Appalti, stop al contenzioso
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Il governo sceglie la linea dura contro l’uso strumentale
della giustizia amministrativa che ha finito per trasformare ogni appalto in un percorso di guerra dai tempi e dagli esiti imprevedibili. Da anni, infatti, non esiste una procedura di appalto che non finisca per generare uno o più ricorsi: in alcune materie (es. mense scolastiche) il contenzioso giudiziario è una vera e propria strategia d’impresa. Non c’è dubbio che la degenerazione di questi meccanismi ha avuto come conseguenza il lievitare continuo dei costi e dei tempi, con imprese e pubbliche amministrazioni più impegnate nelle aule dei tribunali amministrativi che nei cantieri.
Con il decreto legge n. 90 di riforma della Pubblica amministrazione (la legge di conversione è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di oggi) si è deciso di darci un taglio. Da un lato intervenendo sui tempi del processo che vengono drasticamente ridotti con l’obiettivo preciso di chiudere le controversie in 45 giorni, in assenza di problemi particolari (quando ciò le parti sono presenti e non c’è bisogno di attività istruttoria). Questo significa naturalmente incidere anche sul lavoro dei giudici: anche se non si tratta di termini perentori, il rispetto dei termini previsti è un infatti un elemento importante nella valutazione del lavoro degli stessi magistrati.
Dall’altro lato si cerca di disincentivare l’accesso alla giustizia amministrativa con l’introduzione di multe per lite temeraria (e questa è una novità assoluta) che vengono calcolate in proporzione al valore del contratto. Non mancano altre forme di sanzioni piuttosto incisive, con l’obiettivo di disincentivare i ricorsi meramente dilatori o di disturbo, come l’inserimento, a discrezione del giudice, di una cauzione (che può raggiungere cifre molto alte essendo calcolata in base allo 0,5% del valore dell’opera) che potrà essere imposta alla parte ricorrente quando questa ottiene dal Tar la sospensiva, con tutti i costi, anche finanziari, che questo comporta. In pratica se il ricorrente alla fine del processo non vede riconosciute le ragioni in base alle quali ha ottenuto la sospensiva rischia di perdere la cauzione, che potrebbe essere assorbita dall’eventuale condanna al risarcimento del danno causato dalla perdita di tempo.
Altra novità del rito degli appalti, forse più di colore che di sostanza, è il numero massimo di pagine concesse agli avvocati per far valere le loro ragioni. Attualmente il codice del processo amministrativo prevede già il principio generale di sinteticità degli atti. Altra cosa però è fissare un numero di pagine massimo oltre quale ciò che viene scritto si ha come non presentato (ci sarebbe quasi da consigliare agli avvocati tendenti alla grafomania di utilizzare caratteri molto compatti, come l’helvetica narrow, se non fosse che ormai gli atti vengono letti quasi tutti a video e questo trucchetto potrebbe in qualche caso addirittura comprometterne la comprensione).
Insomma, il governo Renzi ha deciso di proseguire in modo sempre più convinto un percorso già iniziato dagli esecutivi precedenti con l’aumento del contributo giudiziario, la riduzione del numero dei Tar, e gli altri strumenti per frenare l’abuso della giustizia amministrativa. In realtà questo è solo uno degli aspetti dell’inefficienza del sistema degli appalti che, oltre all’esplosione del contenzioso, sconta anche grossi problemi di corruzione, infiltrazioni mafiose, scarsa qualità della progettazione, mancanza di risorse adeguate. Ma questa è un’altra partita.
Italia Oggi, Di Marino Longoni, 18.8.2014