Crisi Portogallo: fuori dal piano di salvataggio
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a caro prezzo
Tagli alle spese. Stipendi bloccati. Più tasse. Meno burocrati. Privatizzazioni. Così Lisbona ha detto addio alla Troika.
RECESSIONE ADDIO di Giovanna Faggionato, Lettera 43
Il governo portoghese annuncia l'uscita del Portogallo dal piano di aiuti della Troika.
(© Ansa) Il governo portoghese annuncia l'uscita del Portogallo dal piano di aiuti della Troika.
A Lisbona il primo ministro Pedro Passos Coelho ha dato l'annuncio con orgoglio: il Portogallo è destinato a uscire dal piano di aiuti da 78 miliardi di euro sottoscritto con la Troika nel 2011.
Mentre sulla Grecia si aggirano gli spettri di un altro salvataggio, il migliore alunno di Bruxelles è pronto a rinunciare ai prestiti del Fondo salva Stati e del Fondo monetario internazionale e a camminare sulle proprie gambe, anche se piuttosto fragili.
PREZZO DELLA CRISI. Lisbona ha agguantato la ripresa, ma negli ultimi tre anni il Prodotto interno lordo (Pil) è calato di sei punti percentuali, mentre i sindacati portoghesi, poco usi alla protesta, sono scesi in piazza a ripetizione.
Per centrare gli obiettivi di bilancio richiesti in cambio di liquidità, il governo portoghese ha varato, infatti, misure da tempo di guerra: prelievo sulle pensioni, aumento dell'orario di lavoro alla stessa paga, privatizzazioni di società in utile, oltre che una profonda revisione della tassazione e un piano di sostegno per l'export.
L'esecutivo di centrodestra ha tirato dritto, tagliato, tassato e riorganizzato: sulla carta può essere soddisfatto per la riconquistata autonomia finanziaria, ma dopo tre anni di cura da cavallo, il Portogallo è un Paese impoverito.
DEBITO AL 126,7% DEL PIL. L'indebitamento delle famiglie è al 130%. Il rosso nelle casse dello Stato è passato dal 94% del Pil del 2010 al 126,7% del 2014. Mentre la disoccupazione è destinata a rimanere al di sopra del 15% (dati Eurostat).
Se il 17 maggio i tecnici dell'Ue dovessero approvare il programma portoghese, il governo lusitano dovrà proseguire nel risanamento sotto la supervisione di Fmi, Commissione e Bce. E finirà di ripagare il proprio debito all'organizzazione di Christine Lagarde nel 2024 e a Bruxelles nel 2042. Anche se il prezzo per arrivare fin qui è stato altissimo.
1. Privatizzazioni e società cedute agli investitori stranieri
Le previsioni dell'Eurostat sul Portogallo (5 maggio 2014).
Il primo modo per ottenere soldi rapidamente è vendere i propri asset. Il programma di 36 pagine sottoscritto dal governo portoghese con la Commissione europea (leggi il documento) prevedeva la privatizzazione delle principali imprese pubbliche, per un totale di circa 11 miliardi di euro.
Negli ultimi tre anni Lisbona ha venduto il servizio postale nazionale (Ctt) e la società nazionale di trasporto merci. E soprattutto ha messo sul mercato quote della maggiori società energetiche nazionali, puntualmente acquisite da gruppi cinesi.
L'INVASIONE DEI CINESI. Ha dismesso l'11% della Ren, la rete nazionale dell'energia elettrica che controlla anche l'infrastruttura del gas e impianti di rigassificazione, aprendo le porte ai cinesi, entrati nel capitale della società con la China State Grid. E ha ceduto alla China Three Gorges Corporation il 21,35% della Energia de Portugal (Edp) tra i maggiori gruppi produttori di energia elettrica in Europa nonché quarto produttore di energia eolica al mondo.
Mentre l'80% della principale compagnia assicurativa del Paese, la Caixa Seguros, è passato sotto il controllo della cinese Fosun international limited.
PRONTI A DISFARSI DI 85 MIRÒ. Dal 2011 poi, si parla della vendita della Tap, una delle poche compagnie aeree ancora in utile, e della privatizzazione della società nazionale dei servizi idrici, entrambe rimandate per la delicatezza del dossier.
