Che s’è fumato Berlusconi?
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Dalla Bicamerale con D’Alema al Nazareno, spericolato a 360°, Che s’è fumato Berlusconi?
di Giuliano Ferrara | 10 Febbraio 2015 ore 17:42 domani sul Il Foglio
Si può passare in un amen dalla pratica e difesa di un patto per le rifome come il Nazareno all’opposizione senza se e senza ma, a 360° addirittura, e agli ottomila emendamenti al nuovo Senato, più denuncia di una deriva autoritaria e abbraccio corsaro con il Matteo della felpa e del “no euro”? Oppure, sempre in tema di tossicità e politica: c’è ricascato?
Nel febbraio del 1997 Berlusconi diede i suoi voti nella Bicamerale per le riforme a Massimo D’Alema come presidente. Nel giugno contrasse con lui un patto della crostata, a casa di Gianni Letta alla Camilluccia, sobborgo affluente di Roma nord, per suffragare nuovi equilibri politico-istituzionali con una nuova architettura del sistema che l’Italia cercava da oltre vent’anni. Berlusconi sembrava un padre della patria, la Costituzione più bella del mondo veniva finalmente riscritta anche grazie all’uomo unfit to lead Italy, ma il magistrato dell’ex pool di Milano Gherardo Colombo disse al Corriere in una lunga intervista che i patti di D’Alema con il Cav. sapevano di P2. Nel maggio del 1998, quindici mesi dopo l’inizio della danza riformatrice, fulminò patto e Bicamerale, accusò D’Alema di tradimento e intesa con Fini, e cominciò la rincorsa per la rivincita elettorale del 2001 contro l’Ulivo, coalizione delle sinistre, riacchiappando la Lega di Bossi e rifacendo un centrodestra maggioritario. Fu la volta che vinse e poi presiedette il governo per cinque anni, l’intera legislatura, una prima assoluta nella storia italiana. Che s’era fumato?
Il 12 novembre del 2011 Berlusconi si dimise da presidente del Consiglio e accettò, come lui dice “liberamente ma non spontaneamente”, di essere sostituito senza un passaggio elettorale dal tecnocrate Mario Monti, al quale votò la fiducia (misure di austerity incluse, Imu inclusa, pensioni incluse) fino al 6 dicembre del 2012, quando si ritirò dal patto denominato ABC ovvero A come Alfano (suo portavoce), B come Bersani e C come Casini o se volete Crostata. Riuscì, di nuovo senza alcuna paura di contraddirsi, a rovesciare tutte le sue posizioni in un istante, ad accusare i tecnocrati di avere affondato l’economia italiana e di avere disseminato il terreno di tasse ingiuste, a imbastire in poche settimane una serrata rincorsa elettorale e d’immagine che lo portò nelle elezioni del febbraio 2013 a un soffio dalla vittoria. Bersani comunque non ebbe la maggioranza in Senato, fallì la prova del governo con Grillo, fallì l’elezione del presidente della Repubblica, nonostante avesse cercato l’accordo con Berlusconi sul cattolico Franco Marini, e un Parlamento balcanizzato e senza guida elesse Giorgio Napolitano per un secondo mandato al Quirinale (prima assoluta) e varò un governo Enrico Letta di larga coalizione con cinque ministri (tra cui l’Interno) indicati da Silvio Berlusconi. Quella volta il révirement fu premiato a metà, ma politicamente Berlusconi fu il vincitore perché per primo aveva proposto un governo di coalizione bipartisan e la rielezione di Napolitano. (Anche nella stagione precedente, dopo aver licenziato la Bicamerale di D’Alema, Berlusconi diede i suoi voti per l’elezione di Carlo Azeglio Cimpi al primo scrutinio nel 1999.) Che s’era fumato Berlusconi?
Ora nel 2015 siamo una condanna dopo, una scissione di opportunisti ministeriali dopo, siamo sulla soglia degli Ottanta, come sempre con un partito berlusconiano frantumato negli interessi di gruppo e particolari eccetera. Siamo anche nel dopo-Nazareno, il patto che ha consentito a Matteo Renzi di sloggiare Enrico Letta e di salire al governo mentre Berlusconi, senza passaporto e privato della libertà personale entro i limiti dell’affidamento ai servizi sociali, faceva ruotare su di sé, come su un perno, le maggiori scelte politico-istituzionali della nazione, dalla legge elettorale alla riforma costituzionale, e assisteva alla liquidazione da lui propugnata e sognata da quindici anni dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Anche in questo caso la sinistra manettara, mediatica e giudiziaria non ha avuto dubbi nei suoi anatemi: il tutto sa di losco, di segreto, di incofessabile, e visto che c’è DenisVerdini di mezzo come grande mediatore, stavolta non sarà la P2, sarà la P3 o la P4. Niente. Berlusconi dopo l’elezione del cattolico Sergio Mattarella, pur “ottima persona” dice lui, accusa Renzi di tradimento e prepara le elezioni, senza la garanzia stavolta né della data né di partecipare personalmente, con la sua forza di trascinamento; e con una situazione della coalizione potenziale molto imbrogliata, uno sta al governo e l’altro fuori dall’euro (e il partito un po’ fuori di testa). Ma, regionali a parte, si potrebbe votare con il proporzionale, e alla fine morto un patto se ne farebbe un altro. Che s’è fumato Berlusconi? Siamo sicuri che ci sia ricascato?