1-Il golpe dei magistrati: noi contro il governo razzista e xenofobo
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- Categoria: Giustizia
Attacco a Lega e M5s al congresso di Area La leader boccia «politiche governative» e leggi
Stefano Zurlo - Mer, 12/06/2019 - 09:02 www.ilgiornale
1-Le parole sembrano pronunciate da qualche leader dell'opposizione. E invece no. Sorpresa: a scandire un attacco furibondo al governo gialloverde è una delle voci più titolate della magistratura italiana.
È Maria Cristina Ornano, segretario di Area, la componente di sinistra delle toghe italiane, a rendere incandescente il congresso della corrente. La sua relazione è un susseguirsi di giudizi affilatissimi: «La Lega, partito di matrice leaderistica, declina la sua offerta politica in chiave nazionalista, sovranista, populista, razzista e xenofoba». Ai 5 Stelle va un po' meglio: «Il Movimento 5 Stelle, non esente anch'esso da spinte leaderistiche, trova la sua legittimazione nella base della piattaforma Rousseau e su un consenso tutto giocato sul terreno di una politica populista».
Può parlare in questo modo un magistrato chiamato ad amministrare la giustizia in nome del popolo italiano? Tutto il popolo italiano? Eccome se può: questo è accaduto a Roma nei giorni scorsi, nell'adunata di quelle che un tempo si chiamavano le toghe rosse e oggi fanno capo ad Area. Ornano è inarrestabile e si produce in una serrata analisi del contratto di governo che regge l'inedita e traballante alleanza fra i due partner: «Nel nostro Paese abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo, un contratto di governo, che a ben vedere pare un non senso politico». E perché mai? «Perché - è la pronta risposta - se la politica è mediazione e sintesi anche fra posizioni distanti e diverse, non è dato comprendere come questo possa accadere nella logica del do ut des».
Giudizio severo, ma la vera questione è un'altra: a che titolo un magistrato può dare voti, tutti naturalmente bassissimi, alla Lega, ai 5 Stelle e all'esecutivo?
Domanda posta in diretta da Claudio Rinaldi per Quarta Repubblica, il programma di Nicola Porro andato in onda lunedì sera; ma la replica, davanti alle telecamere è disarmante: «Le mie sono valutazioni tecnico giuridiche».
Un diluvio di scomuniche e anatemi accolti, a quanto sembra, senza particolari scossoni dalla folta platea proveniente da tutta Italia, anche se qualche imbarazzo si coglie nel servizio girato da Rinaldi. Avanti, dunque, con fulmini e saette: «Il parlamento appare essere sempre meno quel luogo, disegnato dalla Costituzione repubblicana, di confronto e di sintesi fra le diverse opzioni politico-culturali, per assumere sempre più spesso un ruolo notarile di ratifica di decisioni già prese dal Governo, o peggio, in taluni casi, altrove».
Ornano punta il dito contro il già bersagliatissimo Forum delle famiglie di Verona, poi infilza «buona parte delle politiche governative», bocciando una raffica di provvedimenti: «Decreto sicurezza, autodifesa legittima, riforma delle autonomie, sicurezza bis, decreto Pillon». Ma questa contrarietà, spiega il segretario di Area, non è preconcetta, ma nascerebbe dalla «problematica compatibilità costituzionale di questi interventi normativi».
La difesa della Costituzione giustificherebbe quindi una serie di plateali interventi a gamba tesa. Ornano anticipa eventuali obiezioni: la linea dura «non intacca la nostra imparzialità e terzietà perché ci rende leggibili». E può quindi lanciare la scomunica finale: «L'opzione securitaria porta con se un progetto e una visione di società in cui noi magistrati progressisti non possiamo riconoscerci perché é un progetto che postula una società chiusa». Non è una sentenza. È una condanna.
2-Ornano, la pasionaria delle toghe rosse
La giudice sarda segretaria di Area perpetua la tradizione politica di Md
Stefano Zurlo - Mer, 12/06/2019 - 09:06
È il congresso di corrente. E Maria Cristina Ornano va a briglia sciolta. Succedeva nel passato, esattamente come nei meeting dei partiti, accade anche oggi.
Ma colpisce la disinvoltura con cui la leader di Area, un pezzo della magistratura e non del Pd o di Rifondazione, colpisce e affonda i partiti di governo, nominandoli in lungo e in largo. Ornano è il segretario nazionale di Area che a sua volta nasce dalla saldatura di due componenti della sinistra giudiziaria italiana: Magistratura democratica, vivacissima e storica casa di tante toghe rosse, e il Movimento per la giustizia, fondato sul finire degli anni '80 da Armando Spataro.
Ora c'è un nuovo contenitore, adattamento a questi tempi turbinosi e difficili, e le ultime generazioni scalpitano. A Roma, in platea, ci sono le icone, le facce riconoscibili che per un verso o l'altro hanno segnato le passate stagioni: il protagonismo mediatico della magistratura, le sue grandi battaglie, i duelli interminabili - a volte dalle solide motivazioni, in qualche caso sotto la spinta dell'ideologia - con la politica. Ecco Edmondo Bruti Liberati, Valerio Onida, Giovanni Maria Flick. Ma la relazione introduttiva spetta a lei: Maria Cristina Ornano, sposata, due figli, giudice al tribunale di Cagliari. Obiettivamente, sconosciuta ai più.
Ma questo è un problema che non riguarda solo lei: l'epoca dei Di Pietro, dei Caselli e delle Boccassini volge al termine. Oggi i giudici sono, almeno nella percezione collettiva, più defilati. Più distanti dalle prime linee della società, intasate dalle questioni dei migranti e della crisi economica. Potrebbe essere l'occasione per avviare una riflessione più pacata e distesa, anche perché fuori quel che arriva all'opinione pubblica non è proprio da incorniciare: lo scandalo innescato dall'inchiesta di Perugia, i sospetti imbarazzanti, il Csm semiparalizzato e sull'orlo di un regolamento di conti fra correnti, il nome di Luca Palamara spalmato tg dopo tg a mostrare non successi e manette ma trame di potere e meschinità. Ma l'opportunità non viene colta, forse perché i congressi di corrente, anche nei giorni in cui la lottizzazione degli incarichi è oggetto di feroci critiche, devono andare cosi. Ornano arringa come una pasionaria prestata da un'assise della sinistra piu' radicale. Nel suo curriculum racconta di essersi occupata di « criminalità organizzata, traffico di armi e stupefacenti, rapine e sequestri di persona». E ancora, il magistrato spiega di aver seguito numerosi procedimenti «per omicidio volontario, tratta e riduzione in schiavitù, pedopornografia e violenza sessuale». Ma la sua passione è la politica, da sempre un pallino delle toghe progressiste. Negli anni '70 Md, la sigla da cui proviene e di cui è stata segretario regionale, predicava il superamento dello stato borghese. Ora l'avversario, sempre per conto del popolo italiano, è Matteo Salvini. E la sua linea «razzista e xenofoba». Testuale. I tempi cambiano, la storia si ripete.