Scontro tra est e ovest. La Bulgaria si ribella
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all’interesse russo e (per ora) blocca South Stream
Dopo una visita dall’America, sospesi i lavori al gasdotto che eviterà di passare per l’Ucraina, partecipato anche da Eni
Domenica il primo ministro bulgaro, Plamen Oresharski, ha annunciato la sospensione dei lavori per la costruzione del gasdotto South Stream, cominciati già nel dicembre 2013 e considerati di grande interesse per la Russia. Oresharski ha parlato dopo un incontro con tre senatori americani, tra cui il repubblicano John McCain: “Ho ordinato l’interruzione di tutti i lavori. Decideremo in seguito, dopo consultazioni con Bruxelles”, ha detto. Ieri però il ministro bulgaro dell’Energia, Dragomir Stoinev, è intervenuto dalla Cina sostenendo che la costruzione di South Stream “sembra irreversibile” e che la Bulgaria non abbandona il progetto. La Serbia ha annunciato che si vede costretta a sospendere i lavori per la costruzione del gasdotto, perché sul suo territorio si trova un segmento che viene dopo quello bulgaro, e finché Sofia non prenderà una decisione definitiva Belgrado rischia di costruire una tubatura allacciata al nulla.
La Bulgaria potrebbe diventare il nuovo terreno di confronto tra la Russia del presidente Vladimir Putin da una parte e l’America e l’Unione europea dall’altra, dopo l’Ucraina. South Stream è un progetto ambizioso, 2.300 chilometri di gasdotto che costeranno 45 miliardi di dollari e a partire dsl 2015 potrebbero portare 63 miliardi di metri cubi l’anno di gas russo fino al nord Italia e all’Austria, evitando di passsare per l’Ucraina (per dare un termine di paragone a questo dato: in Italia il consumo nazionale di gas nel 2011 è stato di 78 milioni di metri cubi). Nel progetto c’è anche l’italiana Eni, con una partecipazione al 20 per cento. L’Unione europea contesta alla Bulgaria che gli accordi presi con i russi non rispettano le leggi comunitarie: quando il lavoro sarà finito il monopolio sul controllo delle tariffe per servirsi dell’opera resterà alla compagnia russa del gas, Gazprom, e adesso le imprese di costruzione russe sono privilegiate secondo termini contrattuali che sono applicati automaticamente, per di più con un regime fiscale di favore, e tutte queste cose vanno contro le norme che regolano il mercato nell’Ue.
La costruzione del tratto bulgaro è stata affidata al consorzio russo Stroytransgaz, che è controllato al 63 per cento dal Volga Group di cui è proprietario Gennady Timchenko, fedelissimo di Putin, sesto uomo più ricco di Russia secondo Forbes e messo sulla lista dei sanzionati dal governo americano dopo la crisi in Ucraina.
L’interruzione dei lavori è un intoppo inaspettato per gli interessi della Russia. La Bbc ha raccontato dopo le ultime elezioni che i bulgari parteggiano per il presidente russo Putin sulla crisi in Ucraina. Un mese fa la rivista tedesca Spiegel ha scritto che l’Unione europea teme che la Bulgaria sia ormai sotto il controllo del Cremino, troppo intimidita dalla propria dipendenza energetica (il 90 per cento del gas consumato dai bulgari viene dalla Russia). La compagnia russa del gas Gazprom ha scritto al ministero dell’Energia bulgaro una lettera segreta che conteneva le bozze di una legge su South Stream. La lettera è trapelata poi sui media e raccomanda di definire il gigantesco gasdotto come una semplice “griglia di connessione”, in modo da aggirare le regole Ue.
I siti d’informazione bulgari scrivono già da una settimana che la questione South Stream potrebbe spaccare il governo di coalizione. Ne fanno parte il Partito socialista (pro russo) e il Movimento per i diritti e le libertà (più filoeuropeo). L’estrema destra sta con la Russia, ed è una costante in Europa. La sfida tra est e ovest s’allarga. Due settimane fa l’Ungheria ha chiesto la revoca dell’immunità a un politico per i suoi legami con i servizi russi.
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di Daniele Raineri – @DanieleRaineri, 10 giugno 2014 - ore 06:59