Renzi e la guerra in Libia. Perché adesso il problema
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si chiama anche Baghdadi. La Farnesina chiede agli italiani di lasciare il paese, lo Stato islamico ha ventuno cristiani egiziani in ostaggio
di Daniele Raineri | 13 Febbraio 2015 ore 20:11 Foglio
Roma. Venerdì il ministero degli Esteri ha chiesto agli italiani di lasciare la Libia, almeno per qualche tempo, perché il paese è diventato troppo pericoloso a causa della presenza in forze dello Stato islamico. Secondo un’indiscrezione di Repubblica, il premier Matteo Renzi vorrebbe chiedere all’Onu l’approvazione di una risoluzione che legittimi l’invio di un contingente di peacekeeping – per risolvere il problema del traffico di migranti verso l’Italia. Secondo indiscrezioni del Foglio, della cosa si discute da almeno tre mesi. Ora al problema delle stragi in mare si affianca il problema di una Libia fuori controllo.
Da dicembre si discute anche la chiusura dell’ambasciata italiana a Tripoli, la sola rimasta (venerdì l’Italia ha evacuato l’ambasciata in Yemen per ragioni di sicurezza), e dopo l’attacco suicida in pieno giorno all’Hotel Corinthia di due settimane fa la questione s’è fatta più pressante. Secondo una fonte del Foglio in Libia che preferisce restare anonima, il rischio concreto è quello di una caccia agli stranieri occidentali per farne ostaggi – due ostaggi italiani rapiti nel 2014 erano stati liberati dalla Farnesina lo scorso novembre, ma le condizioni sul posto stanno peggiorando così rapidamente che questi ultimi tre mesi fanno la differenza. La caccia è già cominciata contro francesi e americani soprattutto nei dintorni degli impianti del gas e del greggio a est.
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Dopo un lungo periodo di prudenza strategica, il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi è uscito allo scoperto nel paese e questa settimana ha preso l’area sulla costa vicino alla città di Sirte e ha occupato un ospedale e la sede di una radio nazionale – da cui ora trasmette non stop gli audio di Baghdadi e del portavoce Abu Mohamed al Adnani. A Bengasi sono state trovate quaranta teste mozzate, secondo fonti mediche locali, ma è una notizia non collegata e per ora non c’è un’attribuzione chiara di responsabilità.
Lo Stato islamico sta sfidando i tre poteri forti che si contendono la regione: il fronte islamista che governa da Tripoli, il fronte laico che sta a Tobruk (e che è in guerra con il fronte islamista) e il governo egiziano che tiene d’occhio la situazione nel paese confinante mentre parteggia apertamente per Tobruk.
Due giorni fa il gruppo di Baghdadi ha pubblicato il settimo numero della rivista ufficiale in inglese, Dabiq, che annuncia un’accelerazione della campagna libica – la lettura di due articoli in particolare suona come una dichiarazione di guerra. Uno è sul raid contro il Corinthia e definisce “murtaddin”, ipocriti, i soldati del fronte islamista di Tripoli che sono intervenuti contro i kamikaze. La definizione è una scomunica diretta del fronte, che è dichiarato “finto musulmano” e per questo entra automaticamente sulla lista dei bersagli come confermato anche in un altro manifesto libico del gruppo che dice: “Li combatteremo ovunque”. Il secondo pezzo mostra due fotografie di ventuno cristiani copti egiziani rapiti a dicembre e gennaio nella zona di Sirte e ora esibiti con i parafernalia già visti in altri video girati in Siria e Iraq: gli ostaggi inginocchiati con le tute arancioni stile Guantanamo (equivalenti a una condanna a morte), i carnefici in piedi con i coltelli in pugno – come in un video pubblicato a novembre che mostrava l’uccisione di ventidue militari siriani. Si tratta di un messaggio diretto (oltre che contro i cristiani) al governo egiziano e al presidente Abdel Fattah al Sisi – che venerdì ha annunciato la creazione di una task force speciale per occuparsi del caso. Venerdì le famiglie dei copti rapiti hanno manifestato al Cairo con lo slogan: “Dov’è Sisi? Dov’è Sisi?”.
L’articolo su Dabiq mostra i copti sequestrati e tutto fa pensare che possa uscire un video di un’esecuzione, ma si è capito nei mesi scorsi che il gruppo segue una sua strategia con i media, e manipola il calendario delle notizie.