Lettere al Direttore Il Foglio 26.11.2014

Putin ha regalato l’albero a Notre Dame, la Festa dei Folli

1-Al direttore - Da “ce l’abbiamo duro” a “barra diritta”, quantomeno s’è perso qualcosa in sex appeal.

Maurizio Crippa

2-Al direttore - Credo che, in relazione alla imminente pubblicazione del piano Juncker di 300 miliardi del quale sono state date ampie anticipazioni, anche la baldanza del governo per quel che riguarda i rapporti comunitari, che Ella unisce giustamente alla scarsa radicalità, si sia ridotta perché si tratterebbe, salvo modifiche,  della classica prospettiva che, alla prova dei fatti, “desinit in piscem”. A poco a poco, si sta scendendo a un programma di investimenti previa la costituzione di un fondo di 21 miliardi (prima erano 40, poi 30, anche essi insufficienti), con un apporto della Bei per 5 miliardi e il resto a carico dell’Unione; il fondo dovrebbe avere una leva di 1 a 15, secondo le migliori tradizioni dei fondi speculativi. Se non vi saranno modifiche, si potrà, dunque, dire che la montagna avrà partorito il “ridiculus mus”. Se poi si pensa che questo piano avrebbe dovuto essere la principale concretizzazione della “flessibilità nell’applicazione delle regole”, si può ora misurare la distanza tra il “cinguettio” e le riforme per cui si può concludere, capovolgendo l’arguta osservazione contenuta in un articolo del Foglio del 25 novembre, che a tracciare il solco è il primo e che le riforme arrancano, con le assai  deboli forze, nel tentare di difenderlo. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

3-Al direttore - Crollo di Forza Italia in Emilia e in Calabria. Per Fitto è venuto il momento di azzerare tutto. Zero fitto.

Massimo D’Oria

4-Al direttore - Mentre i Rockefeller lasciano lo storico palazzo sulla Quinta strada, la Notre Dame del capitalismo americano, e non guarderanno dunque l’accendersi delle luci sull’albero di Natale della Rockefeller Square, a Parigi un assai poco misterioso campanaro suona le campane di Notre Dame. Lo zar di tutte le Russie Vladimir Putin ha infatti regalato il grande abete che dominerà la festa del Natale a Notre Dame. Cos’è il capitalismo, infatti, se non la Festa dei Folli?

Michele Fronterrè

5-Al direttore - Bisogna aggiornare la sua lettera guicciardiniana (ma di tono vivace) “Caro Cav., decida”. Dopo il disastro regionale di FI ma soprattutto dopo la caciara dei suoi uomini (e donne) non resta che dire: “Se dosadí Berlusconi, io scioglierei subito il partito ed entrerei nel partito nazionale di Renzi, tessera davvero n. 1”. Naturalmente gli andrebbe garantita per acclamazione la presidenza del partito (trovare un piccolo incarico per acquietare Orfini non pare un problema).

Francesco Miozzi

6-Al direttore - Il Papa a Strasburgo. Magnifico discorso in un’Aula massonico-progressista.

Giuliano Galassi

7-Al direttore - Se la democrazia è partecipazione la renitenza al voto è un attentato al governo politico dello stato. Nessuno può dichiararsi imperatore per elezione dei pretoriani di corte, credere di essere signore perché il 37 per cento ha votato scegliendo il presidente di regione con il 40 per cento di quella misera percentuale è un colpo di stato democratico, ottenuto per tacito rifiuto alla compromissione politica dei “subietti” alla prevaricazione del potere. Ne deriverebbe che i cittadini sono sciolti dall’obbligo di ottemperare a tutte le imposizioni fiscali decise dai rispettivi collegi, non hanno credenziali per imporre alcunché, ma noi sappiamo che in Italia tutte le leggi sono prescritte, tranne quelle fiscali; lo stato non impone la pena di morte, ma la devoluzione al fisco di tutte le sostanze dei cittadini, della testa dei suoi cittadini non sa che farsene, mentre del suoi tesori ha interesse a ripeterli per tutte le generazioni future, tutto fatto passare come educazione etica alla fiscalità, dove va a ficcarsi l’etica.

Luca Sorrentino

8-Al direttore - Pare che la Cisl abbia deciso che una sua prossima manifestazione avverrà alla mitica Stazione Leopolda di Firenze. Non sarà la nuova rivoluzione d’ottobre, però forse, a furia di picchiarli in testa, anche i sindacati nel loro piccolo si svegliano.

Mauro Solcioni

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