Classe dirigente, batti un colpo

L’ex ministro democristiano Guarino non fa il grillino.

Ma ai politici italiani chiede di guardare cosa accade fuori dai confini. Gli ayatollah del rigore non si sfidano a parole, ma facendo rispettare la legge all’Ue

Giuseppe Guarino, giurista classe 1922, avvocato tra i più noti in Italia, già ministro delle Finanze nel 1987 (governo Fanfani) e poi dell’Industria e delle Partecipazioni statali nel 1992 (governo Amato), indipendente in spirito e democristiano per riconoscenza (“mi sono iscritto alla Dc solo nel 1993, quando il partito si scioglieva, per ringraziare”), oltre a governare ha conosciuto e praticato con gusto la battaglia per il potere. Pur non sospettabile di atteggiamenti snob o di vezzi anticasta, dunque, si dice esterrefatto e “strapessimista” per un dibattito politico italiano paurosamente introvertito, che evita di esprimersi su quanto sta accadendo in Europa e nel mondo, e sui rischi di conseguenze nefaste per il nostro paese.

“Si parla di ‘ripresina’, ma noi siamo prossimi alla rovina. Abbiamo una manciata di giorni per invertire la rotta, dopodiché saremo arrivati al punto di non ritorno”. Già nel 2012 lo stato, per pagare gli interessi sul debito, ha speso il 5 per cento del pil, vanificando gli sforzi di risanamento dei conti: anche con due punti di avanzo primario, se la crescita non sarà di almeno 3 punti percentuali, dice Guarino, continueremo a deprimere l’economia, indebitandoci per pagare i creditori. Un circolo vizioso dal finale già scritto. Ieri il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha messo in guardia dagli “ayatollah dell’austerity”, ma non è dalle dichiarazioni che si valuta la lungimiranza dell’uomo di governo: “In questi giorni, dopo il richiamo della Commissione Ue di metà novembre – dice Guarino – un paese come l’Italia deve decidere se piegarsi ingiustamente a un’ingiunzione miserevole, quella di mantenere il rapporto deficit/pil sotto il 3 per cento, a costo di sforzi irragionevoli”. Il professore, 91 anni appena compiuti, dissezionando e studiando il côté giuridico del processo d’integrazione comunitaria, è arrivato a conclusioni originali, illustrate in un lungo saggio che il Foglio ha pubblicato la scorsa settimana: alla base delle politiche di Bruxelles, sostiene, c’è stato nientemeno che “un golpe” realizzato quindici anni fa. Non solo il Fiscal compact è illegale; è inapplicabile perché, prescrivendo il principio del pareggio di bilancio a tutti i costi, contraddice i Trattati europei cui dice di ispirarsi. Il professore osserva pure che il 1° gennaio 1999, nello stesso momento in cui doveva entrare in vigore la disciplina dell’euro contenuta nei Trattati, cominciò a essere applicato un regolamento Ue, il numero 1466/97, che privò gli stati della possibilità di indebitarsi e di esercitare una politica economica per la crescita: “Si contraddisse una fonte giuridica superiore, il Trattato, che invece consentiva un deficit del 3 per cento e uno sforamento in alcuni casi specifici. In luogo dell’obiettivo della crescita, il regolamento impose il raggiungimento di un risultato, il bilancio in pareggio o in attivo, e un percorso vincolante per conseguirlo. Si rese così impossibile qualsiasi politica di investimento pubblico. L’euro che è stato lanciato ha dunque seguìto una disciplina diversa e più restrittiva di quella del Trattato di Maastricht, e questa è la causa quasi esclusiva del fenomeno depressivo nell’area euro”.

Oggi Guarino, uno dei primi “professori ordinari” d’Italia, che a Napoli ha esaminato tra gli altri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e che a Roma ha avuto come allievo il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, smette il suo pessimismo soltanto per dire che “questo è il migliore momento possibile per investire, almeno per gli stati”. “Da una parte ci sono molti fattori produttivi inutilizzati, dalla forza lavoro alle imprese competitive che però chiudono per la stretta fiscale o il crollo della domanda interna. Dall’altra il costo del denaro e del capitale non è mai stato così basso in tempi recenti, e diventerà ancora più conveniente se davvero Draghi percorrerà la strada dei tassi d’interesse negativi sui depositi delle banche presso la Bce”. Guarino è oltremodo cauto quando non parla di diritto: nel ragionamento economico non fa mistero di essere legato a un modello di sviluppo fondato su spesa pubblica e domanda interna che ha arricchito l’Italia nella Prima Repubblica; ma è pure consapevole – da avido lettore della stampa anglosassone e francese – che non pochi economisti svolgono ragionamenti simili ai suoi, da Larry Summers (ex segretario al Tesoro statunitense con il presidente Clinton) a Martin Wolf (columnist del Financial Times) che proprio questa settimana hanno consigliato ai governi di intervenire per mobilitare liquidità e risparmi non utilizzati dai capitalisti privati. E’ il momento “migliore perché lo stato dimostri di avere idee d’investimento redditizio, però anche questo momento potrebbe svanire presto, magari per colpa di qualche bolla finanziaria”.

