NETANYAHU RIFIUTA IL TESTO PREPARATO DAGLI
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USA PER LA “TREGUA UMANITARIA”:
LA PROPOSTA OBBLIGA ISRAELE A STOPPARE LA RICERCA DEI TUNNEL, PERMETTE AD HAMAS DI CONSERVARE I RAZZI E NON DISARMARE
Anche al Cairo non piace il testo di Kerry perché assegna più risalto a Qatar e Turchia che all’Egitto che dal 2008 ha consentito di raggiungere tre tregue Hamas-Israele - Disappunto anche dall’Arabia Saudita che ha dedicato gli ultimi mesi a isolare il Qatar per il sostegno ai Fratelli Musulmani: il fatto che ora Kerry punti su Doha fa scazzare i sauditi…
Maurizio Molinari per “La Stampa”, 28 LUG 2014 09:58
Israele e Hamas sono a favore del cessate il fuoco ma ognuno lo interpreta in maniera differente, facendo riferimento a bozze divergenti. Il corto circuito diplomatico viene alla luce nel primo pomeriggio di ieri quando Hamas fa sapere all’inviato Onu Robert Serry di «accettare la tregua umanitaria» sulla base del testo preparato da John Kerry, annunciando l’adesione ad una tregua di 24 ore ma Israele si affretta ad esprimere la posizione opposta, facendo trapelare su «Haaretz» il documento integrale dell’amministrazione Usa.
Basta leggerlo per accorgersi del perché Gerusalemme lo rifiuti: obbliga allo stop nella ricerca dei tunnel, consente a Hamas di conservare i razzi e di non disarmare, mette Hamas (considerata da Usa e Ue un’organizzazione terroristica) e Israele sullo stesso livello, e non cita esplicitamente l’Egitto fra i Paesi che «sostengono il cessate il fuoco».
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, va sulle tv americane per recapitare alla Casa Bianca la replica: «Solo il disarmo di Hamas può migliorare le condizioni dei civili a Gaza» e poiché Kerry non lo prevede «è meglio la proposta egiziana» che non fa concessioni a Hamas, evitando perfino di nominarla ricorrendo all’espressione «tutte le fazioni palestinesi».
«Non consentiremo ad un gruppo terroristico di poter decidere quando tirarci i razzi addosso» tuona Netanyahu, forte di un 86,5% di concittadini contrari a fermare le operazioni militari. Anche il ministro della Giustizia, Tzipi Livni, si scaglia contro Kerry: «È un testo inaccettabile perché rafforza gli estremisti nella regione» garantendo a Hamas la possibilità di aprire negoziati formali su tutte le richieste entro 48 ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco.
Il dissenso di Livni pesa doppio per Kerry in quanto si tratta del ministro a lui più vicino sul negoziato con i palestinesi. È Obama però in serata che entra in campo direttamente. Parla con Netanyahu, si dice preoccupato del numero di morti civili e poi lancia l’affondo: serve «una tregua umanitaria immediata e incondizionata».
E getta un amo a Netanyahu parlando di «tregua duratura per garantire il disarmo dei gruppi terroristici e la smilitarizzazione di Gaza». Poi è la volta del Dipartimento di Stato che affida a fonti interne una replica al premier israeliano accusandolo di aver distorto la strategia di Kerry.
Il Cairo reagisce con una simile freddezza al testo di Kerry perché assegna più risalto a Qatar e Turchia anziché all’Egitto che dal 2008 ha consentito di raggiungere le tre tregue Hamas-Israele. All’ostilità di Gerusalemme e del Cairo per l’iniziativa di Kerry bisogna aggiungere il disappunto dell’Arabia Saudita, schierata sulle posizioni egiziane. Riad ha dedicato gli ultimi mesi a isolare il Qatar per il sostegno ai Fratelli Musulmani: il fatto che ora Kerry punti su Doha per risolvere la crisi di Gaza fa suonare molti campanelli d’allarme.
I militari del Cairo colgono l’occasione per recapitare un messaggio a Washington: annunciano di aver distrutto 13 tunnel costruiti da Hamas fra Gaza e il Sinai, con l’intento di sottolineare una convergenza di interessi strategici con Israele sempre più visibile. Come testimoniato dalla bozza egiziana, che non concede a Hamas quanto Kerry ha promesso: negoziati in tempi brevi sulla riapertura dei valichi.
Ad evidenziare il terremoto in diplomatico in corso è il presidente palestinese Abu Mazen: rimprovera a Kerry di essersi avvicinato troppo al Qatar, a detrimento dell’Egitto. Il Segretario di Stato sembra così essere riuscito a creare contro di sè una coalizione composta dai più solidi alleati di Washington: Israele, Egitto, Arabia Saudita ed Autorità palestinese.