Climatomani quattrinari in preda a una crisi moralista.

Gli scettici sul climate change ricevono fondi privati. Al Gore inconsolabile

L’ironia involontaria che emerge dalla vicenda del comandante Chris Turney, partito con la nave Akademik Shokalskiy alla volta dell’Antartide per dimostrare che il riscaldamento globale sta sciogliendo quel continente, e rimasto intrappolato per giorni tra i ghiacci impenetrabili, basterebbe da sola a inquadrare l’assurdità di alcune certezze catastrofiste. Sorvolando sulla paradossale spiegazione di chi dice che “i ghiacci crescono a causa del riscaldamento globale”, conviene soffermarsi sull’ultima polemica climatica partita dagli Stati Uniti e planata su alcuni quotidiani europei, il Guardian prima e il Monde poi, che ieri mattina dedicava alla storia l’apertura dell’edizione online.

Il 20 dicembre scorso il sociologo e scienziato dell’ambiente Robert Brulle ha pubblicato sulla rivista Climatic Change uno studio nel quale prova a tirare i fili del finanziamento di decine di organizzazioni e fondazioni americane, per lo più conservatrici, dal 2003 al 2010. Secondo i suoi calcoli, in questo periodo, 91 organizzazioni avrebbero ricevuto poco meno di un miliardo di dollari l’anno da diverse fondazioni di stampo conservatore. Tra queste, scrive Brulle, quella dei fratelli Koch e quella di ExxonMobil, le quali dal 2008 hanno smesso di dichiarare pubblicamente il loro sostegno economico a queste organizzazioni, ma che continuerebbero a farlo di nascosto. L’accusa di Brulle è che i think tank che promuovono la ricerca “scettica” sui cambiamenti climatici vengano finanziati con denaro di provenienza “oscura”.

Lo scandalo, come spesso succede in questi casi, ha matrice moralista, dato che – stando alle leggi americane sulle fondazioni – di illegale non sembra esserci nulla. Ciò che disturba di più i sostenitori del global warming antropico è che possa esserci qualcuno che finanzi organizzazioni che non la pensano come loro. Nessuno scandalo se Soros o i Rockefeller coprono di denaro associazioni ambientaliste; tutto in regola se da quando l’allarme del global warming è diventato mainstream molti centri universitari che sostengono quelle tesi hanno visto moltiplicare i fondi loro destinati; tutto giusto se società che producono energia verde o gas finanziano battaglie contro il carbone. Sul solo Al Gore, l’ex vicepresidente americano che ha fatto fortuna lanciando allarmi sulle conseguenze del global warming, negli anni sono uscite diverse inchieste mai smentite che hanno rivelato come la sua partecipazione in società che producono energia “pulita” gli abbia fruttato molti milioni man mano che la sua propaganda sugli effetti dei cambiamenti climatici determinava le politiche economiche americane e i conseguenti aiuti di stato ad aziende “verdi”.

La polemica mediatica sullo studio di Brulle parte poi da un presupposto errato, e cioè che tutte le organizzazioni che si spartirebbero questo miliardo di dollari l’anno userebbero questi soldi soltanto per promuovere lo scetticismo climatico sui media. Eppure lo stesso autore ammette che la maggior parte di esse si occupa prevalentemente di altro, e non di clima. Nonostante questo, però, parla di “movimento contro il cambiamento climatico”, e di “sforzo politico su larga scala”. Un’accusa che fa sorridere, se si guarda il martellamento mediatico a senso unico che da quasi un ventennio tv, giornali e siti internet fanno ogni giorno.

In un mondo in cui la ricerca ha bisogno di essere finanziata per sopravvivere, il punto non è chi mette i soldi, ma se la ricerca porta a una maggiore conoscenza del problema studiato. Sulle dinamiche del clima molto è ancora da capire. Trarre conclusioni dozzinali sull’utilizzo dei soldi da parte di organizzazioni no profit non allineate al pensiero unico catastrofista non c’entra nulla con la scienza. L’accusa di falso ideologico fatta da chi si finanzia nello stesso modo e chiede ai governi di mettere tasse e balzelli sulla produzione di CO2 è più ridicola della spedizione antartica del comandante Turney. Il giorno dopo la pubblicazione di Brulle, Al Gore ha accusato gli scettici di essere finanziati con “dark money”. Cinque giorni prima, la sua organizzazione no profit The Climate Reality Project aveva annunciato festosa l’arrivo di una ingente donazione anonima al progetto che “rivela tutta la verità sulla crisi climatica”.

FQ. di Piero Vietti   –   @pierovietti, 3 gennaio 2014 - 

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