Ma Poroshenko è credibile come leader di guerra?
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Vola a Davos e Riad e chiede aiuto a occidente, sul campo è un disastro
di Daniele Raineri | 27 Gennaio 2015 ore 06:18 Foglio
Roma. Il presidente ucraino Petro Poroshenko continua a cercare un appoggio militare che l’occidente non può dare e nell’ultima settimana è volato a Davos in Svizzera e ai funerali del sovrano saudita, entrambi appuntamenti molto visibili con l’élite internazionale. La guerra lanciata nel sud-est dell’Ucraina contro i separatisti sta andando in modo disastroso e secondo alcuni commentatori mette in questione la sua credibilità. A partire dal nome scelto nell’aprile scorso, “operazione antiterrorismo”, che ha escluso da subito la possibilità di un compromesso non violento. E’ davvero Poroshenko che porterà il paese fuori dalla crisi arrivata dopo la cacciata del presidente Viktor Yanukovich?
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I russi stanno affrontando il confronto tra Mosca e Kiev alla russa. Sabato un bombardamento con razzi Grad dei ribelli filoMosca ha colpito a caso la città costiera di Mariupol’ e ha ucciso trenta civili. Ieri il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato alcuni studenti universitari a San Pietroburgo e ha detto che è sbagliato continuare a parlare di “esercito ucraino” come se esistesse davvero: “Non c’è più un esercito ucraino, in realtà c’è una legione straniera, in questo caso agli ordini della Nato, e ha obiettivi diversi dall’interesse nazionale dell’Ucraina”.
Roger McDermott, analista per l’Eurasia del Daily Monitor, scrive (il 20 gennaio, prima dei razzi su Mariupol’) che a Mosca c’è questo clima di sicurezza assoluta e che ancora una volta Poroshenko ha fatto l’errore di lanciare uno sforzo militare “pianificato male ed eseguito male” per cacciare i ribelli nell’est. “Questo avventurismo, punito così severamente dal Cremlino, favorirà Putin. L’esercito ucraino non ha semplicemente alcuna chance realistica di riportare l’ordine con la forza nel Donbass: Mosca può sconfiggere facilmente quelle truppe attraverso il confine, oppure può aumentare il coinvolgimento indiretto e i rifornimenti ai separatisti”.
John Schindler, ex professore al Naval War College americano ed ex analista alla Nsa, scrive che gli sforzi estivi degli ucraini erano già finiti in disastro e “le truppe erano state fatte a pezzi” perché mal preparate e poco rifornite. “L’Ucraina avrebbe dovuto scegliersi allora delle posizioni più difendibili nel sud-est, ma non l’ha fatto. Invece ha cominciato l’assedio inutile dell’aeroporto di Donetsk, un obiettivo senza valore strategico se non per Poroshenko e il suo governo, che hanno detto più volte che è necessario tenerlo a ogni costo – come se l’intera Ucraina fosse in pericolo per quel cumulo inutile di macerie. Con questa retorica, ci si sarebbe aspettato uno sforzo totale per rinforzarne le difese, ma Poroshenko non l’ha fatto. I ‘cyborg’ (è il nome dato alle truppe) che hanno provato a resistere coraggiosamente a Donetsk sono rimasti in pochi, mal comandati e con pochi rifornimenti. La loro sconfitta era questione di tempo. Nel frattempo Poroshenko ha promesso la settimana scorsa con stupidità incredibile che tutta la terra ucraina persa sarà riconquistata, prima di volare a Davos. Non c’è da stupirsi che molti soldati sul fronte ucraino odino Putin ma disprezzino anche il proprio presidente” (un reportage pubblicato di recente dal Foglio tra i soldati nel Donbass raccontava come serpeggi un malumore pericoloso contro il governo centrale).
Il Telegraph scrive che ora per spostarsi da Donetsk al territorio controllato da Kiev i cittadini devono avere un permesso rilasciato da Kiev, un controsenso à la Comma 22 che non fa che aumentare i problemi quotidiani.