Luciano Violante sui veri problemi della giustizia italiana
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La separazione delle carriere? Inutile. Così come il sorteggio dei membri togati del Csm. L'ex magistrato elenca le priorità da affrontare per riformare il sistema.
Stefano Caviglia 7.10..2019, lettera43.it
«Vedo posizioni troppo ideologiche: più che di massimi sistemi ci sarebbe bisogno di una conoscenza approfondita del modo in cui funzionano i tribunali. E a volte non c’è». Luciano Violante, ex magistrato protagonista da quasi 40 anni della vita politica italiana (in parlamento dal 1979 al 2008, presidente della commissione Antimafia dal ’92 al ’94, presidente della Camera dal ’96 al 2001) richiama a una maggiore concretezza nel dibattito che accompagna da settimane la proposta di riforma della giustizia. «Finché si parla solo di norme», dice a Lettera43.it, «è difficile affrontare i problemi della giustizia italiana».
Luciano Violante, ex magistrato, è stato presidente della Camera dal 1996 al 2001.
DOMANDA. Partiamo dalla lunghezza dei processi. Che la situazione sia insostenibile è noto, ma come intervenire?
RISPOSTA. Scoprendo per esempio cosa determina questa lentezza e dove si manifesti. Anni fa cercai di capire per quale motivo un tribunale del lavoro, di cui non farò il nome, smaltiva processi a ritmo di lumaca. Mi spiegarono che il presidente di una sezione, per far vedere che lavorava di più, anziché accorpare le cause seriali (quelle che riguardano più dipendenti di una stessa azienda ndr) le svolgeva una a una come fossero processi distinti e questo abbassava la media di tutto il tribunale. La verità è che in giro per l’Italia ci sono situazioni molto diverse.
D.Finché si parla solo di norme, è difficile affrontare i problemi della giustizia italiana
Esistono strumenti per realizzare questa mappa in modo efficace e sintetico?
R. Ogni anno i procuratori generali delle corti di appello devono inviare al procuratore generale della Cassazione un rapporto sulle modalità di esercizio dell’azione penale nel distretto. Ne ho parlato pochi mesi fa in un’audizione parlamentare. Mi è sembrato che non tutti ne fossero al corrente. Suggerirei di partire da lì. Si scoprirebbe che in tanti piccoli tribunali le cose funzionano meglio che nelle grandi città e che questo peggiora il risultato medio dell’Italia.
D.Davanti a storie come questa e all’ultimo scandalo che ha travolto il Csm, è difficile dare tutte le colpe ai politici e presentare i magistrati come un modello di virtù, come fa spesso il suo ex collega Piercamillo Davigo…
R. Ho stima di Davigo, ma mi pare che in tali casi si erga a paladino della corporazione. Non condivido certi atteggiamenti aggressivi.
D. La proposta di elezione per sorteggio dei membri del Csm avanzata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede le sembra un passo nella direzione giusta?
R. No, è un’idea di cui proprio non riesco a vedere i vantaggi. Lo scandalo scoppiato l’estate scorsa ci ha mostrato i capi delle correnti che tenevano incontri notturni fra loro e con esponenti politici per promuovere non il procuratore considerato più capace, ma quello che dava più garanzie a loro, non ai cittadini. Una cosa gravissima. Ma se pure quei magistrati fossero stati sorteggiati anziché eletti, avrebbero sempre fatto riferimento ciascuno alla propria corrente e quindi non sarebbe cambiato nulla.
D.Questo significa che per risolvere certi intrecci indebiti ci vuole l’abolizione delle correnti?
R. Aboliamo la libertà di associazione? No, i problemi nascono quando c’è un uso clientelare del ruolo dei capi delle correnti. Ma è un rischio che si può attenuare di molto.
D.Davvero?
R. Un esempio: nel Csm esistono posizioni rilevanti e molto appetite come quelle dei segretari e dei componenti dei servizi studi cui oggi si accede in base a criteri di equilibrio fra le correnti. Sarebbe invece importante assegnare quelle responsabilità per concorso, come avviene per i funzionari parlamentari.
D.E perché non si fa?
R. Tempo fa la maggioranza del Csm, replicando a un suo autorevole componente, il dottor Nello Nappi, sostenne che questo non era possibile, perché la relativa legge era stata abrogata. Ma non è così. Sarebbe ora di mettere in pratica quella norma o, se ci soni dubbi di riapprovarla.
D. Nei giorni successivi allo scandalo del Csm il suo partito, il Pd, si è mostrato disponibile alla separazione delle carriere, dopo aver sostenuto per decenni la posizione contraria. È una linea che condivide?
R. Per quel che riguarda il Pd deve chiedere ai responsabili del partito. Personalmente resto contrario alla separazione delle carriere, che tra l’altro avrebbe un impatto quasi irrilevante, visto che magistrati che passano da una parte all’altra ormai non ce ne sono quasi più. Del resto in Italia i processi si concludono al 40% con un’assoluzione, segno che le difese non sono penalizzate e i giudici non si fanno condizionare dai procuratori.
D. Non esiste un problema di tutela dei diritti del cittadino di fronte all’azione della magistratura?
R. Ci sono leggi fondate sul sospetto. Pensi alla confisca dei beni per imputazioni che non hanno nulla a che fare con la mafia. Non mi stupirei se per questo tipo di confisca arrivasse una sanzione all’Italia da parte della Corte di giustizia europea.