Il caso del professor Laycock mostra quant’è severa

l’inquisizione gay

Le campagne inquisitorie per punire i portatori di opinioni difformi dal pensiero unico in materia di famiglia e sessualità sono ormai una consuetudine, un fatto socialmente accettato e persino virtuoso che solitamente si risolve con una solenne decapitazione metaforica dell’imputato sul proscenio. Non c’è scusa o revisione delle posizioni che possa risparmiare l’affilatissimo giudizio del tribunale del pensiero unico. Brendan Eich, ceo di Mozilla per una settimana, è stato costretto alle dimissioni dopo una campagna furibonda per via di una donazione fatta, a titolo personale, in favore della petizione californiana contro il matrimonio gay. Non è servito a niente spiegare che la compagnia non avrebbe ammesso alcun tipo di discriminazione o che il suo era un giudizio strettamente personale, nulla a che fare con le decisioni professionali. Non è servito a niente perché, in questi casi, non c’è praticamente nulla che possa salvare il malcapitato dalla “persecuzione dell’eretico”, come ha descritto il fenomeno il giornalista gay e attivista ante litteram Andrew Sullivan, fra i pochi rappresentanti del mondo Lgbt a non nascondere il proprio disgusto per l’accaduto.

Qualcuno aveva proposto una formula per la riabilitazione: prevedeva scuse in diretta televisiva, totale e netta dissociazione da qualunque idea tendente al matrimonio tradizionale e infine una donazione uguale a quella incriminata disposta in favore di un’associazione gay. In pratica un’abiura, ipotesi che Eich non ha mai considerato. Il fatto è che le campagne contro chi non si uniforma al consenso prevalente in materia sessuale stanno diventando anche più severe di così. L’asticella si è alzata.

Dove qualche tempo fa l’accusa di omofobia poteva essere ragionevolmente sostenuta se il bersaglio aveva attivamente offeso i gay, ora basta che abbia sostenuto il matrimonio tradizionale per essere inserito nella colonna dei nemici del popolo. Basta pure meno. Il professore di Diritto costituzionale Douglas Laycock è oggetto di una campagna diffamatoria da parte di studenti e professori della sua università, la University of Virginia, perché ha vergato e inviato alla Corte suprema un’opinione legale favorevole alla catena Hobby Lobby. Gestita da una famiglia cristiana, Hobby Lobby rifiuta di fornire ai suoi dipendenti i contraccettivi gratuiti, così come impone l’Obamacare, e invoca una forma di obiezione di coscienza. Inoltre, secondo peccato imperdonabile, ha spiegato in un altro documento  che la discussa legge dell’Arizona – su cui il governatore ha infine posto il veto – che secondo i giornali avrebbe legalizzato la discriminazione dei gay da parte dei commercianti, in realtà diceva tutt’altro. Questi affronti al politicamente corretto sono bastati per ispirare una lettera aperta da parte di due attivisti “preoccupati dal modo in cui il suo lavoro viene usato da chi contrasta la capacità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender di vivere autenticamente senza l’interferenza dello stato”. La campagna subito s’è ingrossata e Laycock è costretto sulla difensiva.

La particolarità del caso è che il giurista di una delle università più liberal d’America, nonché marito della rettrice, difficilmente può essere accusato di essere un fanatico religioso o un irriducibile conservatore. Lo scorso anno ha scritto alla Corte suprema un’altra opinione giuridica in cui sosteneva la legalizzazione immediata del matrimonio gay in tutti e cinquanta gli stati. In un altro caso molto discusso, quello della cittadina di Greece, dove l’usanza di aprire con una preghiera le sedute del consiglio della città è stata giudicata costituzionale dalla corte, Laycock si è schierato contro i promotori dell’invocazione cristiana, e a favore di chi vorrebbe relegare il fatto religioso all’ambito privato. Sono bastate due controversie minori, peraltro ristrette all’ambito argomentato delle opinioni legali, non manifestazioni di animosità da “culture war”, per far precipitare Laycock fuori dalla schiera dell’ortodossia del politicamente corretto. In confronto alla donazione che ha condannato Eich, quello di Laycock sembra un peccato veniale. Basta niente, di questi tempi.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Mattia Ferraresi   –   @mattiaferraresi

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