Immobili, riclassamento solo se motivato.
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Il riclassamento catastale di un immobile deve essere adeguatamente argomentato. Se
l’Agenzia del territorio si limita ad attribuire una nuova rendita utilizzando espressioni «generiche e adattabili a qualsivoglia situazione di fatto e di diritto» la rettifica è nulla per difetto di motivazione. Così si è espressa la sezione 5° civile della Cassazione con la sentenza n. 9629/12, depositata ieri, che ha confermato il verdetto pro-contribuente già emesso prima dalla Ctp di Napoli con la sentenza n. 553/40/2007 e poi dalla Ctr Campania con la pronuncia n. 177/52/2009. Il caso riguardava un cittadino partenopeo che si opponeva in giudizio alla riclassificazione catastale operata sulla sua abitazione dall’Agenzia del territorio, su input del comune di Napoli. Città nella quale, peraltro, la procedura di rideterminazione delle rendite ritenute non più attuali ha riguardato circa 57 mila immobili (situati nei quartieri del Vomero, dell'Arenella, dell'Avvocata e di Chiaia), dando luogo a migliaia di ricorsi.
L’articolo 1 della legge n. 311/2004, infatti, ha dato facoltà ai municipi di richiedere al Territorio la revisione del classamento degli immobili di proprietà privata in due ipotesi: o quando i fabbricati risultano situati in microzone per le quali il rapporto tra valore medio di mercato e valore medio catastale presenta una discrepanza superiore al 35% (comma 335) oppure laddove siano intervenute variazioni edilizie che abbiano mutato la qualità del fabbricato (comma 336). Va tuttavia sottolineato che i comuni italiani ad aver attivato la procedura legata alle microzone sono pochi: tra questi Bari, Ferrara, Spoleto, Orvieto, Casale Monferrato, Mirandola, Cervia, Castellaneta, Spello, Ravarino e soprattutto Milano, dove gli avvisi di accertamento sono stati più di 30 mila, in gran parte impugnati in Ctp (si veda ItaliaOggi del 26 gennaio 2010).
Con la decisione di ieri la Suprema corte sancisce un principio che può incidere notevolmente sul contenzioso di massa ancora in corso. Secondo i giudici di legittimità, «quando procede all’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del territorio deve specificare se tale mutato classamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare oppure a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona», si legge nella sentenza. Nel primo caso (ex comma 336) l’ufficio deve indicare le trasformazioni edilizie intervenute. Nell’altra ipotesi (comma 335), l’Agenzia «deve indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, rendendo così possibile la conoscenza dei presupposti del riclassamento da parte del contribuente», evidenziano i giudici ermellini.
Nella vicenda in questione, invece, nonostante il passaggio dalla categoria A/5 (abitazione ultrapopolare) alla A/2 (abitazione civile) sembrerebbe lasciar intendere delle migliorie strutturali, l’atto di accertamento risultava del tutto generico, senza spiegare neppure quale delle due tipologie di revisione fosse stata implementata. Come già rilevato dalla magistratura di merito, quindi, il provvedimento viene giudicato nullo per difetto di motivazione.
Nell’analizzare gli altri motivi di ricorso, seppur assorbiti dalla predetta decisione, la Cassazione ricorda che ai fini della validità della modifica delle rendite catastali urbane non sempre è indispensabile il sopralluogo preventivo del verificatore (per esempio laddove non siano intervenute variazioni edilizie oppure a seguito di una denuncia di variazione catastale presentata spontaneamente dal contribuente). Se il restyling avviene nel quadro di una revisione generale di intere microzone divenute nel tempo di maggior pregio, però, l’Agenzia è obbligata a indicare nell’atto di riaccatastamento i criteri e i parametri utilizzati. Di Valerio Stroppa Italia Oggi 14.6.2012