Manuale di autoerotismo didattico ad anni 4.

E a sei, viva i gay

Una scuola cattolica di Torino, intitolata al beato Faà di Bruno, aveva organizzato una serie di tre incontri privati con i genitori degli alunni sul tema dell’omosessualità. Prima ancora che gli incontri si tenessero, però, le associazioni gay cittadine, supportate da quattro consiglieri comunali di Pd e Sel (i quali hanno chiesto che alla scuola fosse revocata la convenzione comunale) e appoggiate dalle pagine locali dei quotidiani – Repubblica su tutti – hanno iniziato una campagna contro la scuola “omofoba”, costingendo i dirigenti scolastici a cancellare i tre appuntamenti. Contemporaneamente, alla scuola media statale Gramsci di Settimo Torinese, andava in scena una “riflessione teatrale”, realizzata dopo avere assistito a un incontro sulla discriminazione in base all’orientamento sessuale. I ragazzini, dodicenni, hanno recitato una pièce da loro prodotta in cui, dopo avere elencato una serie di discriminazioni che vanno da “secchione” a “cicciona”, esclamano: “Mi chiamano frocio”, “mi dicono che sono lesbica”, “noi diciamo basta!”. Subito dopo mettono in scena il dibattito parlamentare sulle unioni gay: i favorevoli (in nome della sempre sia lodata Costituzione) si chiamano Dignità, Libertà, Tutela, e così via; quelli che invece sostengono che la famiglia è fondata sul matrimonio tra uomo e donna e che le coppie gay non dovrebbero potere adottare si chiamano Paura, Disprezzo, Pregiudizio e via andando.  L’importante è l’amore, spiegano i ragazzini indottrinati dall’incontro (quello sì, possibile) sulla discriminazione: mio papà mi vuole bene, mia mamma mi vuole bene, il mio cane mi vuole bene e quindi anche quelli del mio stesso sesso possono volermi bene. E chi non lo pensa è un “povero egoista che vive senza cuore”.

Nulla di cui stupirsi, paradossalmente. Che i bambini siano l’obiettivo primario di campagne che intendono far passare un tipo (e solo un certo tipo) di educazione sessuale, a discapito di altre è enunciato in più di un documento ufficiale anche da noti organismi internazionali. E’ tornato alla ribalta in questi giorni un vademecum per i ministri della Salute europei elaborato nel 2010 e firmato dal Centro federale per l’educazione alla salute del governo tedesco e dall’Organizzazione mondiale della sanità, intitolato “Standards for Sexuality Education in Europe”. Passato sotto silenzio tre anni fa, questo documento era uno dei punti di riferimento nella relazione appena bocciata dal Parlamento europeo su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, nonché alla base di molte prese di posizione dell’Oms sul tema dell’educazione sessuale dei bambini. Nelle 65 pagine di linee guida si spiega innanzitutto che per educare correttamente alla sessualità è necessario dare più spazio ai “professionisti” e meno ai genitori, e che occorre farlo fin dai primissimi anni di vita.

Da zero a quattro anni, si legge, bisogna informare il bambino sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo, sulla masturbazione precoce infantile e spiegargli che è tutto normale. Tra i quattro e i sei anni bisogna incoraggiare il bambino a “parlare dei suoi problemi sessuali”, aiutarlo a consolidare la sua identità di genere e cominciare a dargli nozioni “sull’amore tra persone dello stesso sesso”; tra i sei e i nove anni, invece, è già ora di parlare di eiaculazione, mestruazioni, contraccezione e pianificazione famigliare (laddove la famiglia non è soltanto quella tradizionale). Niente miti della cicogna, ammonisce l’Oms, ma solo la cruda realtà, possibilmente in anticipo rispetto a quando quelle problematiche si affaccerebbero alla mente del bambino. Così a nove anni bisogna parlare loro delle prime esperienze sessuali e a dodici è già tempo di aiutarli a “decidere in modo responsabile se avere o non avere esperienze” di questo tipo, mettendoli in guardia da “pericoli e conseguenze del sesso non sicuro (gravidanze indesiderate)”. Fin dai sei anni bisogna inculcare l’idea che “il mio corpo appartiene a me”, così che, tra i dodici e i quindici, ci sia terreno fertile per introdurre l’idea di “diritto all’aborto”, parallelamente alla possibilità di ricorrere alla fecondazione artificiale per tutti, gay compresi.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Piero Vietti   –   @pierovietti, 5 novembre 2013 - ore 11:57

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