“Gratta il volto di Putin e scorgerai Gesù e Stalin”.

Parla Bettiza

Il paragone fra Cromwell e Josif e la difesa dei “valori”. I volti del presidente, “un po’ fuciliere bolscevico e un po’ vescovo ortodosso”

Uno è l’eroe secentesco puritano che abbatté la monarchia nel nome della democrazia parlamentare e che riconquistò l’Irlanda all’Inghilterra, al costo di duecentomila vittime. L’altro è il leader dell’Unione sovietica al suo culmine e sul cui curriculum ci sono un indefinito numero di morti, milioni comunque. Ma per il presidente russo, Vladimir Putin, Oliver Cromwell e Josif Stalin pari sono. Alla domanda se avrebbe restaurato le statue a Mosca in onore del leader comunista, Putin ha detto: “In cosa è diverso da Cromwell? In niente. Dal punto di vista dei liberali, sono entrambi dittatori sanguinari”. L’intemerata revisionista, non priva di corrusco fascino, è proseguita così: “Nel momento in cui è stata eretta la statua di Cromwell, nessuno l’ha tirata giù. Il punto non sono questi simboli, ma il fatto che dobbiamo trattare ogni periodo della nostra storia con rispetto”. Il riferimento è alla statua di Cromwell, realizzata da sir William Thornycroft, fuori dalla House of Commons.

Di Putin parliamo con Enzo Bettiza, gran conoscitore di Europa centrorientale e di storia sovietica, “esule dalmata, di matrice italo-slava, di provenienza e formazione altoborghesi”, autore del recente romanzo “La distrazione”. “Vladimir Putin ha un solo aforisma politico, quello di Lenin per cui ‘con una mano si dà e con l’altra si toglie’”, ci dice Bettiza. “Putin è questo, da un lato il grande mondialista e aperturista, dall’altro è il leader intento a ricostruire, con incisività ed efficacia, l’immagine di potenza della vecchia, anzi vecchissima, Unione sovietica”.

Così spiega l’azzardo del paragone fra Stalin e Cromwell? “Certo, Putin sa bene che sono due presenze storiche diverse e distanti, e che Stalin è stato più dannoso di Cromwell per l’umanità del proprio tempo. Entrambi hanno conquistato un pezzo di terra straniera, Cromwell l’Irlanda e Stalin la Polonia, ma il leader sovietico non si è fermato lì, inglobando mezza Europa dopo la guerra. Eppure nell’ottica di Putin il paragone ha un suo valore. Stalin, per Putin, è il simbolo dell’Unione sovietica nella sua massima potenza economica, politica e militare”. Secondo Bettiza il volto di Putin contiene molte cose, “l’autentico conservatore e il falso riformatore, lo spadaccino cosacco e il fuciliere bolscevico, crusceviano un giorno e gorbacioviano il giorno dopo, estimatore dello Stalin della ‘guerra patriottica’ e devoto dei vescovi ortodossi che benedicevano le baionette dei soldati al fronte”.

Il presidente russo da ormai due anni si atteggia a difensore dei “valori”, dal matrimonio tradizionale alla difesa dei cristiani in medio oriente. Una sorta di nemesi dell’America postmoderna di Obama, gay friendly e più sensibile alle rivendicazioni dell’islam politico? “Certo, perché in Putin c’è questo paradosso, una cristianità stalinizzata. Se grattiamo la faccia senza contorni di Putin vengono fuori Gesù Cristo e Josif Stalin. Putin è una bestia molto astuta, un grande spregiudicato, un cinico e opportunista come non se ne vedevano da tempo sulla scena politica. L’affondo su Cromwell e la difesa dei valori ci mostrano questa sua doppia faccia, quella sorridente con cui stringe la mano ai leader occidentali, e quella dominante con cui sostiene i nemici dell’occidente”.

Il Foglio, 25 dicembre 2013 - ore 06:59

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