Karzai si fa beccare a tradire
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gli americani con i terroristi pachistani
Il reporter Matthew Rosenberg ha raccontato sul New York Times una storia che potrebbe imbarazzare a morte il governo afghano del presidente Hamid Karzai e i suoi alleati americani – se ormai tra Kabul e Washington non regnasse il disincanto più completo a un anno dal ritiro dei soldati nel 2014. Venerdì 5 ottobre (ma la notizia è uscita l’11 ottobre) una squadra delle forze speciali americane ha bloccato un convoglio di militari su un tratto di autostrada nell’est del paese diretto verso la capitale Kabul e ha catturato un pachistano che stava viaggiando sotto la protezione dei servizi segreti afghani. L’uomo è ora chiuso nella prigione di massima sicurezza dentro la base aerea di Bagram, si chiama Latif Mehsud ed è – era – un collaboratore stretto di Hakimullah Mehsud, il capo del Ttp (Tehrik-e-Taliban Pakistan), il movimento dei talebani pachistani che controlla le aree settentrionali del Pakistan (Mehsud è un nome comune e indica l’appartenenza a uno dei clan più forti della zona). Afghanistan e Pakistan hanno entrambi i propri gruppi di guerriglieri, ma nel secondo paese è in corso una campagna violenta di attentati e assalti anche contro obiettivi civili.
L’intelligence afghana ha fatto sapere che Mehsud doveva mediare la liberazione di alcuni prigionieri afghani in cambio di denaro. Poi è arrivata una seconda versione, questa volta dal governo di Kabul: Mehsud era su quel convoglio perché avrebbe dovuto fare da mediatore di pace con i talebani.
Rosenberg ora riferisce grazie a fonti sia americane sia afghane che Mehsud era stato convocato perché il presidente Karzai vuole sostenere i talebani pachistani contro il governo del Pakistan, come rappresaglia per lo storico appoggio dato dai servizi segreti pachistani ai talebani afghani (appoggio è dire poco: il movimento del Mullah Omar è una creatura dei servizi pachistani, secondo una versione storica quasi unanime). Secondo le fonti, il governo afghano intendeva usare l’appoggio ai talebani pachistani anche come carta negoziale in trattative future – “se voi accettate le nostre condizioni, noi smettiamo di appoggiare i guerriglieri pachistani”. Per questo era in contatto con Mehsud, che faceva da tramite con il suo capo, Hakimullah.
Washington ha inserito Hakimullah nella lista dei terroristi internazionali: il pachistano ha rivendicato l’attacco suicida che nel dicembre 2010 ha ucciso sette americani in una base della Cia in Afghanistan (una débâcle dei servizi americani che poi è stata raccontata nel film “Zero Dark Thirty”) e anche un altro attentato – non riuscito – con un’autobomba a Times Square nel maggio 2010. L’Amministrazione Obama ha scoperto che stava lavorando a un’alleanza con Karzai, che sarebbe stata perfezionata dopo il ritiro dei soldati americani.
L’operazione del governo afghano va in direzione opposta alle intenzioni della Casa Bianca – e anche della Coalizione impegnata ancora sul terreno, di cui fanno parte gli italiani: invece che lasciare l’Afghanistan con i talebani in ritirata o almeno in condizione di relativo svantaggio militare, Isaf vedrebbe due suoi alleati appoggiare due gruppi guerriglieri estremisti – e legati ad al Qaida – come strumento di ricatto e violenza reciproci. Non era il traguardo sperato nel 2001, per dirla con un understatement, e questo spiega la decisione azzardata di fermare un convoglio militare di un esercito in teoria amico e arrestare un uomo sotto la protezione di Karzai.
Prima dell’articolo di Rosenberg – che due anni fa avrebbe causato un terremoto diplomatico e ieri invece non ha smosso granché – il New York Times ha pubblicato un altro articolo in cui spiega che l’Amministrazione Obama pianifica un ritiro militare più completo del previsto. Non lascerà indietro molti consiglieri militari, ma piuttosto esperti per aiutare nelle questioni civili. La politica del disengagement già stabilita per il medio oriente prosegue anche a est, a Kabul. Il problema, come nota il Washington Post, è che dopo che i soldati americani avranno lasciato il paese, gli esperti non avranno più accesso all’80 per cento delle opere di ricostruzione, che sono costate miliardi di dollari, perché sarà troppo rischioso a causa della presenza dei talebani.
FQ. di Daniele Raineri – @DanieleRaineri, 29 ottobre 2013 - ore 21:30