La Rai fa le barricate, ma questo non è
- Dettagli
- Categoria: Firme
affatto ragionevole. La Rai in lotta. In lotta contro
il governo che la punisce. Il premier greco Samaras aveva chiuso le trasmissioni della Rai greca per decreto. L’ha poi riaperta, mesi dopo e dopo un’infinità di sospetti e di manifestazioni per la libertà in tutta Europa, avendola resa un poco più efficiente o meno costosa e inefficiente. Nel frattempo film in bianco e nero e, nei primi giorni, il monoscopio. Renzi ha chiesto centocinquanta milioni per la riduzione della spesa, e li ha prelevati dal canone. Ha detto: siete nei guai, e allora vendete qualcosa e risparmiate sulle sedi regionali, dovete contribuire anche voi perché costate troppo e in modo ingiustificato. Sembrerebbe il minimo. Sembrerebbe opportuno. E possibile. E invece no: sciopero generale, barricate, insinuazioni sul conflitto di interessi di... Berlusconi. Una farsa.
La Rai, lo sappiamo, è tante buone cose insieme a tante cose pessime. Antonio Pilati, del consiglio d’amministrazione, ha detto in un colloquio con Marianna Rizzini più o meno questo. Che si può cambiare qualcosa di importante, e che le circostanze obbligate della riduzione della spesa imputata anche al canone vanno affrontate senza strepiti e barricate, facendo quel che si può fare, e molto si può fare, per semplificare, ridurre gli elementi pletorici dei costi da palinsesto e da informazione, spendere meglio le risorse che non sono affatto poche. Luca Sofri dice che Pilati non può parlare perché fu consulente maggiore della riforma Gasparri. Luca Sofri in questo caso poteva informarsi molto meglio. La riforma Gasparri può piacere o no, ma la televisione italiana è molto cambiata, è sempre più aperta e plurale, c’è spazio praticamente per tutti, è l’unico grande settore industriale in cui siano arrivati potenti investimenti e interessi internazionali, e innovazione tecnologica, e il risultato è un aumento della concorrenzialità fra le reti digitali, l’aumento dell’offerta eccetera. Lo sanno tutti. La legge Gasparri non è il demonio, ha consentito e facilitato tutto questo. E Pilati è uno dei pochi che conosca dal di dentro e molto bene il sistema radiotelevisivo e i mass media.
Lo sciopero del partito Rai fa da battistrada alle rivolte corporative che dilagheranno se il governo Renzi dovesse mantenere le sue promesse riformatrici. No congresso della Cgil, no assemblea di Confindustria. No concertazione. Le riforme cominciano di qui. Informare, discutere, ma non celebrare i poteri di veto e i negoziati abusivi alle spalle della rappresentanza parlamentare e magari contro il programma delle riforme. Ecco lo sciopero duro, la protesta senza nemmeno discutere un piano di riduzione dei costi e di ristrutturazione dell’offerta televisiva del cosiddetto servizio pubblico.
Bisognerebbe superare questo storico stallo, che è anche culturale e civile oltre che politico: dura dai tempi di Craxi, passa per Marchionne, per Monti, e prima di loro per il Berlusconi dell’articolo 18 e del patto per l’Italia con una parte dei sindacati. Siamo bravi a bloccare le riforme e a dilatare la spesa pubblica senza riguardo alla sua serietà e responsabilità e produttività. I giornali sovvenzionati, tra i quali quello che state leggendo, hanno subito tagli vistosi, hanno fatto fronte come potevano, con durezze notevoli, quelli di qualità sono a loro modo un servizio al pubblico e vanno fieri del contributo dello stato all’esistenza di un antimercato, di un giornalismo non becero e non commerciale, non tribunizio e non manettaro, ma se dovesse finire tutto il contributo o riusciremo a stringere di più la cinghia, a moltiplicare gli sforzi oppure chiuderemo senza strepiti e senza fanfare barricadere. Si può sempre fare altro nella vita.
Forse la Rai, che è finanziata dai cittadini in misura notevole e segue una logica commerciale e di mercato, dovrebbe prendere esempio da noi piccoli giornali politici o almeno di alcuni tra di essi: tagliare i costi, cercare di farcela nell’ambito della riduzione della spesa, e affidarsi per il resto al ragionamento, alla fiducia, alla serietà. Non allo sciopero generale corporativo.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Giuliano Ferrara, 1 giugno 2014 - ore 12:30