R. e B. sono d'accordo, ma non sanno su cosa
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L'intesa tiene: tale la riflessione comune nell'intero
mondo politico. L'incontro R.-B. conferma il patto del Nazareno, oltre mezzo anno dopo la stipula.
R. ci guadagna, perché si garantisce una sponda (non indispensabile, ma ben più solida rispetto alla ricerca di sostegni presso decine di parlamentari dispersi in vari gruppi) per riforma elettorale e riforma costituzionale. Viene incontro agli impegni assunti col Quirinale. Mette in un angolo gli eterni dissidenti del proprio partito. Se la ride degli sberleffi di Beppe Grillo, il quale postula trattative pubbliche, rinverdendo, dopo quasi un secolo, le fallimentari utopie del presidente americano Woodrow Wilson sulla diplomazia senza segreti.
B., a sua volta, rimane al centro della politica. Ragionando a posteriori, dovrebbe domandarsi se non avrebbe ottenuto ben più rilevanti spazi continuando a sostenere le larghe intese. In ogni modo, l'appoggio istituzionale a Renzi spiazza i cinquestelle e gli evita il rischio di un'emarginazione. Probabilmente, il Cav. ci tiene pure ad assegnarsi un ruolo di costituente, nell'illusione che gli possa servire per parare in qualche modo i guai giudiziari, specie imminenti.
Sui contenuti, invece, ogni dubbio è consentito. Che fine ha fatto il (semi) presidenzialismo? Un Senato non elettivo conviene al centro-destra? Le preferenze non sarebbero utili a Fi e alleati? L'italicum serve a B.? Quali vantaggi reca non ridurre il numero dei deputati e mantenere un senaticchio? Insomma: quando si scava nelle materie, c'è da dubitare. I forzisti oppositori del patto del Nazareno possono avere dalla loro solidi motivi, non solo per la necessità politica di non seguire il pifferaio fiorentino, ma altresì per i concreti temi delle riforme.
Italia Oggi, di Marco Bertoncini 4.7.2014