L’europopulismo è a rischio barzelletta,

pure nell’Inghilterra di Farage

Il capo della politica del tabloid di Murdoch ci spiega i guai dell’Ukip, anche nei rapporti con Grillo e i suoi

Da lontano sembrano tutt’uno, il Sun e l’Ukip: sfumature di populismo che si distinguono appena, in un urlo sguaiato che attraversa non soltanto il Regno Unito, ma tutta l’Europa. La sovrapposizione però non c’è, spiega al Foglio Tom Newton Dunn, capo della politica del tabloid di Rupert Murdoch, più di 2 milioni di copie vendute, 5 milioni e mezzo di lettori, il giornale che sa fare la fortuna dei politici inglesi. Newton Dunn non è sorpreso: fa un sondaggio al giorno per capire cosa pensa il popolo britannico, ma non vuole sbilanciarsi sul contributo dato dal Sun all’avanzata di Nigel Farage: “Forse c’è stato, forse no”. E ribadisce che l’endorsement ufficiale al partito indipendentista non c’è stato, né ci sarà, soprattutto se in Europa l’Ukip va assieme ad altri populisti a grande rischio buffonata: l’incontro con Beppe Grillo, per dire, è stato salutato dal titolo: “Un clown incontra un altro clown”.

C’è populismo e populismo. Newton Dunn spiega: “La storia che raccontiamo noi e quella che racconta l’Ukip non saranno tanto diverse, ma i nostri lettori sono più giovani e più proletari dei loro elettori, noi non vogliamo neppure uscire dall’Unione europea ma solo riformarla e, soprattutto, al Sun non facciamo politica, non siamo un partito, non vogliamo candidarci”, osserva Newton Dunn, il cui padre, Bill, ha appena visto il suo seggio a Strasburgo travolto dal rovinoso crollo dei LibDem. Non farà politica, il Sun, ma di certo lì sanno cosa serve a un politico per avere successo oggi: occorre superare il modello perfettino à la Tony Blair, che ha però generato epigoni noiosi e insipidi come la triade David Cameron-Nick Clegg-Ed Miliband, tutti presi dal non esporsi mai e dal non dire nulla di controverso. “I nostri sondaggi dicono che la metà dei britannici pensa che i politici di oggi mentano sempre, tutti i giorni”, prosegue Newton Dunn con l’eloquio pacato di chi ha studiato a Eton. Ci sono due politici che invece parlano agli inglesi: i “maleducati” Boris Johnson e Nigel Farage, che sudano, si spettinano, parlano semplice, non vedono l’ora di fare figuracce per potersi scusare con una battuta, per mostrarsi ironici, uomini del popolo, simpatici e imperfetti.

“Né l’uno né l’altro trasmettono un messaggio elitario”, secondo Newton Dunn, entrambi appaiono onesti e sinceri: “Non che siano incapaci di mentire, tutt’altro”, perché sanno che il loro fascino dipende da quello. Ma non sono loro due i duellanti politici del futuro: Farage a Westminster non ci arriverà, secondo l’editor politico del Sun, poiché al momento delle elezioni politiche l’elettore ragiona diversamente: una previsione coraggiosa in vista delle supplettive di Newark di oggi: i conservatori, nonostante una campagna elettorale a suon di grandi nomi in visita e imponente dispiegamento di mezzi, sono alle prese con sondaggi che vedono il candidato dell’Ukip, lo scoppiettante settantenne ex Tory Roger Helmer, in vantaggio di due punti. Il fatto è – e questo Newton Dunn non si stanca di sottolinearlo – che l’Ukip ha capito il problema, ma non ha dimostrato di avere una soluzione. “Le elezioni ci dicono due cose diverse, due temi che sono cresciuti come funghi nelle pance degli elettori” e la prima, con un netto distacco rispetto alla seconda, è l’immigrazione. “Secondo i sondaggi l’immigrazione ha superato, in importanza, l’economia, e questo spiega l’immenso successo di Farage”. L’immigrazione che spaventa “è il lavoro a basso costo di massa dal sud e dall’est Europa” e quella che mina la coesione sociale. I polacchi sono un milione, c’è un loro negozio di alimentari su ogni via principale, spesso non parlano inglese e il tutto “toglie via il caro vecchio sapore Brit”. Poi, ma molto dopo, secondo Tom Newton Dunn, c’è “l’insoddisfazione con l’Unione europea, che dura anch’essa da molto ma è dovuta soprattutto alla libera circolazione dei lavoratori”, oltre al fatto che l’idea che “il continente sia governato da una élite fuori contatto con la realtà, poco connessa con la gente”, simile in questo alla triade di leader dei principali partiti, va contro il sentire britannico.

L’emozione, quando si fa una campagna di stampa o una campagna politica, va tenuta sempre presente. Newton Dunn fa l’esempio della Scozia, che a suo avviso al referendum del 18 settembre non si staccherà. “Ma c’è un problema: i fatti vanno contro l’indipendenza, mentre le emozioni sono a favore. La campagna per il ‘no’ deve uscirsene con un po’ di passione, e forse gli europeisti dovrebbero fare la stessa cosa”. Ma anche il populismo deve stare attento, perché il passaggio dal linguaggio semplice alla barzelletta è piuttosto breve, è il motivo per cui anche il Sun sorride di Farage ma non vuole avvicinarglisi troppo. E’ un attimo che si lavora insieme sulle politiche anti sistema e si finisce a discutere di grano saraceno.

FQ. di Cristina Marconi 5 giugno 2014 - ore 06:59

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