Ma alla ricerca di denaro facile, a febbraio il governo ha tentato di vendere anche la collezione di 85 quadri di Joan Mirò, acquisita tramite il salvataggio del Banco Portugues de Negocios. Le tele erano già a Londra, pronte a essere (s)vendute, ma le proteste e i ricorsi in tribunale hanno fatto desistere i manager di Christie's, la casa d'aste incaricata dell'operazione finita poi in un nulla di fatto.
Le privatizzazioni, tuttavia, non sono finite: nel 2014 è il turno della Empresa Geral do Fomento, gruppo specializzato nel biogas. E potrebbero essere messe sul mercato anche quote della Galp, azienda di ricerca ed estrazione petrolifera, e un canale della televisione pubblica.
2. Tassazione record al 47% e Iva al 23,35% nel 2015
L'andamento del Prodotto interno lordo del Portogallo dal 2008 al 2014.
Le tasse sono state l'altra leva per tornare alla pari con i conti. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il Portogallo è arrivato al record del 47% della pressione fiscale.
Attualmente l'Iva è al 23%. Ma l'ultima manovra di marzo prevede un ulteriore rialzo al 23,35% nel 2015. Mentre anche le regioni autonome sono state obbligate a portare l'imposta al 20%. Inoltre sono state aumentate le tasse sulle auto e sui tabacchi.
Sono stati riorganizzati e digitalizzati gli uffici per il prelievo e la lotta all'evasione e la giustizia fiscale, ed è stata varata una nuova legge sull'arbitrato fiscale e creata una task force giudiziaria per i casi di evasione superiori a 1 milione di euro.
PRELIEVO SULLE PENSIONI. I portoghesi hanno sopportato - e sopportano ancora - un prelievo del 3,5% sulle pensioni fino ai 1.350 euro. Il contributo straordinario di solidarietà, come è stata chiamata la tassa, ha riempito le piazze. E la misura è stata rivista, ma estesa e prolungata: dal 2015, infatti, è previsto un contributo tra il 2 e il 3,5% sulle pensioni sopra i 1.000 euro.
INCASSATI 2 MILIARDI DI EURO. La tassazione sulle imprese e sui redditi non è stata risparmiata. Nel 2012 il governo ha tagliato la deducibilità delle spese ad aziende e contribuenti, eliminando lo sconto sulle rate dei mutui a famiglie e imprenditori.
Infine, sono stati tassati tutti i trasferimenti sociali e sono state eliminate alcune aliquote in modo da rivedere la tassazione al rialzo. Un'operazione che ha portato nelle casse dello Stato ben 2 miliardi di euro.
3. Tagliati il 20% degli uffici comunali e rivisti gli appalti pubblici
Il primo ministro portoghese Pedro Passos Coelho (Ansa).
Anche Lisbona, come Roma, ha messo nel mirino la pubblica amministrazione. Dal 2012, il Portogallo ha tagliato dell'1% le spese dell'amministrazione centrale e del 2% i costi delle amministrazioni locali.
La sola soppressione di ridondanze e sprechi ha portato a un guadagno di 500 milioni di euro. Sono stati tagliati i trasferimenti agli enti locali e i sussidi statali alle imprese e sono stati recuperati 100 milioni tagliando le assicurazioni sanitarie dei dipendenti pubblici.
Tra il 2012 e il 2013, inoltre, sono stati ridotti del 20% gli uffici municipali e del 15% il loro personale ed è stato rivisto il sistema degli appalti pubblici.
LA SCURE SULLA SANITÀ. Ma a fare le spese della spending review è stata soprattutto la sanità.
Lisbona ha fissato risparmi di circa 1 miliardo all'anno, di cui 100 milioni tagliati agli ospedali. Il piano iniziale prevedeva l'istituzione di un sistema di ranking delle strutture sanitarie pubbliche, ma anche il passaggio del 20% dei pazienti ai centri privati.
