La politica è morta. Quindi tutti la fanno
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Da Montezemolo a Samorì. Oramai ogni giorno nasce un nuovo partito-movimento. Dove dentro si trova tutto e il contrario di tutto. di Paolo Madron
Una volta c’erano i partiti, la loro classe dirigente, cui si accedeva dopo aver passato uno straccio di selezioni, persino scuole - vedi la mitica comunistissima Frattocchie - dove ti insegnavano che politico non ci si improvvisava da un giorno all’altro.
Una volta, appunto. Oggi invece la politica la vogliono fare tutti, un po’ con la scusa che bisogna spazzare via gli orpelli del passato (come se non ci pensassero loro direttamente a farlo) un po’ perché dal disastro della partitocrazia intravvedono l’alba di un nuovo mondo dove è bene attrezzarsi per non stare ai margini.
Così assistiamo un po’ perplessi alla moltiplicazione di gruppi, club, movimenti, protagonisti della prima e dell’ultim’ora che sgomitano per salire sul palcoscenico e dire la loro. Ed è tutto un quotidiano rosario di presentazioni, convegni, convention dove ciascuno mette in mostra la propria mercanzia. E si propone.
MONTEZEMOLO E SAMORÌ IN CAMPO. Sabato 17 novembre, troppa grazia, è toccato contemporaneamente a Luca Cordero di Montezemolo e all’avvocato-banchiere Gianpiero Samorì alimentare la serie infinita delle discese in campo. O, nel caso del presidente della Ferrari, a bordo campo visto che a candidarsi direttamente non ci pensa proprio.
Ebbene, di questi raduni colpisce l’eterogeneità dei partecipanti. A quello montezemoliano di Verso la Terza Repubblica c’era di tutto: cattolici come il ministro Riccardi e il capo delle Acli Olivero, vecchie volpi democristiane come il presidente della provincia di Trento Lorenzo Dellai, scrittori, registi, professori, burocrati, manager, economisti, nani, ballerine che, a scorrere la lista, sembrano c’entrare nulla l’uno con l’altro.
POLITICA, L'ORA DELLA DIFFERENZA. Perché, a meno che i legami non ci sfuggono, che ci azzeccano, per dirla alla Di Pietro, il cattolicissimo Olivero e i fratelli Vanzina? E il bon viveur Mario D’Urso con il sindacalista Bonanni? E l’onnipresente Givanni Malagò con la rettora dell’Università di Perugia Giannini? L’economista Tinagli e il finiano ex assessore Croppi?
Mah. Sarà che, dando retta a un vecchio refrain rispolverato per l’occasione, tutti servono a fare squadra. Sta di fatto che un nuovo modo di fare politica di tutto avrebbe bisogno meno che di questi all inclusive dove all’insegna di un velleitario, se non peggio interessato, voler fare si mettono insieme degli scombinati accrocchi.
Pensiamo che mai come ora la politica debba essere il luogo della selezione e della differenza, non un ecumenico rassemblement di famosi la cui passata biografia non autorizza a speranze di rigenerazione.
Per inciso, molti di quelli che applaudivano entusiasti alla nascita del nuovo partito-movimento sono gli stessi che, se non hanno contribuito direttamente a provocarle, hanno generosamente profittato delle storture della Prima e della Seconda Repubblica.
FEDE TRA I MODERATI PER LA RIVOLUZIONE. Infine, guardando a the other place, il campo berlusconiano, c’è la stella Samorì che a Chianciano ha battezzato ufficialmente il suo movimento-litote Moderati per la rivoluzione.
Raccontano le cronache che ad applaudire entusiasta in prima fila c’era Emilio Fede, che del banchiere si dice intimo amico e supporter.
Ci sarebbero ragioni per finirla qui. Aggiungiamo solo che anche Samorì, com’è toccato ai candidati Pd alla primarie, ha voluto snocciolare il Pantheon dei suoi storici riferimenti. E ci ha messo dentro Galileo, De Gasperi e Berlusconi. Invece l’uomo ragno e Briatore sono rimasti incredibilmente fuori.
Domenica, 18 Novembre 2012