Le aggressive formiche dalla Turchia: ecco come

attaccano. Le «Lasius neglectus» diffuse in Europa dagli anni Novanta: dove arrivano riducono fortemente le colonie di altre formiche e anche di altre specie di insetti

di Veronica Ulivieri Corriere della Sera

Laboriose e risparmiatrici, ma anche molto aggressive e capaci in certi casi di mettere seriamente a rischio la sopravvivenza delle sorelle di altre specie. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, in uno studio da poco pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, ha analizzato i comportamenti e le strategie di combattimento delle formiche, scoprendo i meccanismi usati da questi insetti per mettere in atto gli attacchi. Sotto la lente di ingrandimento degli scienziati le interazioni – di solito poco amichevoli – tra le Lasius neglectus, specie invasiva di formiche originarie della Turchia che dagli anni Novanta ha iniziato a diffondersi in Europa, e le Lasius paralienus, specie comune nel nostro continente.

Morsi e veleni

«Le L. neglectus hanno una bassissima aggressività interna, ma sono molto aggressive con le formiche delle altre specie: quando le incontrano, se si sentono in condizioni sicure, hanno come reazione istintiva quella di attaccare, anche se in quel momento non c’è in gioco il controllo delle risorse. Sono molto piccole, ma devono gran parte del loro successo nei combattimenti agli attacchi in massa», spiega Giacomo Santini, ricercatore che ha condotto lo studio insieme ai colleghi Franco Bagnoli, Gianluca Martelloni, Filippo Frizzi e Alisa Santarlasci. Ma come combattono questi imenotteri? «Le armi a disposizione delle formiche sono due: le mandibole e il veleno secreto da alcune ghiandole dell’addome. Due esemplari si mordono, e cercano poi di piegare l’addome per spruzzarsi addosso il liquido velenoso, composto da acido formico e altre sostanze tossiche».

Ingegneri dell’ecosistema

Nonostante le loro dimensioni e l’assenza di relazioni dirette con la nostra vita di tutti i giorni, capire i comportamenti delle formiche è importante, perché questi insetti, continua Santini, «sono in grado di modificare gli ecosistemi in cui vivono», agendo da veri e propri regolatori. «In base alla loro azione, varia la presenza di altri insetti e di piante collocati più in basso nella catena alimentare. In questo modo, i loro comportamenti possono incidere anche sui vertebrati». Il caso delle L. neglectus è esemplificativo: nei formicai di questa specie possono esserci migliaia di regine, quelle cioè che poi si riproducono. Per questo, e anche per la loro capacità di resistenza a condizioni sfavorevoli come gli ambienti urbani, si diffondano molto velocemente. Caratteristiche che, sommate alla competitività della specie, stanno portando a conseguenze negative per altri esseri viventi: «Nel 2008 ci si è accorti che la L. neglectus era presente un po’ in tutta Europa, arrivata probabilmente insieme a merci e piante ornamentali. Dove arriva questa formica si osserva una riduzione della diversità biologica, sia in relazione ad altri tipi di formiche, sia ad altre specie di insetti».

Un approccio chimico

Per studiare e spiegare i comportamenti delle formiche in battaglia, gli scienziati fiorentini hanno utilizzato un modello chimico: «Gli individui vengono trattati come se fossero atomi che reagiscono». I combattimenti tra gruppi molto ampi di formiche, infatti, tendono a frazionarsi in una serie di scontri che coinvolgono piccoli gruppi o singoli esemplari, paragonati dai ricercatori a molecole e atomi, di cui è possibile prevedere il comportamento. Una chiave di lettura innovativa, applicata poche volte prima ai sistemi biologici e mai prima d’ora a studi di questo tipo, che ha permesso agli scienziati di entrare nei dettagli dei meccanismi comportamentali delle formiche. «Questo studio per noi è un punto di partenza. Il nostro modello chimico, che stiamo migliorando e testando su altre specie di formiche», conclude Santini, «permetterà di prevedere la dinamica di cambiamento di comunità complesse e di comprendere in modo più dettagliato le modalità di diffusione delle specie invasive».

28 novembre 2014 | 13:24

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