Dopo #lavoltabuona e #lasvoltabuona arriveranno
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#icazziamari. Ora il problema è il contagio.
Abbiamo visto che può parlare con Hollande e la Merkel senza problemi, farà senz’altro fuochi d’artificio divertenti e cazzari quando vedrà Obama. Abbiamo capito che una conferenza stampa con annunci corposi, dopo un consiglio dei ministri, la può tenere con un certo successo. Abbiamo toccato con mano il cinismo andante con cui gli italiani, non solo nei sondaggi, hanno presto mollato il lettismo di governo e volentieri abbracciato qualche speranziella in Matteo Renzi. Professorini ubriachi di numeretti gli fanno le pulci e invocano riforme molto radicali, aboliscono Irap e cassa integrazione nei talk show, lì viene facile, e l’italiano medio televisivo, la categoria professionale molto intervistata e con compiacimento per dare voce alla pancia del paese che protesta, offre le sue risposte strategiche alla crisi: mi danno cento euro, ma ne vorrei duecentocinquanta, molto interessante.
Il problema è il contagio. Ci sarà un quadro non troppo stagionato in Cgil capace di mettere di lato, in posizione statuaria, la Camusso, e di abbracciare una piattaforma fattiva di mutamenti utili a protetti e non protetti, con un piglio pragmatico e serio, responsabile ma non immobile? Ci sarà un confindustriale stufo di piccolo cabotaggio negoziale, che si ripete sempre uguale in quell’organizzazione che non è movimento ma associazione corporativa di altri secoli? Penso di sì, penso che tra non molto ci sarà un imprenditore che dice a Giorgio Squinzi: adesso ci provo io, che ho la metà dei tuoi anni, un fatturato forse non altrettanto lusinghiero, ma molta voglia di fare come Marchionne, di strappare condizioni d’impresa accettabili in cambio di una minore taccagneria nella gestione salariale e contrattuale. Ci sarà un burocrate che dice la verità sulla categoria: un Salvatore Rossi o un suo allievo che invoca la rottura della complicità di casta dell’alta dirigenza, dalla tribuna mica male di Bankitalia, e che mette in evidenza le verità da sempre occultate sul severo e a volte prezioso ma immobilistico ruolo dei Grand Commis de l’Etat? Penso che convenga anche ai Cassese, ai conoscitori della storia dello stato, sollecitare i loro giovani assistenti a dirne una più del maestro, a strappare il velo nebbioso di antiche verità con nuove verità. Un pezzo dello stato ormai ha i calzoni corti. Muoviamoci.
Poi c’è la questione del Quirinale. I vecchi sono spesso il migliore servizio che si possa fare ai giovani. Senza la trama delicata e l’arte del possibile della mediazione istituzionale di un Giorgio Napolitano, nulla di quanto è avvenuto e promette di avvenire sarebbe accaduto. Chi verrà dopo di lui, visto che fissare la data della staffetta con un nuovo presidente è un problema di cui il capo dello stato non nasconde l’urgenza, né in privato né in pubblico? Un uomo di nomenclatura, un inutile simbolo di continuità o una personalità di rottura culturale?
Se Renzi è una malattia, e lo è, il morbo deve contagiare l’insieme del corpo. Una malattia di quelle che guariscono i sintomi di stanchezza attraverso i febbroni, che debilitano i vecchi assetti della fisiologia esausta e consentono di mettere in moto nuove energie. C’è da augurarsi questo, ovviamente, sebbene si possa essere scettici, e anche di più, sulla capacità del corpo italiano di risanarsi, almeno parzialmente, con una cura da cavallo ben ordinata e congegnata. Alla nuova fase manca per adesso questo, la sua trasformazione in pandemia, che i cazzoni chiamano sinergia, e un certo senso del dolore sociale, necessario a vincere la crisi con la crisi, che traspare con qualche difficoltà nell’orgia di slide e di comportamenti per definizione ottimistici, elettorali, furbi. Spero che i ragazzi al governo della via Pal capiscano che i varchi sono stretti come le porte evangeliche, e dovranno fronteggiare qualcosa di simile alla politica novecentesca, un vero strapparsi di una parte del paese a fronte di cambiamenti inusuali e temuti, se vorranno alla fine vincere una battaglia d’epoca e di stile.
Non tutto si risolve con le chiacchiere sui big data e altre fregnacce. Non tutto è statistico, non tutto è rimodellabile con il linguaggio 2.0 o altre trovate. Arriverà il tweet della spettacolare caduta di tanti interessi in gioco, e sarà una amara composizione in 140 caratteri di qualcosa che la storia ha già conosciuto. Dopo #lavoltabuona e #lasvoltabuona sarà digitalizzata, posto che facciano sul serio e abbiano capito loro stessi in che entusiasmante pasticcio si sono messi, #icazziamari.
© - FOGLIO QUOTIDIANO Giuliano Ferrara