Le carte e i conti di Renzi per allargare il patto

del Nazareno. E un profilo c’è. Incontri, mosse e gran lavoro attorno a Padoan. I due fronti tra i renziani. Rughetti: “Occhio ai poteri forti”

di Claudio Cerasa | 27 Gennaio 2015 ore 06:18 Foglio

Roma. Non c’è ancora il nome, non c’è ancora il profilo definito, ci sono alcune tracce, molti depistaggi, un paio di indizi e al massimo, dopo l’incontro avuto ieri mattina da Renzi con il gruppo parlamentare del Pd, si può inquadrare un metodo, per la successione di Giorgio Napolitano: il Pd proporrà non una terna di nomi ma un solo nome ai suoi alleati, voterà scheda bianca alle prime tre votazioni (quelle con il quorum più alto), la minoranza del Pd ieri ha accettato di ragionare sul nuovo capo dello stato muovendosi all’interno del perimetro del patto del Nazareno (lo ha riconosciuto anche Stefano Fassina), ha scelto di mettere da parte le perdite di tempo con i bamboccioni a cinque stelle (non ditelo a Pippo Civati) in cambio di un nome da proporre stasera a Forza Italia che sia stato prima scelto con i pezzi grossi del Pd.

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L’agenda quirinalizia è fitta e vale la pena spiegarla per capire quali passi verranno fatti per allargare ad altri partiti il patto del Nazareno. Renzi incontrerà stamattina la delegazione dei partiti di centro, poi riceverà Udc e Ncd, quindi alle 12.30 la Lega, alle 19 Forza Italia, alle 20.15 Sel. La prima votazione sarà giovedì alle 15, la seconda e la terza saranno venerdì, e sabato, come ha detto spavaldo ieri Renzi, dovrebbe esserci la quarta votazione, “quella decisiva”. Il presidente del Consiglio aveva promesso che avrebbe presentato il suo candidato “24 ore prima del voto”, ovvero domani sera, ma con ogni probabilità il nome verrà fatto tra la sera di venerdì e la mattina di sabato (e se dovesse essere fatto prima sarebbe solo a una condizione: un nome certo da spendere alla prima votazione). Sul nome, a poco a poco, inizia a esserci qualche incertezza in meno. E non tanto su quello che sarà il candidato dei nazareni ma per quello che oggi è il candidato con cui Renzi si presenterà dagli alleati: Padoan, ministro dell’Economia. E’ il profilo scelto da Renzi, non si sa se per nasconderne un altro o per arrivare in fondo con questo nome, è un profilo che piace alla vecchia guardia dei Ds (D’Alema, Letta, Bersani), ed è un profilo che risponde a un requisito ricercato sia dal premier sia da Berlusconi: un volto legato alla politica ma non legato alle vecchie correnti del Pd. L’identikit sembra essere questo ma tra i renziani c’è chi suggerisce di tenere conto di altre caratteristiche. Un esempio?

Sentite cosa dice al Foglio Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, renziano di ferro. “Credo che l’approccio del presidente del Consiglio sia quello giusto e la linea del ‘non accettiamo veti da nessuno’ è quella corretta. Per liberarci dal rischio che ci sia qualche potere forte che voglia avere una voce in capitolo su questa partita, bisogna fare uno sforzo e concentrare le nostre forze su profili che non abbiano etichette scadute. Io penso che al paese non serva solo un rigido interprete della Costituzione ma una personalità che sappia raccontare la storia delle riforme che stiamo facendo e la bellezza della politica. Un presidente per i cittadini e non per l’apparato. E poi, basta con la storia della caratura internazionale. Togliamoci questa mentalità subalterna tipica di una parte politica ed eleggiamo un presidente per gli italiani e non per le cancellerie. La credibilità del nostro paese sta nelle riforme portate avanti con determinazione dal presidente del Consiglio e votate, tutte, dal Parlamento e nella voglia del nostro popolo di ritrovare la fiducia per riportare l’Italia nel posto in cui merita. Siamo leali interlocutori degli amici dell’Unione Europea e della Nato a cominciare dagli Stati Uniti, ma non abbiamo bisogno della pacca sulle spalle di nessuno”. Si tratta ancora nel Pd, dunque, e si tratta naturalmente anche tra le varie anime del renzismo. Sabato la partita potrebbe essere chiusa, in mattinata, i vertici del Pd e di Forza Italia hanno calcolato che sono 590 i parlamentari fedeli al patto del Nazareno e più che il fronte dei franchi tiratori (che Palazzo Chigi stima tra le 130 e le 150 unità) l’incognita è legata a un dubbio: cosa faranno gli anti Nazareni alle prime tre votazioni? Lo scenario è complicato ed è stato escluso dai grillini, ma se il 5 stelle dovesse cambiare idea e proporre Prodi il timore di Renzi è che attorno a quel nome (o a qualcun altro) potrebbe frantumarsi il patto del Nazareno.

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