ed è un buon passo avanti di civiltà. Tuttavia avverto nitidamente che ciascuno di voi, letta questa storia, si stia chiedendo: ma se la vittima non fosse stato un magistrato, sarebbe andata nello stesso modo? Ecco, chissà come mai, me lo stavo chiedendo anche io.

Gian Domenico Caiazza Presidente Unione CamerePenali Italiane

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