A oggi, tale colpo di reni dei governi sarebbe comunque impedito dal tetto a deficit e debito imposto da Bruxelles e accettato dai governi. Che fare, dunque? “Innanzitutto ristabilire la legalità dei Trattati, esigendo la loro applicazione, altrimenti – dice Guarino pesando le parole – i responsabili politici potranno trovarsi un domani imputati per ‘attentato alla Repubblica’, per aver accettato una soppressione della democrazia senza fare opposizione”. Considerato che il Fiscal compact pare per il momento anestetizzato (chi parla più di “pareggio di bilancio”, in effetti? Tutti i paesi dell’Eurozona puntano al rapporto deficit/pil del 3 per cento), secondo Guarino il governo dovrebbe ottenere chiarezza: “Chieda semplicemente, ogni volta che l’Ue ci prospetta altre misure di austerity, qual è la norma che dovremmo applicare. Se l’obbligo è quello del deficit al 3 per cento, si ricordi allora che tale tetto è presente soltanto nel protocollo numero 5 allegato al Trattato di Maastricht e poi in quello di Lisbona ancora in vigore, non altrove. E si osservi di conseguenza che l’articolo 104C del Trattato consente di superare il tetto all’indebitamento annuale in due casi. Quando il risanamento dei conti sia già avvenuto e ‘il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale’, cioè non dovuto al comportamento dello stato”. La prima condizione in Italia è rispettata visto che il nostro deficit oscilla attorno al 3 per cento del pil, argomenta Guarino, così come la seconda: “Ci siamo indebitati per effetto dello stesso illegale regolamento 1466/97, che da 15 anni ci ha sottratto leve di un’autonoma politica economica in nome del pareggio di bilancio, ci ha spinto sulla strada della stagnazione e del deficit. Norme illegali imposte dall’alto, insomma: più causa ‘esterna’ ed ‘eccezionale’ di questa…”. Guarino poi, nel suo saggio, prospetta anche una soluzione di lungo termine: cioè l’uscita dall’euro, pur rimanendo nell’Ue, e la formazione di una nuova moneta comune con un gruppo di paesi “che possibilmente includa anche la Francia, unico stato a essere storicamente considerato in tutto il mondo come rappresentativo dell’Europa intera”. Ma oggi è meglio ragionare su cosa accadrà domani e tra un anno: “Invece di approvare a occhi chiusi ogni impulso in arrivo dalla Commissione, facciamo rispettare i Trattati. Superando il limite del 3 per cento del rapporto deficit/pil, potremmo per esempio abolire l’Imu sulla prima casa o la tassa che la sostituirà”, evitando gli annessi “effetti depressivi per famiglie e imprese”.

Il vaniloquio sul “populismo”

Guarino ne è così convinto che due giorni fa, contravvenendo alle sue abitudini e alla riservatezza che si è imposto dalla metà degli anni 90, ha preso parte a una sorta di Hyde Park Corner organizzato dalla storica associazione dei proprietari d’immobili e degli investitori del settore, Confedilizia, contro la trasformazione della Service tax in una patrimoniale occulta. “Sollecitare le categorie più direttamente interessate, dai proprietari di casa alle piccole e medie imprese, passando per artigiani e partite Iva, è un primo passo – dice – Ma devo ammettere che a questo punto cessa il mio compito”. L’ex ministro osserva che, dopo la pubblicazione del saggio sul Foglio, le sue tesi sono state riprese in interviste ad altri giornali ed emittenti radiofoniche nazionali. Mai smentite, effettivamente: “Eppure le critiche mi sarebbero utili”, aggiunge il professore. Ma non basta: “Se non ci sarà un politico emergente o un protagonista del dibattito pubblico che scelga di farne la sua causa, non sarà servito a nulla. Sono strapessimista”. Come si spiega tanta esitazione, lei che l’establishment lo conosce? “Innanzitutto c’è un muro culturale da superare. Per quindici anni, a tutti i livelli, anche ministeriali, si è fatto riferimento ai parametri di Maastricht, non accorgendosi che questi non sono mai stati applicati. Oggi è difficile anche solo pensare di aver sbagliato così a lungo. Poi c’è il muro degli interessi: chi fa politica, e soprattutto chi governa, teme che ristabilire la legalità in Europa possa portare a uno sconquasso. Perciò oggi si straparla di ‘populismo’ piuttosto che agire”. Gli industriali, il mondo produttivo in generale, dovrebbero essere più reattivi: “Non hanno più potere, ma solo aspettative. Temono che il decisore pubblico possa non apprezzare, perciò tacciono”. Soprattutto, conclude Guarino, dopo 15 anni in cui “l’Unione europea, violando la sua stessa legalità, ha assegnato i compiti da fare e ci ha imposto come farli, l’occupazione dei governanti è diventata quella di ‘fare i compiti a casa’ e basta. E’ un processo di ‘robotizzazione’ che ha congelato la vita democratica, non solo in Italia”.

Le nostre élite hanno accettato “il ridimensionamento della politica. E così oggi pare impossibile perfino discutere di questi argomenti”. Per Guarino, però, la classe dirigente ha pochi giorni rimasti per gingillarsi con scissioni intra-partitiche e riformismi minimal. Dopodiché sarà troppo tardi per guardarsi attorno, capire cosa accade nel mondo ed emulare chi una reazione l’ha quantomeno tentata.

FQ.di Marco Valerio Lo Prete   –   @marcovaleriol

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