La Repubblica di Matteo, sostenibile e divertente
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Il Cav. è un unicum, ma Renzi sa la regola: politics is fun.
Un leader plebiscitato dalla sinistra che parla dei poveri come Reagan e maltratta un Quagliariello è ottimo. Per la delusione c’è tempo. Deve muovere politica e società, ora immobili, e “lasciare cosa niuna intatta”. E vogliamo fare gli schizzinosi?
Politics is fun, dicono gli americani, che sono ingenui ma non stupidi e hanno, loro sì, la Costituzione più bella e più antica del mondo. Le acrobazie e galanterie e bizzarrie della Repubblica di Silvio sono un unicum, ma la Repubblica di Matteo, va detto approfittando dello stato di grazia, appena prima delle tremende delusioni che probabilmente ci attendono, si annuncia sostenibile e divertente, nonostante la crisi della vita pubblica e il dramma sociale e privato indotto dalla stagnazione e regressione di economia, produttività, competitività, consumi, imprenditoria e lavoro. Un leader del maggior partito di sinistra, maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato, che dice polemico con la Cgil: per combattere la povertà bisogna creare la ricchezza; o che invece di cannoneggiare su Berlusconi alla solita stucchevole e maramalda maniera aggiunge: non ho tempo da perdere con Quagliariello, bè, uno così promette bene quel che in genere il potere non mantiene. Gaudeamus igitur.
Credere non necesse, semplificare è invece necessario. Non ha neanche quarant’anni, atteggiamenti da bullo in vesti da politico professionale e carismatico, tra i pochi che si sono fatti da sé, lui strappando quel buco sofisticato e immortale di Firenze alle grinfie dei soliti noti, ha trionfato e minaccia di usare il potere che dal trionfo gli deriva per scardinare il sistema, il quale sistema è un concentrato ormai di immobilismo e noia, e non ha strumenti per proteggerci dalle tempeste d’acciaio dell’Europa germanizzata, che è la sua sola fonte di legittimazione alla faccia della sovranità popolare italiana: e vogliamo fare gli schizzinosi?
Nella Repubblica di Matteo, di là da venire, forse un paese immaginario di cui c’è poco succo a parlare, eppure anche imminente e concreta, realistica, c’è spazio per un giudizio equanime sui fallimenti e sulle grazie di noi sessantenni e settantenni e più, non è la casa della vendetta ma il luogo simbolico e politico della vera pacificazione, con il salto di generazione alla guida della carretta patria: e vogliamo fare gli schizzinosi? Il suo programma di necessità e urgenza è di muovere le cose di politica e società, non ha l’autorevolezza e l’appeal un po’ spento della tecnocrazia e della politocrazia, ma ha l’autenticità spiccia e innocente, fiorentina in spirito, di un candidato Principe nuovo che si fa largo in una terra lacerata e immusonita da una lunga serie di fallimenti la cui responsabilità deve essere equamente ripartita tra classi, burocrazie, professioni (massime la mediatica) e politicantismo da quattro soldi. Si può aspirare a una eroica morte berlusconiana, come qui si aspira, con l’unico conforto di un erede che disprezza i ministeriali e i saggi, ci riprova a dare un elemento di libertà e responsabilità a un paese schiavo e irresponsabile, e affetta altrettanta noncuranza (per adesso) e voglia di strafare quale quella conosciuta nell’epoca d’oro del Cav. Gli oppongono sofisticazioni: dovrebbe fare squadra, formulario che mal dissimula il consociativismo concertativo, ressembler, tenere unito il cucuzzaro, custodire valori del dna del Pd, baciare il red carpet di una storia lasciata marcire dai suoi protagonisti spesso vili e ribaldi, e alle sofisticazioni più grossolane aggiungono gli impossibilia a cui nemo tenetur, e la legge elettorale, e il semestre europeo, e l’asse Letta-Napolitano e altre balle del genere. Matteo deve fare invece la sua Repubblica con materiali integralmente nuovi, piuttosto che dal marmo “male abbozatum et sculptum”, e “non lasciare cosa niuna intatta”. E’ il segreto più segreto del segretario Fiorentino, raccontato da Sofri nel più saporito e ambizioso e divertente Baedeker machiavelliano da molto tempo in qua (Sellerio).
© - FOGLIO QUOTIDIANO Giuliano Ferrara, 10 dicembre 2013 - ore 06:59