Il costo dei farmaci è stato rivisto in due direzioni: da una parte le tabelle dei rimborsi per i contribuenti sono state adeguate «ai Paesi con il livello dei prezzi più basso o a Paesi con lo stesso livello di Pil procapite», dall'altro sono stati ribassati i profitti delle case farmaceutiche.
In questo modo ci hanno perso compagnie e cittadini, ma ci ha guadagnato lo Stato.
TUTELATE VACANZE E BENEFIT. Il colpo più duro è stato inferto però nel 2013. Sempre alla ricerca di denaro, il governo infatti ha tentato di tagliare le indennità per vacanze e benefit per i lavoratori pubblici pari a due mesi di stipendio.
L'obiettivo era guadagnare lo 0,8% del Pil. Ma i sindacati si sono appellati alla Corte costituzionale che nell'aprile 2013 ha bocciato la misura.
Risultato: l'esecutivo di Passos Coelho ha rimediato tagliando ancora le spese per il sistema sanitario nazionale e l'istruzione. Una stangata che il quotidiano lusitano Diario economico ha calcolato in 1,3 miliardi di euro. E la mannaia caduta sulla salute dei portoghesi è finita persino sulla rivista scientifica Lancet, preoccupata dalla progressiva mancanza di tutele.
MENO INSEGNANTI A SCUOLA. Anche le scuole del resto sono finite sotto la ghigliottina governativa con 1,5 miliardi di trasferimenti in meno e la soppressione di 300 scuole elementari.
Secondo i sindacati degli insegnanti, tra il 2006 e il 2012, 23 mila professori sono andati in pensione e solo 396 sono stati rimpiazzati. Le statistiche dicono che negli anni della crisi il salario reale dei professori è calato del 7,5%.
4. Nelle imprese private si lavora di più. Ma alla stessa paga
Il governo di Lisbona annuncia l'uscita del Portogallo dal piano di aiuti della Troika (Ansa).
Il governo portoghese ha rivisto pure le norme sul lavoro. La Corte costituzionale ha sì impedito il taglio dei benefit dei dipendenti pubblici, ma in compenso ha lasciato correre su altre misure.
Con la manovra finanziaria del 2011, per esempio, le imprese private portoghesi possono chiedere ai dipendenti di lavorare mezz'ora in più gratuitamente.
La misura era prevista dal programma iniziale concordato con la Commissione Ue che prevedeva anche il pagamento degli straordinari al 75% nei giorni feriali e al 100% solo nei festivi.
DISOCCUPAZIONE PIÙ BREVE. Il Tfr (trattamento di fine rapporto) dei lavoratori precari è stato allineato a quello dei lavoratori a tempo indeterminato ed entrambi infatti sono stati ridotti a 10 giorni di paga per ogni anno di lavoro.
Infine, Lisbona ha rivisto anche il sistema di contributi per chi è rimasto senza impiego. Da una parte ha ridotto da 15 a 12 mesi i contributi da versare per accedere all'assegno di disoccupazione, dall'altra ha limitato la durata dell'assegno a 18 mesi, riducendone l'ammontare a partire dal sesto mese.
5. Un piano di sostegno all'export e meno burocrazia per le Pmi
Per il rilancio, il governo portoghese ha puntato soprattutto sull'export, che vale il 40% del Pil nazionale.
L'esecutivo ha varato un piano di sostegno alle imprese che esportano. Con il 'Simplex exports' Lisbona ha accelerato le procedure burocratiche per richiedere l'esenzione dell'Iva da parte delle imprese destinate a vendere sui mercati stranieri, ha facilitato l'accesso al credito per le Pmi e ridotto gli adempimenti burocratici.
RIVISTO IL CODICE CIVILE. Ha inoltre rivisto il codice civile, creando un tribunale ad hoc per la proprietà intellettuale e i brevetti.
Secondo la banca nazionale portoghese tra 2014 e 2016 l'export portoghese continuerà a crescere, sostenendo la ripresa della domanda interna.
Negli ultimi tre anni il Portogallo ha aumentato il suo peso sul totale delle esportazioni Ue. E la sua bilancia dei pagamenti è passata da un deficit pari al 10,6% del Pil a un surplus dello 0,5% del 2013.
Lunedì, 05 Maggio 2014,