L'ASSEMBLEA GENERALE ANM. I magistrati proclamano lo sciopero contro la riforma Cartabia
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per protestare contro il ddl sull’ordinamento giudiziario e il Csm in discussione al Senato. Manca la data: visti i tempi tecnici, potrebbe essere successiva al via libera definitivo del testo
ERMES ANTONUCCI 30 APR 2022 ilfoglio.it lett4’
Dopo giorni di annunci, tensioni e polemiche, alla fine i magistrati hanno deciso di scioperare contro la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm (riforma ancora in discussione in Parlamento). Al termine dell’assemblea straordinaria dell’Associazione nazionale magistrati, tenutasi oggi a Roma, le toghe hanno infatti approvato una mozione conclusiva in cui si proclama una giornata di astensione come forma di protesta nei confronti del ddl ora all’esame del Senato. Sarà la giunta esecutiva centrale dell’Anm a “individuare tempestivamente la data e le concrete modalità organizzative” dello sciopero, “tenendo conto dello sviluppo dei lavori parlamentari in corso”. Sciopero sì, quindi, ma non si sa ancora quando. Con un paradosso: l’individuazione della data, in virtù dei tempi tecnici, richiederà almeno 10-14 giorni. Lo sciopero, di conseguenza, potrebbe anche essere proclamato dopo il via libera definitivo del testo da parte del Senato.
L'entrata a gamba tesa della magistratura nel campo della politica, comunque, è netta. Soprattutto se si considera che la riforma Cartabia è ancora in discussione in Parlamento, l'organo a cui in questo paese spetta il compito di fare le leggi, come ha ricordato in una recente intervista al Foglio Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte costituzionale.
“Questa riforma non migliora il servizio giustizia. Crea ulteriori adempimenti che saranno inevitabilmente burocratizzati. Sarà inutile, anche dannosa”, ha affermato il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, in apertura dell’assemblea, individuando le principali criticità della riforma nei limiti al passaggio di funzioni tra pm e giudici, nelle nuove norme sulla valutazione professionale dei magistrati e nell’introduzione di nuovi illeciti disciplinari. “Noi dobbiamo avere coraggio nelle decisioni e con questa riforma si spegne il coraggio – ha aggiunto Santalucia – Vogliamo resistere a un ingabbiamento nelle paure. State attenti, dico alla politica, perché un magistrato impaurito non sarà un miglior giudice. Così si sta solleticando il sentimento impiegatizio dei magistrati”.
Il presidente dell’Anm ha anche dichiarato che i magistrati “non vogliono un ritorno al conflitto tra politica e magistratura come nella stagione di Mani pulite”, ma vedono nella riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm un testo che “non risponde allo spirito della Costituzione”.
Critiche anche dal segretario dell’Anm, Salvatore Casciaro, secondo cui la riforma è “permeata da logiche aziendalistiche, mira all’efficienza e pensa ai tribunali come a catene di montaggio, che forniscono, possibilmente in tempi rapidi, un prodotto, poco importa se sia o meno di qualità. Una riforma che altera profondamente il modello costituzionale di giudice”.
La decisione dell’Anm è giunta al termine di una lunga assemblea, aperta per la prima volta anche ai responsabili giustizia dei partiti e ai rappresentanti dell’avvocatura. Durante la discussione sono infatti intervenuti anche Giulia Sarti del M5s, Anna Rossomando del Pd, Giulia Bongiorno della Lega, Catello Vitiello di Italia Viva, Enrico Costa di Azione e Gian Domenico Caiazza (presidente dell’Unione camere penali).
Particolarmente atteso l’intervento di Enrico Costa, autore di un emendamento profondamente criticato dall'Anm, quello che introduce l’istituzione del fascicolo delle performance dei magistrati. Il deputato di Azione, tra diversi mugugni dalla platea, ha ricordato come la regola della verifica della presenza di gravi anomalie nel corso della carriera dei magistrati sia già esistente nell’ordinamento e come la norma si limiti a fornire gli strumenti per l’applicazione di questa regola. Il deputato ha dunque invitato i magistrati “a riflettere sulla drammatizzazione degli effetti rispetto alle riforme in campo”.
Giulia Bongiorno ha affermato che la riforma non deve essere una “occasione persa” e per questo si batterà per modificarla nel passaggio al Senato: “Dobbiamo fare una riforma più incisiva, ora è blanda, va migliorata al Senato. Questa riforma ha il vero limite che non centra l'obiettivo, cioè il problema della degenerazione del correntismo nel Csm: il sorteggio temperato quanto meno recideva il cordone ombelicale tra l’eletto e la corrente di appartenenza”.
All'opposto, la deputata grillina Giulia Sarti (molto applaudita dalla platea) ha rivendicato gli sforzi fatti dal M5s per evitare l’introduzione di norme “punitive” nei confronti dei magistrati, avvisando: “Se si riaprirà il dibattito in Senato sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, nei numeri non ci sarà una maggioranza come quella che finora è riuscita a evitare la responsabilità diretta dei magistrati e l'azzeramento del passaggio di funzioni”.
“La riforma è blanda e lacunosa ma con passi avanti che abbiamo apprezzato”, ha invece affermato nel suo intervento Gian Domenico Caiazza, presidente dei penalisti. “Noi pensiamo che la crisi della giurisdizione sia una crisi della democrazia e ci tocchi come cittadini – ha aggiunto rivolgendosi alle toghe – In questo paese delle sentenze non importa a nessuno, del vostro giudizio sui fatti sociali non importa niente a nessuno. Il giudizio si esaurisce nell’incriminazione, nell'indagine e nel rinvio a giudizio. È un problema nostro? Io penso che sia un problema vostro e che sia un problema di tutto il paese”.