Nigeria, che fine hanno fatto le ragazze?
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Oggi un altro attentato ad Abuja, mentre il governo non
riesce a liberare le duecento studentesse tenute in ostaggio da Boko Haram
Continua l’offensiva del gruppo jihadista Boko Haram nel cuore della Nigeria. Giovedì scorso un nuovo attentato, dopo quello del 14 aprile che aveva provocato 75 morti e oltre 125 feriti, ha colpito la medesima stazione di autobus nella periferia della capitale, Abuja, causando l’uccisione di almeno 16 persone. Solo il giorno prima, in quella stessa stazione, erano arrivate da ogni parte del paese molte delle donne nigeriane che si erano date appuntamento nel centro della città per manifestare contro il sequestro delle studentesse del liceo di Chibok, nello stato del Borno, che dalla sera del 14 aprile (lo stesso giorno del primo attentato ad Abuja) sono tenute in ostaggio, come scudi umani, dai miliziani di Boko Haram per impedire alle forze speciali nigeriane di attaccare una loro roccaforte dislocata all’interno della foresta di Sambisa, nel vicino distretto di Konduga. E’ li che sono ancora detenute le quasi duecento liceali, di età compresa tra i 12 e 17 anni, che mancano all’appello delle loro famiglie.
Così, mentre l’occidente insiste nel voltare la testa dall’altra parte, mercoledì sono scese in campo, rispondendo alla mobilitazione indetta dal movimento “Femmes pour la paix e la justice”, migliaia di donne nigeriane per protestare contro le autorità di Abuja mostratesi incapaci di rintracciare e liberare le giovani studentesse ormai tenute prigioniere da 20 giorni. “Noi siamo poveri e senza alcuna influenza e pensiamo che sia per questo che al governo non importi nulla delle nostre figlie”, dicevano le donne, che hanno protestato anche in altre città del paese come Kano, nel nord, Ibadan e Lagos. Paradossalmente, mentre la Nigeria diventa la prima economia del continente africano, crescono di pari passo le diseguaglianze sociali e migliaia di famiglie si ritrovano a vivere, specie nel nord del paese quasi interamente controllato da Boko Haram, in condizioni di estrema indigenza.
“Più tempo passa – racconta al Foglio una fonte saharawi – più la disperazione dei genitori delle studentesse diviene insostenibile. Conoscono la crudeltà dei miliziani di Boko Haram e cosa sono in grado di fare. Temono che le loro figlie, terminato il compito di scudi umani, possano essere vendute a mercanti di organi ed esseri umani oppure trasferite verso i confini del Ciad e del Camerun imponendo loro dei matrimoni forzati. In Nigeria si sta ripetendo, con la commistione esistente tra i jihadisti di Boko Haram, guidati da Abubakar Shekau, e importanti settori degli apparati di sicurezza nigeriani, lo stesso modello di complicità che lega i fondamentalisti pachistani ai servizi segreti, segnatamente l’Isi, di Islamabad. Fino a che le cose resteranno così, l’offensiva jihadista, che fino a oggi ha provocato oltre 11 mila vittime nella sola Nigeria, sarà destinata a crescere sotto lo sguardo impotente del governo di Abuja. Boko Haram non è solo un gruppo terrorista ma sta divenendo anche, attraverso i sequestri di persona, il traffico di droga e di armi, una potente organizzazione economica in grado di reinvestire i propri proventi in società e imprese commerciali attive in tutto il nord dell’Africa. Da qui il rafforzamento dei rapporti con al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e con il jihadista algerino Mokhtar Belmokhtar, rifugiatosi nel sud della Libia dove ha stabilito il suo quartier generale. Rapporti da cui sarebbe scaturita una convergenza volta ad acquisire forniture di droni commerciali da utilizzare sia nel monitoraggio degli obiettivi da colpire, sia come strumenti per compiere attentati, sia quale mezzo di sorveglianza delle forze nemiche. Tant’è che nostri informatori avrebbero confermato il possesso, da parte del commando che tiene in ostaggio le studentesse, di almeno due di questi droni dotati di sofisticate telecamere con visione notturna”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO, 2 maggio 2014 - ore 15:40
di Pio Pompa