La nuova prescrizione? «Una presa in giro»
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Le schermaglie tra Matteo Renzi e Piercamillo Davigo riportano la prescrizione al centro del dibattito sulla Giustizia. La nuova legge è ferma al senato da un anno. Anche tra i Dem c'è chi la definisce già «una presa in giro»
di Luca Rinaldi 28 Aprile 2016 - 12:00 Linkiesta
C’è voluto un filotto di dichiarazioni del nuovo presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Piercamillo Davigo per riportare al centro del dibattito politico il tema della riforma della prescrizione, impolverata nei cassetti del senato da un anno e in parlamento da più di due. Una riforma che sconta la divisione tra la proposta firmata da sette deputati del Partito Democratico, e di cui è relatrice in Commissione Giustizia al Senato Rosaria Capacchione, e il Nuovo Centrodestra che rimane pur sempre uno dei partiti che compone la maggioranza.
La miccia l’ha riaccesa forse inconsapevolmente lo stesso Matteo Renzi all’indomani dell’inchiesta sul caso petroli in Basilicata pregando i magistrati «di arrivare a sentenza», e ha poi rincarato la dose con l’intervento in Senato con il suo «Io sono per la giustizia sempre, non per i giustizialisti. Credo nei tribunali, non nei tribuni. Credo nelle sentenze sempre, non nelle veline che violano il segreto istruttorio».
Davigo dal canto suo fa capire che a sentenza spesso non ci si arriva a causa della prescrizione, riportando così il tema al centro dell’agenda politica. Sono 604, a oggi 28 aprile, i tempi parlamentari del disegno di legge. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando dalle colonne di Repubblica si è sbilanciato: «credo sia ragionevole pensare di chiudere entro l’estate».
Sono 604, a oggi 28 aprile, i tempi parlamentari del disegno di legge. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando dalle colonne di Repubblica si è sbilanciato: «credo sia ragionevole pensare di chiudere entro l’estate»
Un ragionamento che anche dentro il Partito Democratico sembra essere più che altro un miraggio e una dichiarazione in attesa di acque più calme. La proposta in discussione in Commissione Giustizia al Senato, licenziata l’anno scorso dalla Camera prevede sostanzialmente un blocco dopo il primo grado di giudizio e 3 anni in più tra Appello e Cassazione. Insomma, non si tocca la prescrizione in quanto tale, ma il percorso del processo. Una mediazione che anche all’interno del Pd, da parte di alcuni viene vista come «una presa in giro prodotto di un provvedimento edulcorato alla Camera che avrebbe dovuto partorire una interruzione della prescrizione all’atto del rinvio a giudizio». Con le vecchie norme negli ultimi dieci anni sono stati quasi un milione e mezzo i processo andati al macero via prescrizione.
L’oggetto del contendere rimane sempre lo stesso: cosa deve essere la prescrizione in Italia? Una sacca di impunità oppure un istituto di economia giudiziaria? Per la dottrina la prescrizione fa sì che ci sia un termine entro il quale un reato può essere perseguito dalla legge, per evitare di celebrare processi quando lo Stato non ha più interesse a punire il fatto e a reinserire il reo, essendo trascorso troppo tempo. Il termine per la prescrizione affonda le basi del calcolo sulla base del massimo della pena prevista nel Codice, ed è proporzionato alla gravità del reato. A non cadere mai in prescrizione sono i reati puniti con l’ergastolo come l’omicidio volontario o il reato di strage.
I reati, insomma, scadono ma l’eterna discussione riguarda sempre il momento in cui l’orologio parte. E l’Italia è un caso quasi unico in Europa: il calcolo della prescrizione parte nel momento in cui viene commesso il fatto e non quando il reato e il possibile autore vengono scoperti. «Una assurdità» l’ha definita il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberto in una intervista al Fatto Quotidiano. La prescrizione continua a galoppare durante tutto l’iter processuale e non si interrompe mai, né all’avvio dell’azione penale, né dopo le sentenze di primo e secondo grado. Si corre insomma fino alla pronuncia definitiva in Cassazione. Tutto in nome dei «tempi ragionevoli del processo», anche se di ragionevole, in questo metodo di calcolo sembra esserci poco.
La proposta in discussione in Commissione Giustizia al Senato, licenziata l’anno scorso dalla Camera prevede sostanzialmente un blocco dopo il primo grado di giudizio e 3 anni in più tra Appello e Cassazione
Negli anni sono state celeberrimi i salvataggi, soprattutto dei colletti bianchi grazie alla prescrizione. Da silvio Berlusconi, prescritto per la corruzione giudiziaria della Mondadori, per i falsi in bilancio Fininvest e per le mazzette versate a David Mills, al “maradona” delle poltrone Fabrizio Palenzona salvato dalle accuse di una presunta ricettazione nel periodo delle scalate bancarie. In mezzo altri casi più o meno noti e vittime che non hanno avuto giustizia.
D’altronde una prima riforma della prescrizione, la famosa “Ex Cirielli”, è avvenuta nel 2005 con l’innovazione principale di dimezzare la prescrizione per gli incensurati. Ad esempio la corruzione, giusto per rimanere ancorati al dibattito odierno, che si prescriveva in quindici anni oggi si prescrive in sette e così via per tutti gli altri reati. La legge divenne “ex Cirielli” perché lo stesso relatore della legge, Edmondo Cirielli, dopo le modifiche dei rami parlamentari l’ha rinnegata. Interventi legislativi successivi hanno modificato la normativa per alcuni classi di reato (tra cui la corruzione che con il nuovo testo in discussione tornerebbe a prescriversi in sostanza in quindici anni e mezzo).
Oggi si ritorna punto e a capo, con i numeri che indicano come gran parti dei procedimenti risultino archiviati per prescrizione dal giudice per le indagini preliminari, cioè ancora prima di approdare a un processo. Molti reati infatti, tra cui quelli ambientali o le corruzioni non sempre manifestano effetti e vengono indagati in tempi rapidi. Una questione che porta al centro anche una questione apparentemente lontana dall’istituto della prescrizione: l’organico della magistratura. «Tutti vogliono che i magistrati emettano sentenze - dice a Linkiesta Lucrezia Ricchiuti del Partito Democratico, tra le fila di coloro al momento in disaccordo con la legge passata alla Camera - devono anche essere messi in condizione di farlo andando a colmare le carenze di organico e vigilando affinché non ci siano sacche di inoperosità».
Su questo punto è stata Giulia Bongiorno, avvocato ex An, Pdl e Fli, a mettere l’accento su un tema non secondario: «Renzi - ha detto Bongiorno intervenendo a Ballarò - deve dirci come si faranno processi più veloci a costo zero». Dovendo colmare le carenze di organico della magistratura, è evidente che processi più veloci a costo zero non si potranno fare. Insomma, la nuova legge sulla prescrizione si sta prescrivendo.
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