Fabrizio Cicchitto: la crisi della giustizia parte da vari pm

Non è stata una buona settimana per i pubblici ministeri che attivano l'azione penale con evidenti intenzionalità politiche. Il caso più clamoroso è senza dubbio quello di Calogero Mannino.

Fabrizio Cicchitto 24.12. 2020 liberoquotidiano.it lettura3’

Non è stata una buona settimana per i pubblici ministeri che attivano l'azione penale con evidenti intenzionalità politiche. Il caso più clamoroso è senza dubbio quello di Calogero Mannino. Mannino è un caso di scuola, egli è stato una sorta di ostaggio, di sequestro di persona di lunghissima durata, circa 30 anni. Siccome egli ha avuto il gravissimo torto di essere assolto in ogni processo, poiché le sue assoluzioni contraddicevano il teorema sulla trattativa Stato-mafia costruito da un nucleo militante combattente di pm della procura di Palermo, costoro hanno sempre fatto ricorso in ogni processo percorrendo tutti i gradi di giudizio, dall'Assise fino alla Cassazione. Così gli anni sono diventati circa 30, il numero dei processi si è moltiplicato e Mannino è rimasto sulla graticola perché ogni sua assoluzione è stata vissuta come una provocazione e si è fatto anche qualche anno di galera.

A quanto sembra adesso siamo arrivati alla fine del ciclo e questa assoluzione, avvenuta in anticipo rispetto al ramo principale del processo sulla trattativa Stato-mafia perché egli e il suo avvocato Grazia Volo hanno scelto il rito abbreviato, non solo rappresenta un momento fondamentale per la storia personale di Mannino, ma costituisce un'anticipazione di non piccolo conto rispetto alla vicenda processuale principale. Non a caso, per sminuirne l'impatto, l'ex pm Ingroia ha dichiarato che nel rito abbreviato i magistrati giudicanti reggono le carte delle deposizioni dei testimoni e non li sentono direttamente. Con questo criterio allora il rito abbreviato dovrebbe essere eliminato. Comunque oltre a questo caso principale ci sono stati una serie di episodi significativi, l'uno diverso dall'altro, che però si sono conclusi con uno scacco dei pm, dal caso Nunzia De Girolamo (assoluzione a fronte della richiesta di 8 anni di galera), alla vicenda giudiziaria di Diana, a Tallini (arresti domiciliari e relativa demonizzazione) e poi al sindaco di Roma Virginia Raggi.

IL PESO DELLA STAMPA

Va detto che a parte quest' ultimo caso, che ha avuto una notevole eco in tutti gli altri casi, compreso quello di Mannino, c'è stato un enorme squilibrio fra il rilievo dato dalla stampa nel momento dell'accusa, dell'arrivo dell'avviso di garanzia, non parliamo dell'arresto, con la notizia delle successive delibere di proscioglimento o di assoluzione date con il minimo del rilievo possibile. Ciò è determinato anche dall'esistenza di catene di solidarietà o di "circoli mediatici" che legano singoli magistrati inquirenti o nuclei di essi a cronisti giudiziari e a correnti politiche. Ma il potere di questi nuclei di pm è molto rilevante e va al di là di questi aspetti. Siccome alcuni pubblici ministeri hanno forti interconnessioni mediatiche con i cronisti giudiziari essi godono di grande notorietà che pesa anche in occasione delle elezioni all'interno della magistratura per il Csm. Così avviene che malgrado che i magistrati giudicanti sono molto più numerosi degli inquirenti, sono questi ultimi largamente maggioritari nel Csm.

Di conseguenza i magistrati inquirenti sono decisivi anche sulle carriere dei magistrati giudicanti, quindi il nesso fra gli uni e gli altri è molto più forte di quello che viene solitamente invocato, cioè l'appartenenza alla stessa corporazione, la consuetudine nei rapporti personali. Questa è la ragione per cui vengono fatte le barricate per evitare l'unico vero provvedimento riformatore della giustizia, quale sarebbe lo sdoppiamento delle carriere, con la conseguenza di due Csm, uno per la magistratura giudicante e l'altro per la magistratura inquirente. In ogni caso si può far finta di non capire e di non sapere, ma riempiremmo le pagine di questo giornale se facessimo l'elenco di magistrati che sono entrati in politica, eletti, e poi magari ritornati in magistratura.

POLITICA E MAGISTRATI

Alcuni casi sono stati eclatanti: D'Ambrosio e Di Pietro dal pool di Mani Pulite in parlamento, eletti dal Pds, anche Emiliano non è un caso da poco, da pm inquirente su autorevoli uomini politici pugliesi a sindaco di Bari a presidente della Regione Puglia. Questo è il Paese, unico in Europa, nel quale ben 5 partiti (la Dc, il Psi, il Pli, il Pri, il Psdi) sono stati eliminati dal parlamento non direttamente dagli elettori, ma in seguito ad una serie di unilaterali iniziative giudiziarie (unilaterali perché i massimi dirigenti del Pci-Pds e della sinistra democristiana sono stati salvati perché "potevano non sapere"). Ciò detto, i passaggi di carriera fra la magistratura e la politica vanno valutati negativamente quale che sia lo schieramento politico di riferimento.

Su questo terreno certamente Napoli è caratterizzata da una situazione radicalmente negativa a partire dal suo sindaco De Magistris. A nostro avviso, però, non è una buona ragione quella di candidare come contrappasso per il centro-destra un pm che proprio in questa città ha svolto larga parte della sua attività e che con questa qualifica spesso si presenta in trasmissioni televisive.

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