Rondolino: "I democratici? Sono divisi tra

berlusconiani e alfaniani"

Intervista a Fabrizio Rondolino, ex spin doctor di D'Alema ora vicino al sindaco: "Ricorda il primo Cav, è innovativo. I dinosauri del suo partito sono finiti"

Andrea Cuomo - Gio, 23/01/2014 - 07:46

Roma - «Il Pd un partito diviso tra alfaniani e berlusconiani». Ci spiazza così Fabrizio Rondolino, già nella direzione nazionale della Fgci e spin doctor di Massimo D'Alema.

Uno che la liturgia comunista e postcomunista la conosce a memoria.

Rondolino, che intende?

«Renzi incarna il primo berlusconismo, che fu antideologico. Il Cav voleva un partito italiano del fare, del rinnovamento».

E Alfano che c'entra?

«Alfano pensava di stare al governo e di raggiungere la stabilizzazione moderata tagliando le ali. Un progetto trasformistico già fallito».

Ne è sicuro?

«Il governo Letta è il più minoritario della storia repubblicana. Ci sono tre poli: e di fatto sono tutti all'opposizione».

Quindi anche il Pd di Renzi?

«Ma sì. Renzi sta a Letta come la scapigliatura sta alla lentezza. Fare contro dire di fare».

Napolitano da che parte sta?

«Re Giorgio è renziano. La sua preoccupazione non è tenere a tutti i costi in vita il governo ma fare le riforme e dimettersi. Non vuol essere ricordato come il presidente della palude».

E Renzi che garanzie gli dà?

«Certo più di Letta».

Ma il Pd di Renzi sarà ancora un partito di sinistra?

«Direi piuttosto: sarà ancora un partito?».

Addirittura...

«Nel Pd lo sport preferito non è andare insieme verso la vittoria ma azzoppare il generale».

Veltroni, poi Bersani. Toccherà anche a Matteo?

«Renzi ha capito la lezione e farà il segretario di partito».

I suoi predecessori non l'hanno fatto?

«Ma no, erano vittime del compromesso permanente, di una cogestione per cui chi vince non vince del tutto e chi perde non perde del tutto. Il suicidio perfetto della leadership».

Renzi deve fare il dittatore?

«Deve fare il maleducato, per dirla alla Cuperlo. La maggioranza governa il partito. E basta. Deve essere il Craxi del Pd».

Ahi.

«Ma sì, Craxi trasformò il Psi da comunità terapeutica di sinistra in partito veloce e deciso».

Matteo ce la può fare?

«Boh. L'opposizione interna nella vita parlamentare ha migliaia di occasioni per impallinarlo. Ma Renzi ha dalla sua l'opinione pubblica. Come Berlusconi».

Craxi, Berlusconi. Lei scherza con i tabù della sinistra.

«Il Cav due o tre idee sul futuro dell'Italia ancora ce l'ha».

Torniamo al Pd. Quante anime ci sono al momento?

«Tante. Ma sintetizzando direi gli intransigenti alla Cuperlo che danno del dittatore a Renzi; e i realisti alla Fassina, che dicono: ha vinto, quindi ha ragione pure se ha torto».

I più pericolosi per Matteo?

«Ci fosse Veltroni direi i secondi. Ma Renzi non concederà nulla né agli uni né agli altri».

Siberia?

«Ma no. L'ala sinistra deve scegliere: o escono e diventano marginali. O restano consapevoli che il partito ha preso definitivamente un'altra strada. La comunista è una delle due culture Pd ormai sconfitte».

E l'altra?

«Ovvio, la Dc di Letta. Che a Renzi replica con riunioni, documenti, convegni. Melassa, salamelecchi da vecchia politica».

E i dinosauri del partito?

«Per loro è finito tutto con le primarie. Devono fare come Clinton. Che è stato presidente degli Usa, quindi del mondo, e doponon ha più rotto i coglioni».

D'Alema, Bindi, Finocchiaro, Marini addio?

«Due interviste l'anno per dire cose di buon senso. E stop».

E poi chi contrasterà Renzi?

«Se lui sarà bravo pagherà due o tre persone intelligenti che faranno da no-men. Così si vaccinerà dal delirio di onnipotenza. E poi sa che le dico?».

Prego...

«Che quel tratto di arroganza giovanile di Renzi a me non dispiace. Non dispiace affatto».

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