Lode allo smacchiatore. Bersani poteva fargli male

e invece ha riavvicinato Renzi alla Ditta

di Redazione | 02 Febbraio 2015 ore 19:43

Il trionfo di Renzi non si discute, ma anche la bella figura di Bersani è indubbia. Il giaguaro non l’ha smacchiato, e anzi due anni fa gli toccò l’arsura della brutta sconfitta, e una sorta di damnatio memoriae, innanzi tutto all’interno del suo partito. A un passo dal farsi macchietta, è stato Bersani, commesso viaggiatore in disarmo di una Ditta che pareva intenzionata a non riconoscergli più alcuna provvigione. Invece, in questi giorni, Bersani ha giocato benissimo la partita per il Quirinale – con equilibrio, facilitando la soluzione migliore, senza lasciarsi troppo incantare alle voci che accreditavano anche il suo nome per il Colle. Fatta, con elegante bersanata, la tara alle pretese renziane (“non portarmi il gatto di casa o Chance il giardiniere”), Bersani ha finito col riportare all’onore del mondo la minoranza di sinistra del Pd, fino all’elezione di Mattarella spersa in mille rivoli, mille improbabili facce, mille nebbiose intenzioni: una sorta di Ncd in formato portineria Nazareno. Tignosi che solo in ossequio alla pratica di “dàgli al Renzi!” più o meno trovavano una qualche giustificazione mediatica.

 Ecco perché Bersani, “ho dato un modesto contributo”, li ha fatti schierare con decisione sulla candidatura di Mattarella (saggiamente, non aveva alzato neanche barricate pregiudiziali contro Amato), ha fatto perfetto gioco di squadra con Renzi, ha dato una mano a portare a casa il risultato. Per la prima volta, dai giorni del trionfo renziano alle primarie, il fantasma della Ditta (e del suo antico, crozziano gestore) è riapparso come se avesse ancora partite da giocare nel Pd, seppur laterali, e non limitarsi ad appiccare ogni dì fuocherelli fatui di antiche sere.

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